Il percorso sviluppato nel volume “La salute mentale tra libertà e dignità.” ha inteso affrontare il problema del diritto alla salute mentale mostrandone i confini strutturalmente variabili, tali da non consentire di individuarne il centro di gravità ma solo di tracciare una mappa concettuale che si snoda tra descrizione e prescrizione, tenendo altresì a mente che quando il campo della salute mentale viene attraversato dal diritto è inevitabile che da tale intreccio scaturiscano principi, regole e semantiche spesso fra loro estremamente distanti.
La salute mentale costituisce pertanto un osservatorio privilegiato per analizzare e far emergere, con le risorse che la prospettiva costituzionalistica offre, le contraddizioni ancora insite nell’ordinamento, la difficoltà di declinare entro forme di tutela effettiva determinati diritti, senza dimenticare le linee evolutive che, nel campo dei diritti civili e sociali, hanno inteso restituire dignità sociale ai ‘folli’.
È d’altronde palese come, più in generale, il problema dei diritti, per la loro stessa struttura, venga ad investire non solo i profili inerenti alla costruzione dell’ordinamento giuridico, ma presupponga la scelta tra opzioni assiologiche fondanti il sistema, che si intersecano in modo estremamente complesso, soprattutto nell’attuale fase storica, con la dimensione giuridico-istituzionale, nonché, con quella politica e sociale. In questi termini si è voluto prendere le mosse, per sviluppare ed inquadrare il tema, dal contesto storico-istituzionale entro cui sono emerse le forze culturali e sociali che hanno reso possibile l’espansione del sistema dei diritti, ed in particolare l’affermazione della complessità di quello alla salute. Per questo si è posta attenzione al contesto entro cui, in precisi “tornanti” della nostra storia, la salute mentale ha assunto rilevanza anche in termini giuridici, ponendosi come un paradigma attraverso il quale leggere il corso carsico dell’affermazione dei diritti civili e sociali.
Ma se la storia contribuisce a descrivere il contesto, essenziale in diritto è il testo, ovvero un’analisi che sappia valorizzare la prescrittività della Costituzione e della legislazione che vi ha dato attuazione. Sarebbe stato infatti uno sforzo inutile riproporre una pur elegante razionalizzazione della normativa sanitaria sui servizi per la salute mentale e, in tale sede, affrontare il nodo problematico dei trattamenti sanitari obbligatori, laddove, invece, qualora tali questioni vengano assunte nella loro dimensione storico-critica, ricollegandone l’esame ai principi costituzionali presupposti, ne emerge la funzione di vettori di significati che trovano composizione entro la cornice di sintesi, data dal testo costituzionale e volta a riaffermare un concetto unitario di persona, quale compendio della valorialità complessa ed irripetibile propria di ogni essere umano.
La ricerca ha inteso inoltre approfondire in termini sistematici i profili emergenti nella tutela del diritto alla salute mentale, come peculiare espressione del ‘vissuto’ della persona, come fonte e luogo di svolgimento dell’identità e dignità dell’individuo socializzato e, al contempo, quale crogiuolo paradigmatico del conflitto tra libertà e autorità.
In tal modo l’analisi si è aperta al vissuto della persona, ossia agli aspetti interiori della vita sentiti e vissuti dal soggetto, ossia ad eventi che non appartengono immediatamente alla sfera dell’osservabile, ma possono farvi ingresso solo attraverso la comunicazione, l’interpretazione e l’empatia; eventi che sono tali ma che non si rappresentano nel linguaggio della scienza medica né di altre scienze, bensì solo nel linguaggio della relazione.
La salute mentale rappresenta dunque una delle ipotesi maggiormente significative in cui la costruzione e lo svolgimento dell’identità della persona e i percorsi di affermazione della sua dignità vengono ad incidere sull’attuazione del diritto alla salute come è oggi inteso; al contempo esso costituisce un banco di prova particolarmente utile ed efficace, consentendo di analizzare i settori più problematici di esplicazione dei classici diritti costituzionali nelle loro diverse dimensioni, allo scopo di trarre poi induttivamente, dai risultati raggiunti, conclusioni a livello sistematico idonee a tracciare un quadro dei rapporti intercorrenti tra salute mentale, riconoscimento della persona e tutela della sua libertà-dignità.
Si è trattato di valorizzare quel processo di condivisione delle ragioni profonde dei diritti che, in virtù della “logica unitaria” dettata dal principio personalista, sono stati partecipi di una progressiva espansione, che ha visto erodersi i confini tra le sfere giuridiche, ordinate e protette dai singoli diritti, legittimando strumenti di tutela flessibili in grado di armonizzarsi con le sfide poste dal diritto vivente. In questa prospettiva, se giuridificare la vita significa incidere direttamente su destini, scelte, progetti, la salute mentale, nel porci di fronte all’eccedenza della vita, propone sfide a cui è possibile rispondere solo facendo un uso prospettico del patrimonio costituzionale, valorizzandone dunque il senso quotidiano di “utopia della realtà” per dare garanzia a chi reclama il «diritto ad avere diritti».
Stefano Rossi, La salute mentale tra libertà e dignità. Un dialogo costituzionale, FrancoAngeli, 2015, pp. 450