opg-02Considerazioni sulle prese di posizione di una parte dell’establishment della psichiatria italiana in ordine alle modalità di chiusura e superamento degli OPG

di Luigi Benevelli

Nella discussione in corso alla Camera sulla conversione del Decreto legge 52/2104, ha fatto irruzione il grido di allarme di una parte dell’establishment della psichiatria italiana che intende porre paletti e distinguo nell’attribuzione delle competenze (e delle responsabilità) della gestione dei percorsi di salute delle persone internate negli ospedali psichiatrici giudiziari.

Premetto che anch’io giudico inaccettabile e offensiva l’associare coloro che non hanno mai smesso di battersi per la chiusura dei manicomi giudiziari con i Di Bella e i Vannoni, liquidarli come fuori dalla “scienza medica” e dalla “psichiatria scientifica”: a quando l’azione dei sei Presidenti per la espulsione dagli Ordini e dai Collegi professionali di colleghi ignoranti e sconsiderati che minaccerebbero con le loro idee bizzarre l’integrità delle persone e la sicurezza delle comunità?

I firmatari della lettera alla ministra Lorenzin (vedi) precisano che i servizi di salute mentale, in quanto servizi sanitari, possono occuparsi solo di pazienti psichiatrici adulti e non certo di problemi giudiziari e nemmeno di “controllo sociale”. A sostegno di tale condizione si cita il fatto che le Regioni, nell’applicazione della 833/78 si sono date articolazioni organizzative e amministrative per le quali, anche se non sempre e non da tutte le parti, l’assistenza ai cittadini con “disturbi cerebrali organici” o “dipendenze patologiche” è affidata a squadre di professionisti sanitari ad hoc e separata da quelle che si occupano di “psichiatria adulti”. I firmatari dell’appello sembrano assumere come “naturali”, “scientificamente fondate” tali separazioni, e negare l’esistenza di aree di confine da attraversare, la possibilità di utili sinergie. Certo, la psichiatria è tutt’altro che onnipotente, ma appare singolare la spinta ad asserragliarsi nella propria “casamatta” proprio quando si prospetta l’esigenza di costruire, allargare percorsi per persone che soffrono di gravi problemi di salute mentale, forte stigma.

Per di più le persone internate negli OPG sono per gran parte note ai Dsm che, al di là del come le hanno assistite prima che commettessero il reato, avrebbero dovuto già da tempo averle seguite (almeno per la parte “sanitaria”) anche nei luoghi di internamento. Come noto, gli “ergastoli bianchi” conseguono a proroghe della attestazione di “pericolosità sociale” per il fatto che non c’è nessuno che si occupi efficacemente di offrire alternative all’internamento. Addirittura i firmatari della lettera pensano a un circuito assistenziale separato, di custodia, per persone, come abbiamo visto, per gran parte a loro note, in quanto autrici di reato. Sarebbe interessante sapere che cosa concretamente si stia facendo, nel rispetto della legge che ha attribuito alle Regioni l’assistenza sanitaria penitenziaria, per assicurare la presenza di servizi di salute mentale nelle carceri italiane.

E quanto al rifiuto di assumersi compiti di “controllo sociale”, sarebbe utile alla chiarezza della discussione che ci si dicesse dei protocolli adottati negli Spdc italiani a regolamentare le contenzioni meccaniche dei pazienti, intese come “terapie”, o ci si riferisse delle collaborazioni offerte, a Milano ma non solo, ad amministrazioni locali che chiedevano elenchi di pazienti in carico ai Dsm giudicati “pericolosi”.

La “reazione” dei sottoscrittori della lettera alla ministra ci mostra quello che sappiamo da tempo, che l’OPG fa comodo a molti, anche fra gli operatori dei servizi di salute mentale e che, se non ci fossero stati la denuncia del senatore Marino e l’impegno delle associazioni che aderiscono al cartello StopOPG a rilanciare l’urgenza della chiusura, saremmo ancora qui con meno speranze di riuscire a farcela. Purtroppo questa ultima uscita ci dice anche che una parte dell’ establishment della psichiatria italiana è ancora lontano dall’accettare di misurarsi con le questioni e le culture della “salute mentale”.

