Interrogativi dopo la delibera 1004/ 29.XI.2013 della Giunta Maroni
di Luigi Benevelli.
La giunta regionale della Lombardia ha deliberato il 29 novembre u.s. in tema di assistenza alle persone ristrette nelle libertà licenziando il provvedimento n. 1004 Piano di azione per il reinserimento delle persone sottoposte a provvedimenti dell’Autorità giudiziaria- biennio 2014-2015. La gestione politica delle iniziative è in capo a Maria Cristina Cantù, assessora a Famiglia, solidarietà sociale e volontariato, mentre quella amministrativa è in capo alle singole Asl.
Gli interventi previsti sono a favore:
- delle persone adulte presenti negli istituti di pena, con pena definitiva inferiore a 3 anni, delle persone in esecuzione penale esterna e di quelle in condizione di particolare vulnerabilità (internati in opg, tossicodipendenti, stranieri);
- dei minori segnalati agli uffici di Servizio sociale minorenni; di quelli presi in carico dagli stessi; di quelli ospiti dei CPA e dell’IPM “Beccaria”, di quelli ospiti nelle comunità a seguito di misura penale e di quelli in condizione di particolare vulnerabilità, minori stranieri in particolare.
È istituito un Tavolo regionale comprendente lo staff dell’assessorato, il Provveditorato dell’amministrazione penitenziaria, il Tribunale di sorveglianza, il Centro di giustizia minorile. A livello di ogni ASL è costituito un Gruppo interistituzionale territoriale composto da funzionari di ASL, Ufficio di Piano, Ufficio politiche del lavoro della Provincia, Istituto penitenziario, Ufficio esecuzione penale esterna, Ufficio servizi sociali minorenni. Per la ASL di Mantova, la sola ASL di Mantova, è prevista la presenza di un referente dell’opg (di Castiglione delle Stiviere) e del Dsm dell’Azienda ospedaliera “per le soluzioni possibili collegate alle dimissioni degli internati in opg che vengono affidati ai servizi del territorio”.
Osservazioni e commenti:
La deliberazione si muove in piena ortodossia “formigoniana”, nel rispetto cioè della separazione degli ambiti fra Sanità, assistenza, socio-sanitario, socio-assistenziale, fra Azienda ospedaliera e Asl, nella marginalizzazione dei Comuni. Ciò comporta complicazioni e farraginosità dei coordinamenti previsti (già ardui di per sé per il peso dei disagi esistenziali, delle povertà, del problematico esercizio dei diritti), ma produce anche delle assenze: mi riferisco, oltre alle assenze dei Comuni, a quelle delle Aziende Ospedaliere cui la Regione ha delegato a suo tempo le funzioni della sanità penitenziaria e a cui fanno riferimento i Dipartimenti di salute mentale (Dsm). Il risultato è sconcertante se si considera che sanità penitenziaria e Dsm dovrebbero, mi pare, svolgere un ruolo centrale nelle situazioni di vita citate.
Ma vi è una sola eccezione che riguarda il “Gruppo interistituzionale territoriale” presso la ASL di Mantova, nel quale sono presenti opg e Dsm. Tale scelta può stare a significare che lo staff dell’opg di Castiglione delle Stiviere garantisce il massimo di affidabilità e delle competenze professionali disponibili per la gestione ottimale dei destini di tutte le persone internate per tutto il territorio regionale. Non si capisce invece il perché della presenza del Dsm di Mantova, che si occupa, o si dovrebbe occupare, solo delle pochissime persone mantovane internate. È vero che al Dsm/opg dell’Azienda ospedaliera di Mantova (a questo punto, ormai, una cosa sola) la giunta regionale intende affidare la gestione di 120 dei 240 posti letto lombardi delle Residenze previste per la chiusura degli opg; ma non si capisce come potrebbe lo staff del Dsm/opg di Mantova occuparsi responsabilmente, con conoscenza di causa, dei percorsi per il reinserimento delle persone sottoposte a provvedimenti dell’Autorità giudiziaria di tutta la Regione. Così il Piano di azione si riduce a un gran giro di carte e relazioni piuttosto che di prese in carico e dimissioni.
Un quesito però va sollevato: se la Giunta regionale ha ritenuto di costituire una eccezione per il Dsm di Mantova, vuol dire che tutti gli altri Dsm lombardi, si pensi a quelli milanesi, che hanno decine e decine di internati, di persone che ben conoscono per essere stati loro utenti, devono ritenersi esonerati dal doversi occupare dei “propri pazienti” con diagnosi psichiatrica, una volta che abbiano compiuto un reato?
O questa è una materia dell’assessore alla Sanità nella quale l’assessora all’assistenza non può “mettere becco”?
Ancora una volta, c’è qualcuno che risponde delle politiche per la salute mentale in Lombardia?