Cari amici, penso di far cosa gradita inviando in allegato l’intervento che il nostro gruppo di “Lettera Aperta” ha presentato all’odierno convegno del SOUQ : “La città feroce: salute mentale e precarietà urbana“. La elaborazione finale e la lettura (un po’ abbreviata) sono opera di Stefania Borghetti.

Molti saluti, Gianfranco Pittini

LA PSICHIATRIA NELLA CITTA’ FEROCE:

RISPOSTE RIGIDE A DOMANDE COMPLESSE ?

Intervento del gruppo “Lettera Aperta”

Convegno Souq 12 novembre 2010

Questo intervento del gruppo Lettera Aperta nasce dagli operatori che l’hanno redatta nel marzo 2009 allo scopo di condividere una lettura appassionata e propositiva rispetto ai temi connessi alla salute mentale nel territorio in cui essi operano.

L’intervento che segue  si propone di  abbozzare una riflessione su come sono cambiate le domande ed i bisogni  in una città che ha mutato radicalmente volto negli ultimi vent’anni .

La riflessione si pone l’obbiettivo di ipotizzare quale  respiro culturale, quali rinnovate energie e spunti creativi  integrare alle strategie già in atto per perseguire una miglior coincidenza tra domande e risposte in servizi collocati in una realtà metropolitana come quella della “città feroce” .

L’intervento presenta tutti i limiti connessi all’esame  di una qualsiasi problematica altamente complessa .

Ma reputiamo che esso abbia valore intrinseco per il solo fatto di essere formulato sospendendo l’azione ed il giudizio a favore di una “pausa pensante” e – ci auguriamo – propulsiva.

Per metter in atto questa operazione ,

  • ci volteremo brevemente indietro per considerare le idee e le prassi che hanno indotto il cambiamento della psichiatria  trent’anni fa
  • ci guarderemo intorno nel qui ed ora  per considerare che “qualcosa è cambiato”
  • e infine guarderemo avanti per ipotizzare nuove strade ed ampliare il respiro .

 

“In principio”

Negli anni Settanta ed Ottanta si è assistito nella psichiatria italiana all’ingresso del “sociale” in quella che era stata – fino ad allora – una pratica prevalentemente  medico-neurologica e volta alla separazione-esclusione della persona dalla vita sociale.

La contaminazione e compenetrazione tra sociale e sanitario ha dato luogo

  • ad una lettura integrata dei bisogni
  • alla ricerca di nuove risposte cliniche e sociali
  • alla organizzazione e creazione  di servizi caratterizzati per il loro esser “socio-sanitari”           

Il servizio psichiatrico che ha preso forma in quegli anni , è stato modellato

  • sui bisogni e sulle caratteristiche sociali allora più rappresentate ( in primis , segnaliamo una minor drammaticità dei problemi connessi a “ casa e lavoro “ )
  • sull’esistenza di un territorio delimitato da confini geografici e da omogenee  e solide caratteristiche gruppali  e funzionali
  • da una maggior autonomia  nel disporre delle  risorse economiche
  • da una certa  creatività di azione e pensiero di operatori animati dall’energia dei pionieri ed inseriti in un “sistema nascente”  per certi versi ancora preziosamente destrutturato
  • dalla presenza di figure sia sociali che sanitarie per la prima volta alle prese con una lettura condivisa dei bisogni  e con la progettazione  delle risposte  

La psichiatria pubblica negli anni ha fatto tesoro delle sue origini , portando avanti una organizzazione dei servizi modellata sui diversi bisogni e sull’articolazione e ricchezza delle risposte:

  • cura, residenzialità , semiresidenzialità
  • èquipe multidisciplinari
  • tentativi   di apertura ai famigliari ed al terzo settore
  • attenzione ai problemi lavorativi
  • contatti con altre agenzie di rete

 Eppure …

E’ necessario osservare come alla velocità ad alla complessità delle trasformazioni del disagio che bussa alle porte dei servizi , non  sia sempre corrisposta una altrettanto veloce e complessa riformulazione delle risposte.

E’ dunque importante chiedersi cosa è cambiato .. e cosa sta cambiando.

E’ necessario chiedersi come il TERRITORIO che è stato tradizionalmente considerato quale ambito prioritario di cura , prevenzione ed inclusione , sia stato sostituito da una CITTA’ FEROCE  che , al contrario , acuisce il disagio se non addirittura lo genera .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Qualcosa è cambiato”

1. La città è cambiata

Il territorio ha perso la sua connotazione geografica, relazionale e “funzionale” come indicato da: 

  • perdita di opportunità lavorative ed abitative accessibili che hanno sempre costituito la trama su cui il territorio ha assunto senso ed importanza per tutti  i cittadini
  • presenza crescente di stranieri non ancora “integrati” e portatori di ingenti bisogni sociali
  • carenza di agenzie sociali di riferimento e di identificazione nei luoghi di vita delle persone
  • decentramento e concentrazione dei gruppi famigliari maggiormente problematici alle periferie della città