Luigi Benevelli – Mantova, 10 maggio 2014

1 Comment

  1. Caro Benevelli, premetto che rimasi molto favorevolmente colpito e completamente d’accordo con la Sua proposta di Legge con Ongaro Basaglia sull”imputabilità. Personalmente ritengo che vadano aboliti “pericolosità sociale” e ‘art 88. La mia è una posizione radicale. Per quanto riguarda la lettera credo che il paragone con Di Bella/Stamina regge per il fatto che secondo l’opinione di molti, e Lei DEVE rispettare i tanti PROFESSIONISTI il decreto si muove sulla spinta emotiva, giusta, di chiudere gli OPG, ma contiene elementi FUORVIANTI. Ritorno sul concetto di rispetto per gli appartenenti alle società (sono semplicemente socio di Siep e Wapr e non me ne vergogno e non faccio parte per cultura personale di alcun establishment) perchè senza molti di noi credo che la Legge 180 poteva essere abrogata da anni. Il nostro parere è diverso dal suo e non siamo ipercritici verso i servizi; se 450.000 persone dello spettro schizofrenico non vivono in luoghi lager non lo si deve mica solo a Trieste che ne seguirá tra i 500 e i 1000 dei quali tra l’altro non abbiamo indicatori di esito. Gli altri 449.000 saranno in tutta Italia e se legge un pò di letteratura potrà comprendere che hanno avuto buon esito a Como come a Nocera Inferiore, a Verona come a Genova, a Bologna come ad Arezzo, e così via. Ma niuno es ne la “casamatta”, direbbe il mio amico Fidel. Invece, spesso per un fatto drammatico che si vede solo nei servizi altrui, e mai nel proprio, si è pronti alla “puntuale criminalizzazione” savonarola come se non bastasse il corso della giustizia ordinaria. In fondo siamo tutti cattolici: la colpa (degli altri) fa parte della nosta cultura profonda, l’assoluzione e il perdono lo chiediamo per noi stessi. Quel che non condivido nella Sua lettera è che al di là della polemica, del “contrattacco”, Lei argomenta con la retorica. Lei non affronta il problema dell’attuale articolazione organizzativa dei servizi e non conosce evidentemente bene il problema se è caparbio nel difendere che il DSM si deve occupare in toto della problematica “Infermità Mentale”. Come se non esistessero altri servizi o come se non potesse esistere una lettura diversa della complessa problematica. Piuttosto che parlare di proprie case matte, dovrebbe innanzitutto sapere che semestralmente tutti i servizi per obbligo di Legge devono rispondere ad un debito informativo per tracciare le diverse condizioni di “disturbo mentale”. A meno che Lei non appartenga alla cultura pretombale che esista il Matto. Allo stato delle conoscenze noi sappiamo che esiste un soggetto affetto da Schizofrenia, diverso da una persona depressa che necessitano di trattamenti differenziati: il primo quasi sempre, quasi, anche di un farmaco, il secondo potrebbe farne a meno a seconda della gravità e comunque diverso dal primo. E così via. Bene oggi Noi sappiamo e lo saprà anche Lei, da persona colta, che il concetto di Infermità Mentale non appartiene in toto a quello di Disturbo Mentale (pregherei anche di togliere il termine triste di sofferente mentale che inficia quello di Recovery e di Benessere Psicologico di molti utenti dei servizi, che se pur affetti da Disturbo non sono sofferenti). Infatti il 50% di quelli della Regione Molise in OPG non hanno un Disturbo Mentale! E se sono stati nella loro vita tossicodipendenti e/o tossicomani, oppure Antisociali con giudizio di pericolosità sociale non si capisce perchè debba essere il DSM a farsene carico. Oggi NOI sappiamo che esistono variegate situazioni che dovrebbero trovare diversi percorsi dove tutta la comunitá debba essere impiegata a farsene carico e non creare davvero la casa-matta come propone l’attuale decreto! Pensi che bello: tutta la comunità che si occupa del problema e non un servizio solo! Ognuno che fa la propria parte: il sert, l’Uepe, il Distretto, la Geriatria, la Neurologia! Mi auguro che Lei non mi accusi di voler “incasellare” gli infermi. Mi auguro che Lei comprenda come sarebbe bello se ognuno facesse il proprio dovere in questa societá. Utopia. We can, mi scusi a volte mi piace l’Inglese. Invece per l’attuale Decreto gli utenti del servizio di Campobasso, e le posso assicurare non hanno l’anello al naso, che da anni preparano campagne contro lo stigma che lo stesso forum ha apprezzato inserendo un loro Spot qui sulla “Home”, si sono indignati per quel Decreto perchè tutta la problematica “pericolosità sociale” e “incapacità mentale” viene associata al “sofferente mentale”. E scaricata sul DSM. Ora qualcuno mi risponderà “caro dr. Veltro abbiamo apprezzato in passato il suo impegno, abbiamo visitato il servizio lodevole, il suo documento Clinico-Sociale dove viene esplicitato il PTRI, le cose che dice su questo DL sono apprezzabili, il Decreto contiene contraddizioni e in futuro possiamo collaborare”, ma al momento però Lei deve stare tranquillo altrimenti VANIFICA il nostro lavoro che consiste nello scaricare l’infermità mentale sui DSM. Io vorrei capovolgere il discorso: partiamo dalla fine e accettiamo il nostro emendamento! Per me questo è il confronto, altrimenti questo decreto sará impugnato dalle associazioni degli utenti perchè pregiudizievole nei loro confronti. Voi a questo ci avete pensato? Gli avvocati di alcune associazioni sí. Meditate!

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