di Peppe Dell’Acqua
La lettera di Giovanni Austoni (se vuoi leggere l’articolo clicca qui) segnala la disinformazione intorno alle questioni della salute mentale.
Niente di nuovo. È la banalità della disinformazione quotidiana. Si parla qui di questo episodio per dire delle centinaia che ogni giorno accadono. Affermazioni di questa natura si sentono dovunque: nei tribunali, negli ospedali, nelle scuole, negli uffici delle regioni, dei comuni e delle aziende sanitarie. Avvocati, talvolta magistrati, amministratori, ma anche psichiatri, psicologi, infermieri, assistenti sociali, docenti universitari e perfino psichiatri forensi esprimono presupponenti conoscenze sulla questione che spesso non sono solo inesatte, ma sfiorano il ridicolo inimmaginabile. I giornalisti, alla fine, risultano meno colpevoli nel dare informazioni che sono così maltrattate da quelli che di questo dovrebbero essere esperti.
Le banalità che si dicono non lasciano il tempo che trovano. Diventano “crimini di pace” quando ricorrono con incalzante perseveranza in occasione di eventi drammatici, tragici, incomprensibili, orribili. Ogni volta che qualcosa accade tutti sono colpiti da una riacutizzazione di quella diffusa smemoratezza che sembra segnare il nostro tempo. I luoghi comuni, figli della smemoratezza, accadono quando siamo incapaci di far tesoro delle esperienze, specie delle più tragiche.
Le banalità, come quelle dette nell’intera sequenza dedicata al fatto dell’EUR dalla criminologa Simonetta Costanzo, recitano stancamente lo stesso canovaccio. La malattia mentale per allontanarci dalla comprensione di quanto nelle vicende umane accade, la diagnosi per chiudere nella ristrettezza di saperi tanto incerti quanto prepotenti le conseguenze dell’umana follia. Superficialità rassicuranti per mettere al riparo la nostra inattacabile normalità, per tenere fuori di noi quel diavolo che resta sempre tenacemente incatenato all’angelo che solo vorremmo ospitare. Sembra che tutti, esperti e mass media, alleati convergano per alimentare paure e insicurezze che non producono altro che l’isolamento di ognuno e una delega rancorosa alle istituzioni per rafforzare i dispositvi di custodia e controllo sociale. Per ridurre i margini di libertà infine.
Quanto è accaduto il 28 agosto scorso a Unomattina supera però ogni limite.
Ecco di seguito la breve interlocuzione tra l’esperta e il conduttore:
C: “Possibile che non ci sia un percorso di presa in carico per una persona di questo tipo, con tutti questi campanelli d’allarme che ci sono stati poi nel tempo?”
E: “Purtroppo la legge 180 impedisce qualsiasi tipo di ricovero, almeno che il paziente non sia ben disposto a ricoverarsi o curarsi.”
C: “Neppure con il caldeggiamento della famiglia?”
E: “Neppure.”
C: “Però esiste il Trattamento sanitario obbligatorio, no?”
E: “Esiste, però bisogna passare attraverso i servizi sociali ed è il Sindaco che poi dà l’ok per un eventuale ricovero obbligatorio.”
L’esperta non ha espresso un suo modo personale di vedere e analizzare i fatti, sarebbe stato quanto mai lecito; ha dato informazioni inesatte nel corso di un programma popolare e seguito da ampie fasce di cittadini, forse i più fragili, che dovrebbero essere aiutati a riconoscere i loro diritti e in questo caso in particolare il diritto alle cure e alla salute in un campo tanto delicato, sensibile, compromettente, quanto controverso.
Il conduttore coglie l’inesattezza delle affermazioni dell’esperta e cerca di aiutarla, veramente paradossale quest’immagine! La criminologa persevera: “bisogna passare attraverso i servizi sociali” e, con una certa presupponenza a altezzosità, “deve essere il sindaco a dare l’ok.” Come a dire: siamo noi i professionisti che sanno di malattia, che di queste cose scientificamente dobbiamo occuparci e… che ci azzecca il Sindaco?
La legge 180, come tutti sanno, non impedisce il ricovero, intende favorire le cure, rafforzare il godimento del proprio diritto, implementare tutte le possibilità d’emancipazione. Il Tso tutela il cittadino proprio quando non è in grado di riconoscere che ha bisogno di cura, obbligandolo al trattamento nel rispetto della sua soggettività, della sua personalità, della sua cittadinanza. Il Sindaco, come rappresentante democratico di una comunità, ha il compito di promuovere e difendere la salute di tutti i cittadini. Per questo la legge gli attribuisce un ruolo così centrale.
In un qualsiasi liceo socio psicopedagogico, dove queste cose si studiano, la criminologa Simonetta Costanzo, avesse risposto in questo modo, sarebbe stata bocciata!