Come augurio per questo Natale, il regalo di un’immagine da “Il canto dell’altalena” (edito da Piédimosca e Al3viE), prezioso libro di Anna Maria Farabbi, che, da poeta qual è, ci accompagna in un viaggio “nell’origine del canto occidentale, della poesia occidentale che nasce nel mito”. Per entrare nel profondissimo…
Come nel profondissimo entra l’immagine della bambina che compare nelle prime pagine.
Ci narra, Anna Maria Farabbi, del suo incontro nel paese di montagna dove andava da ragazzina, Montelovesco, a un palmo da Gubbio, con una la bambina, sorpresa a fissare l’oscillazione di un’altalena vuota. Le le si avvicinò chiedendo se volesse un aiuto, pensando che la bambina non riuscisse a salirvi, ma…
“Mi fece segno di rimanere zitta. Indicò le sue orecchie come per capire che stava ascoltando”.
(…)
“Elena mi spiegò che la bambina era matta: suonava quella corda tutto il giorno. L’ascoltava. Tutti loro avevano provato ad ascoltarne il suono, ma nessuno era riuscito a sentire. Neanche il sibilo della fibra strusciare sulla corteccia. Non valeva la pena pensarla. Quella bimba era inutile, era persa. Si era persa.
L’ho pensata in tutti questi anni. Quella bambina non si era persa. I mei compagni erano poveri poveri da dichiararla persa…”
“E’ più facile dire è matta, è fuori, dimentichiamola, cancelliamola, piuttosto che dire a voce alta io non sono in grado di incontrarla.
“La bambina era concentrata, sosteneva una tensione relazionale con la corda del sé nelle due figure interiorizzate, tra quelle infinite armoniche dell’arco di oscillazione: la spinta all’indietro, in una flessione obliqua, non abbandonata ma tenuta e la proiezione contratta facendo leva nel baricentro del ventre, verso il proprio futuro…
“Ho molto pensato all’arco agito da quella corda, al volto preciso della bimba versato in una ricezione acustica solitaria e incompresa, incastonato in una misteriosa pienezza relazionale. Con chi? Con cosa? Non era matta. Viveva altrove, via dalla nebulosa (in accezione astronomica) comunità degli altri.
Lei stava all’altalena sonante, come io sto alla poesia. Nella stessa drammatica accordatura…”
Anna Maria Farabbi molto ha studiato, in centri come la Comunità di Torre Certalda o il Sodalizio di San Martino, “tra gli ospiti dormienti e deliranti”, e a questi studi la storia della bambina si ricollega.
Una storia che, come imprinting, rimane a condurci nella lettura di tutto il Canto dell’altalena, un ricchissimo e complesso e profondo oscillare della figura fra gioco e mito.
Noi ve la regaliamo, l’immagine di questa bambina, come pensiero di Natale. Un augurio a che quel suo gesto, che invita a lasciare spazio all’ascolto, venga accolto in noi, a guidarci nella conoscenza dell’altro in una comunicazione che “non prescinde dalla lingua e dal suo tacere”