Marco Cavallo è un cavallo vero, in carne e ossa, una figura importante nel manicomio, perché è quello che traina su e giù per i viali il carretto con la biancheria, le stoviglie e gli scarti alimentari della cucina. Si trova lì dal 1959 ed è molto amato dagli internati, perché il cavallo, i gatti, i piccioni sono le uniche presenze con le quali gli internati riescono a immaginare, a fantasticare un rapporto umano.
La modernità avanza (siamo nel 1972, ndr), la Provincia ha acquistato un furgoncino a motore e sono già venuti alcuni macellai a dare un’occhiata al vecchio ronzino. Non è stato un bel momento. Lo hanno osservato, lo hanno palpato. Subito dopo è nato un comitato per salvare Marco Cavallo.
(da (tra parentesi) La vera storia di un’impensabile liberazione)
E allora chiamare Marco Cavallo il Centro di Latiano (siamo nel 2008, ndr) ha significato comunque legarsi alla storia di Franco Basaglia, ma nel modo più creativo, fantasioso e vorremmo dire “programmatico”, nel senso che già nel nome si doveva cogliere l’intenzione del progetto, dell’utopia, del desiderio di cambiamento.
E subito, in conseguenza di questa scelta, abbiamo pensato di far nascere il nostro Marco Cavallo, il Marco Cavallo di Latiano.
(dal volantino del Centro Sperimentale Pubblico Marco Cavallo)
Sono passati 12 anni da questo nuovo inizio nel profondo e contradditorio Sud d’Italia ed io, il Marco Cavallo di Latiano, ne ho viste tante.
Sono riuscito anche ad incontrarmi con Marco Cavallo di Trieste, partecipando con lui ad una tappa del giro d’Italia. In Piazza delle Cinque Lune, con almeno 50 curiosi bambini della scuola primaria, abbiamo nitrito per chiedere la distruzione degli Opg, dei manicomi criminali.
Una tappa simbolica e importante, quella davanti al Senato: due cavalli, orgogliosi e fieri, fissavano le finestre di Montecitorio, mentre si reclamavano diritti e democrazia per tutti.
Con la Bora di Trieste, che soffia anche sulle coste pugliesi, ho respirato il desiderio di uscire e andare per il mondo. Ogni minima violenza mi fa fremere di rabbia e sono condannato e intristito a vedere tutti gli imbrogli che accadono qui; ho imparato a conoscere gli esseri umani e a svelare la loro falsa coscienza e a pretendere da ognuno, da ogni singolo, coerenza ed etica. Col vento di Trieste ho colto il senso della possibilità, dell’impegno senza limiti e il bisogno bruciante di una scienza nuova, capace di riconoscere umanità e cavallinità.
Spesso non riesco a trattenermi, devo scalciare e scalpitare, contro gli eterni nemici e i professoroni che ancora prima di nascere mi avrebbero mandato al macello.
Ho galoppato molto, da una città all’altra, per essere presente a tutte le lotte, le denunce, gli eventi con tanti amici. Ci sono riuscito per oltre 11 anni, sempre presente col mio muso, il mio azzurro, il mio cuore.
Ma per la prima volta il mese scorso non ho potuto farlo: non ho potuto aderire con il mio nome all’appello Città libere da contenzione per il convegno a Bergamo. Pensate, proprio lì non dovevo mancare. Proprio lì dove è morta una ragazzina, Elena Casetto, bruciata nel suo letto di contenzione. Una ragazzina un po’ italiana e un po’ brasiliana. Pensate quanto doveva essere bella. E mi hanno detto che amava la poesia come quella nostra grande amica – intendo di noi cavalli azzurri – Alda Merini.
