I cittadini di Gorizia e Trieste agli inizi degli anni ’70 hanno visto accadere qualcosa di straordinario. Qualcosa che ha cambiato la vita a milioni e milioni di persone. Qualcosa che nessuno era mai stato capace di immaginare.
Fino a quel momento, in tutto il mondo, tanti uomini e donne, bambini e bambine vivevano dietro ad altissime mura, fuori dalla vista, fuori dalle città e fuori dalla memoria. Negli anni tanti generosi avevano cercato di abbattere quelle mura che avevano fondamenta profondissime ed erano costruite con pietre enormi, grandi come macigni. Un esercito di scienziati, di professoroni e potenti di ogni razza e religione facevano la guardia a quei recinti. Nessuno poteva neanche avvicinarsi. Soltanto per muovere una pietra o aprire una porta occorreva tanta forza. Ma dove prenderla? Scoprirono che dentro quelle mura c’era un’energia che avrebbe potuto rivoltare il mondo.
I milioni di uomini e di donne rinchiusi potevano essere una potenza se solo avessero potuto parlare. Ma, matti, scomodi, disturbatori, erano stati annientati. Erano vivi ma non avevano più parole, non avevano più nessuna possibilità di contare.
Basaglia arrivò a Trieste e incontrò il grande Cavallo. Chiamò per nome i matti così che divennero persone, parlarono, scrissero lettere con i loro desideri: correre, volare, amare. Nella pancia del cavallo gli internati, che stavano diventando persone, depositarono le lettere con i loro desideri. Le lettere chiamarono altre persone. Marciarono tutti insieme e con l’energia di un fiume in piena distrussero per sempre quelle mura.
E ora quelle dei “manicomi criminali”.