da Repubblica 28 novembre 2023. Invececoncita, blogautore
Sono tornata a casa e ho trovato in un pacco la cosa più bella, sorprendente e commovente da molto tempo in qua. Più passa il tempo e più è difficile, purtroppo, sentire quell’emozione che – si dice, e quando succede è fisicamente così – allarga il petto. Ecco, è stato un libro. Ma no, non alzate gli occhi al cielo. E’ come quando trovi un baule a casa dei tuoi, uno scrigno una macchina del tempo, come un vecchio gioco che non ti ricordavi più di avere ma sai subito, appena lo tocchi, come funziona.
S’intitola “C’era una volta in Italia”, di Enrico Deaglio, è il primo volume di un’opera che promette di arrivare ai giorni nostri, per decenni: questo è “Gli anni Sessanta”, 600 pagine, è un libro illustrato come non ne esistono più. Foto, prime pagine, manifesti e documenti di impressionante bellezza. Ci ha lavorato un esercito di persone a partire dal coautore Ivan Carozzi, una squadra capitanata in Feltrinelli da Camilla Cottafavi. Mi riprometto di attingere per tutto il 2024, sono certa che sarà bello e utile per tutti.
Si apre a caso (si può farlo), sono capitoli molto brevi. A me si è aperto a pagina 439, dove si racconta di una giovane ragazza londinese che nel 1967, appena laureata, partì per Gorizia come volontaria in un ospedale psichiatrico. La persona che dirigeva il programma era Franco Basaglia (nel 2024 saranno 100 anni dalla nascita, quanto manca). Scrive la donna, in una lettera in cui cinquant’anni dopo rievoca quei mesi, che nessuno dei volontari sapeva esattamente in cosa consistesse quel programma, né cosa fare. Racconta che Basaglia disse loro solo questo: “Date uno sguardo in giro e fate qualcosa”. Mi sembra tutto quel che c’è da dire, sempre, in qualunque circostanza.