Sì, sono stato contento che comunque vi hanno aderito la mia Associazione 180 Amici Puglia e 180Meraviglie, e anche il nostro movimento pugliese Rompiamo il silenzio, ma…sembra che la coltre di silenzio che copre tutta la mia Regione sia sempre più pesante e più nera. Ho nitrito di dolore, ho scalciato, ho sentito una ferita nel cuore, ho cercato di parlare con tutte le donne e gli uomini del Centro di Latiano. Tutti mi hanno dato ragione. Carletto mi guardava con imbarazzo e una sofferenza profonda. Ho dovuto consolarlo. Tutti mi hanno detto che la situazione politica, economica, sociale non è più quella di prima, e che il servizio pubblico nel cui pancione sono nato si è immiserito e non è più capace di cogliere le cose più belle che può produrre: riconoscimento, coesione sociale, cittadinanza, ripresa, futuro…
In questi ultimi mesi sono state talmente tante le frustrazioni e le offese che ho cominciato a sentire la sconfitta. Come se volessero accantonarmi perché sono vecchio. Ma a me, e sono certo anche a Carlo, basta poco per riprendere a correre, a inseguire aquiloni e desideri.
La storia si ripete. Ho avuto paura, ho temuto che tutto fosse finito. Sono arrivati i macellai! Ho avuto solo il tempo di far chiamare Carlo, che è subito corso al nostro Palazzo di Latiano e mi ha difeso col suo corpo. I macellai volevano ispezionare i miei denti, palpare i miei pettorali e le culatte (come dicono a Trieste). Sono accorsi tutti gli amici e le amiche e hanno fatto muro. Ho saputo dopo che uno dei macellai era perfino laureato in perizie!
E poi la solita Assemblea. L’Assemblea goriziana che qui a Latiano abbiamo fatto crescere incontrandoci ogni giorno e discutendo ogni nostra cosa. Senza se e senza ma è partita la colletta e hanno raccolto i soldi necessari a ripagare il servizio pubblico del valore della mia carne e quindi ora stanno facendo le carte per sdoganarmi e tenermi per sempre con loro.
Ma dopo un attimo di grande gioia ci siamo ritrovati con gli occhi pieni di lacrime e il cuore a pezzi. Dove è andata a finire la scommessa utopica del collettivo Marco Cavallo? Per quanto, ancora, potremo resistere? Io, seppur rendendomi conto della demoralizzazione generale, mi faccio forza e li sprono a lottare. Proprio ieri in Assemblea ho nitrito per dire: perché non occupate il Centro? Così potrete suscitare l’interesse di giornali, radio e televisioni, potrete svelare all’intera opinione pubblica il tentativo, ormai ogni giorno più esplicito, di distruggere per sempre questo nostro lavoro.
Dovete avere il coraggio di svelare l’inganno delle parole. L’inganno e la mala fede delle parole che nelle delibere e negli atti dell’azienda sanitaria e del comune da un lato apprezzano la nostra esperienza, la riconoscono, la premiano, e io stesso vengo raccontato ai bambini delle scuole come un esempio di passione per l’uguaglianza. Quello che accade senza vergogna distrugge di giorno in giorno il nostro sogno, la nostra speranza, le nostre conquiste, i nostri diritti.
Del resto il Marco Cavallo di Foggia, di Napoli, della Sardegna, dell’Aquila, di Empoli e lo stesso Marco Cavallo di Trieste mi raccontano ogni giorno delle difficoltà che stanno vivendo. Ormai dovunque. Sembra un programma ben congegnato per smontare tutte le buone pratiche che sono dovunque e io qui con gli amici di Latiano ne sono un esempio, e l’Art Village di San Severo, una storia luminosa, e ancora il Cunegonda di Bari San Paolo, e ancora e ancora. Faccio fatica a riconoscere gli uomini e le donne di questo Paese, ovunque indifferenza e odio, rancore e violenza. Le forze del male sembrano prevalere in questo momento.
Ma io non ci sto.
Marco Cavallo di Latiano
(riferito da Carlo Minervini)
P.S.: proprio ora mi è giunta la notizia che si è verificato quanto temuto: nessun segnale dalla Regione dopo l’ennesimo sollecito inviato con Pec. I referenti regionali non hanno dato neanche il segnale di aver ricevuto la mail raccomandata, figurarsi convocare i tavoli per onorare le promesse inserite nel famoso verbale del 2 settembre da loro firmato! Abbiamo provato a dare una scadenza, 10 giorni, e abbiamo atteso fiduciosi: questo periodo scade oggi. Da domani siamo liberi di riprendere le nostre azioni di lotta e convocheremo un nuovo sit-in. Resistenza!
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