“intendete parlare di cittadinanza, di diritti che vanno riconosciuti a ciascuno, di buone pratiche, utilizzando un’espressione che sottolinea non solo l’efficacia terapeutica ma anche la bontà di un agire, carico di tensione etica, con l’intento di favorire uno stato di bene per la persona che non si compone solo dell’assenza di malattia mentale.”
Per ricordare la scomparsa del Cardinale Martini riproponiamo uno scritto del 2002: la sua apertura al convegno “La cittadinanza è terapeutica” (vedi tutto)
e una riflessione che ci segnala Lorenza Magliano sulle cure e sul significato del prendersi cura, scritto in relazione al caso di P.G. Welby, che con lucidità ha chiesto la sospensione delle terapie di sostegno respiratorio che lo mantenevano in vita, nel 2007:
“È di grandissima importanza in questo contesto distinguere tra eutanasia e astensione dall’accanimento terapeutico, due termini spesso confusi. La prima si riferisce a un gesto che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte; la seconda consiste nella «rinuncia … all’utilizzo di procedure mediche sproporzionate e senza ragionevole speranza di esito positivo» (Compendio Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 471). Evitando l’accanimento terapeutico «non si vuole … procurare la morte: si accetta di non poterla impedire» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n.2.278) assumendo così i limiti propri della condizione umana mortale. (vedi tutto)