Il libro bianco propone una riconfigurazione del sistema socio sanitario. Per esempio riunendo aziende territoriali ed ospedaliere o direzioni centrali.
Quale occasione migliore di questa per andare a verificare il quadro epidemiologico e la situazione complessiva dei bisogni allo scopo di proporre modifiche alla normativa regionale ed agli assetti organizzativi locali? Dunque non solo discorsi generici ma proposte concrete, facendole scaturire da una approfondita e partecipata discussione.
Un esempio ce lo fornisce Urasam, l’unione regionale delle associazioni della salute mentale che ha proposto di modificare gli art. 53 e 54 del testo unico delle leggi regionali sanitarie, quelli che si riferiscono alla psichiatria.
In base alle modifiche proposte, i servizi territoriali a struttura dipartimentale dovrebbero orientare le loro funzioni “alla guarigione, al massimo accrescimento delle potenzialità della persona, al passaggio dalla cura al prendersi cura – il passaggio dalla “cura” al “prendersi cura” viene attuato attraverso un riequilibrio tra le attività residenziali ( SPDC e Residenze) e le attività territoriali, quest’ultime da potenziare fortemente “- e contemplare “lo sviluppo di modelli di presa in carico integrata, sanitario e sociale, capaci di operare in un contesto di reti sociali comunitarie, di intervenire in modo proattivo e multidisciplinare, di garantire l’esercizio dei diritti, la continuità di cura, la presa in carico della persona e della famiglia e la valorizzazione del loro sapere esperienziale.” Urasam propone anche diverse e significative modifiche all’organizzazione dei servizi. Nei dipartimenti debbono essere inclusi anche i servizi per le dipendenze patologiche (Serd). I centri psico-sociali devono essere “aperti 24 h tutti i giorni, con dotazione di posti letto ( 6-8) per urgenze e gestione della crisi ad uso pre e post acuzie. Ci deve essere un servizio psichiatrico di diagnosi e cura ubicato in una struttura ospedaliera con un numero di posti letto da 7 a 10, limitato alla sola fase di gravi acuzie, orientato alla eliminazione della contenzione e con le porte aperte”.
Infine “la formazione continua degli operatori nella prospettiva del “prendersi cura” è orientata al lavoro d’équipe e di rete del territorio, in un’ottica no restraint. È garantita e organizzata dal Dipartimento di salute mentale in co-progettazione con i soggetti coinvolti, in co-docenza con i soggetti portatori di sapere esperienziale delle diverse categorie e in collegamento con l’università”.
Ecco un modo per entrare nel merito e avanzare proposte tese a riconfigurare scopi ed organizzazione dei servizi modificando la legge di riferimento.
Dal blog di Giovanni Rossi