 

Dunque, dal nostro punto di vista …

la città è feroce perché non è più territorio

la città è feroce perché problemi lavorativi ed abitativi impediscono ai cittadini l’esercizio dei basilari diritti di cittadinanza

la città è feroce perché i suoi abitanti si trovano privi di gruppi sociali e famigliari di riferimento e supporto  la città è feroce perché si parlano diverse lingue come a Babele senza che ci si attrezzi a comprendere la lingua dell’altro

 

2. La domanda afferente ai servizi è cambiata

Problemi sempre più complessi, di ordine sia clinico che di emergenza sociale legati a filo doppio, si sono presentati ai servizi psichiatrici :

  • Si sono moltiplicate le richieste di “cura” e “gestione” e “controllo” di una utenza sempre più giovane , sempre più colpita da difficoltà sociali ingenti , spesso dedita ad uso di sostanze e sempre più deficitaria di contesti famigliari e gruppali “forti”
  • Si sono moltiplicate le richieste di una utenza straniera spesso senza lavoro ed in condizioni abitative precarie che “sta male” in un modo diverso, non sempre decifrabile da interlocutori di differente cultura 
  • Si sono moltiplicate le richieste di supporto a persone che fanno parte di un gruppo problematico , e quindi portatrici non solo del loro bisogno ma anche dei bisogni del gruppo di cui fanno parte .
  • Si sono moltiplicate richieste  -da parte delle agenzie deputate al controllo sociale- di cura, monitoraggio e definizione di situazioni connesse ad affidamento di minori ,pericolosità sociale, valutazione di capacità genitoriali … 
  • A livello culturale e nella prassi si è assistito alla crescente tendenza a psichiatrizzare  ogni tipo di disagio e di comportamento “anomalo”, attribuendo di fatto alla psichiatria una funzione di controllo ed una posizione di garanzia non sempre giustificata , né possibile né eticamente accettabile
  • L’utenza afferente è risultata essere sempre più informata e sempre meno passiva rispetto alle proposte di cura
  • Si sono presentate ai servizi domande di tipo ultraspecialistico – di nicchie diagnostiche e terapeutiche – che hanno richiesto competenza particolare e tempi non sempre compatibili con la vocazione “generalista” dei servizi pubblici
  • La quantità di accessi e richieste ai servizi è cresciuta di parecchio negli ultimi anni a fronte di un frequente sottodimensionamento degli organici e delle risorse

 

3. Il quadro di riferimento nosografico , tecnico  ed economico della psichiatria è cambiato

  • Più la domanda si è fatta complessa , più il mondo scientifico ed accademico “che contano”  -ed in parte anche i formatori dei nuovi operatori  – hanno mostrato la tendenza a semplificare gli input formativi (parcellizzazione delle diagnosi,  valutazione “multiassiale” a svantaggio di una lettura “globale” dei bisogni e delle interconnessioni tra di essi )
  • I vincoli di tipo medico-legale sono drasticamente aumentati tracciando confini e rischi spesso avvertiti dagli operatori come prima preoccupazione se non primum movens della loro azione
  • Gli amministratori e gli organizzatori dei servizi hanno dovuto- loro malgrado- fare i conti con una limitatezza delle risorse economiche forse sconosciuta – o meno consapevole – negli anni in cui è nata la psichiatria territoriale

Play It again Sam

 

Dunque ,

posto che la città in cui il cittadino si trova a vivere è “feroce” nei termini sopra descritti ,

 

posto che le domande di salute mentale dell’utenza si collocano e vengono amplificate da tale contesto ,

 

posto che l’utenza di maggior peso afferente ai servizi è caratterizzata dall’essere – complessivamente – numerosa , giovane, sempre più frequentemente straniera,  priva di relazioni di supporto o inserita in gruppi problematici, colpita dai problemi connessi al lavorare  ad all’abitare 

 

posto che gli operatori si trovano a fronteggiare sempre più problemi di tipo sociale facendo i conti con vincoli medico-legali , mandati di controllo sociale e finitezza delle risorse economiche …

 

quali potrebbero essere i punti di forza di un servizio che si trovi ad operare in un contesto così mutato e in una città così … feroce ?

 

1. Gli operatori potrebbero ritrovare energia e creatività considerando che le sfide da affrontare sono nuove , diverse , per certi versi inedite rispetto a quelle tipicamente affrontate fino a pochi anni fa .

Dunque , potrebbero riconoscere che non si tratta di suonare un  “pezzo” scritto da altri ma di comporre nuova musica adottando le stesse note di chi li ha preceduti  .

Vale a dire , considerare  come gli strumenti a disposizione possano essere utilizzati in modo originale ogni volta , senza l’applicazione automatica di processi di pensiero che finirebbero per amplificare le rigidità di procedure  precostituite di certo necessarie ma non così antitetiche alla creatività .

La possibilità di inventare melodie infinite esiste se  attivamente si vigila sul rifiuto della ripetitività e della comodità derivante dall’applicare prassi sempre uguali a sé stesse .

In questo senso sarebbe  fondamentale un continuo richiamo alla responsabilità creativa degli operatori rispetto ad una routine che involontariamente finirebbero per subire se non addirittura rinforzare.

 

2. Vigilare sulla responsabilità creativa del pensiero e delle prassi potrebbe derivare da un rilancio della qualità della formazione attraverso due operazioni:

A)    incremento degli spazi di pensiero, di progettazione e di innovazione a favore un “fare-pensando” capace di sostare e di non lasciarsi travolgere da logiche emergenziali  o meramente quantitative ed aziendalistiche

B)    incremento delle competenze specialistiche con particolare attenzione alle problematiche legate ai gruppi famigliari  ed alle nuove espressioni del disagio giovanile

 

3. A sua volta , la possibilità di “fare pensando” richiederebbe una giusta proporzione tra la quantità e la qualità  delle domande  ed il numero degli operatori nei servizi , nonché degli strumenti operativi a disposizione , dall’adeguatezza  delle strutture  e dalla qualità di vita in ambito professionale .

Le sfide della città feroce esigono operatori in numero sufficiente , sufficientemente energici e liberi di pensare e sostare , così come di strutture adeguate , accoglienti e “belle” sia per chi vi opera che per chi vi porta le proprie necessità

 

4. Un servizio chiamato a rispondere ai bisogni della città feroce , dovrebbe poter disporre di connessioni  veloci ed agili con la rete delle agenzie sociali , rinforzando e confermando la necessità dell’integrazione tra aspetti sociali e sanitari che sono sempre più legati a filo doppio ma che esigono specificità di competenze , definizione dei campi di azione e di fondi economici proporzionali ai bisogni

 

5. In questo senso , la ricchezza delle risposte potrebbe derivare dal rinforzo della specificità della psichiatria rispetto alla medicina che , per sua stessa natura , è costituita  da elementi quantificabili e riproducibili non riscontrabili nella pratica psichiatrica e dunque non sempre trasferibili rigidamente nei servizi che si occupano di salute mentale .

 

 

6. La città feroce esige la costruzione di risposte “su misura” … come ad  esempio :

 

  • la nuova utenza  giovane e multiproblematica potrebbero giovarsi

         di servizi con utilizzo di strumenti di comunicazione ordinariamente in uso tra le fasce giovanili

 

  • l’utenza straniera potrebbe giovarsi di strumenti di  mediazione culturale necessari alla comprensione e alla cura

 

  • si potrebbero ideare accessi facilitati al servizio ( es : ripensare alle modalità di apertura e di orario dei servizi e di accesso obbligato – a volte vincolante e medicalizzato – tramite la medicina generale)

 

  • favorire modalità di intervento flessibili  ( es : maggior possibilità di interventi al domicilio o in strutture e luoghi del territorio, ripensando il concetto di “sede” del servizio)

 

7. Le patologie ultraspecialistiche e di “nicchia” potrebbero essere affrontate in servizi sovraterritoriali altamente  specializzati , aumentando così la qualità reale di tali interventi ed al tempo stesso lasciando che i servizi territoriali potessero dedicarsi con tutte le energie e le risorse umane , strutturali ed economiche alla “psichiatria generalista” ,  mission primaria di chi si trovi ad operare nella città feroce 

 

     

8. La psichiatria dovrebbe poter rivendicare e ri-tracciare con forza i limiti strutturali ed etici delle funzioni di controllo sociale sempre più attribuitele  inappropriatamente da soggetti terzi che delegano ad aspettive quasi magiche  ed onnipotenti la prevenzione e lo spegnimento di comportamenti antisociali .

In questo senso , proprio nella città feroce la psichiatria dovrebbe poter tornare a ridefinire – anche umilmente – i confini delle sue responsabilità e delle sue reali possibilità di intervento

 

9. L’emergenza di tematiche sociali connesse agli inserimenti lavorativi trarrebbe beneficio da una sufficiente disponibilità occupazionale ed economica all’avvio di percorsi professionali intensivamente e competentemente monitorati e velocemente smarcati da qualsiasi rischio assistenzialistico e di protezione protratta .

 

10. La de-strutturazione del territorio sopra descritta potrebbe essere vicariata dall’incremento della collaborazione con soggetti del terzo settore , gruppi di utenti e famigliari  che in qualche modo costituiscono la nuova trama relazionale e funzionale della città feroce e che andranno sempre più considerati in un’ottica di corresponsabilità  e coinvolgimento attivo .

 

 

 

 

 

“Tutti sanno che una cosa è impossibile da realizzare finchè arriva uno sprovveduto che non lo sa e la inventa”

 

 

                                                                                               A. Einstein 1950

 

 

 

 

 

 

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