Wissem Ben Abdel Latif è morto il 28 novembre 2021, a 26 anni, in un Servizio psichiatrico di Diagnosi e cura (SPDC) di un Ospedale pubblico italiano, il San Camillo, a Roma, legato per giorni, braccia e gambe, ad un letto di contenzione. Wissem era già stato legato, il 23 novembre, in un altro Ospedale,il Grassi,a Ostia, dal quale, il 25 novembre, viene trasferito “per competenza territoriale“. Questo il breve riepilogo della sua storia, consumatasi in meno di due mesi dal suo arrivo in Italia.
Il 2 ottobre 2021 Wissem sbarca a Lampedusa. Al momento dello sbarco a Lampedusa risulta orientato nello spazio e nel tempo, non viene accertato alcun disturbo, nemmeno sulla nave quarantena dove viene condotto il giorno successivo per le disposizioni anti–Covid, Il 13 ottobre 2021,è trasferito al Centro per il rimpatrio (Cpr) di Ponte Galeria senza aver mai potuto fare richiesta di protezione internazionale. All‘ingresso nel Cpr risulta ancora orientato nello spazio e nel tempo. Alcuni video girati con un cellulare di uno dei suoi compagni documentano le condizioni di detenzione in cui è costretto con tanti altri migranti, alcuni testimoni raccontano di violenze perpetrate ai suoi danni. Il 23 novembre 2021 dopo appena due visite effettuate dallo psichiatra del Centro di salute mentale (Csm) su richiesta della psicologa del Cor, e dopo 40 giorni di detenzione, Wissem, con una diagnosi che appare affrettata e non verrà più rivalutata, è inviato al Pronto Soccorso di Ostia e da qui, il 25, trasferito, senza opporre resistenza, a Roma, dove resta durante tutto il ricovero legato su un letto soprannumerario in corridoio. Non c‘è traccia di un colloquio psichiatrico approfondito che inquadri lo stato psichico di Wissem, cui viene confermata la diagnosi di ingresso al pronto soccorso. D‘altro canto, durante il ricovero,non formalizzato in Tso, Wissem non incontra mai un mediatore culturale, nessuno che consenta di superare almeno la barriera linguistica. Il 24 novembre 2021 l‘esecutività delprovvedimentodi respingimento e del provvedimento di trattenimento presso il Cpr di Ponte Galeria vengono sospesedal Giudice di Pace di Siracusa. Wissem dovrebbe essere rimesso in libertà, ma nessuno gliene dà notizia, mentre è legato ad un letto nel corridoio del reparto psichiatrico. La contenzione fisica è accompagnata da una terapia psicofarmacologica estremamente pesante, determinando l‘assurdo logico per cui il paziente viene sottoposto a contenzione in quanto sedato. Wissem resta contenuto e sedato fino alla morte, e nonostante alcuni esami clinici gravemente alterati potrebbero indicare un pericoloso danno muscolare o cardiaco, durante il ricovero a Roma non viene nemmeno sottoposto ad un banale elettrocardiogramma. Il 28 novembre 2021, Wissem muore, all‘alba del 28 novembre, per arresto cardio circolatorio, legato ad un letto nel corridoio di un reparto psichiatrico, una prassi che discende dall‘armamentario manicomiale, dopo aver attraversato il Mediterraneo su un barcone, senza mai aver vissuto in Italia un solo momento di libertà, senza aver potuto esercitare i diritti di richiedente asilo, subendo una detenzione amministrativa che sarebbe dovuta cessare prima della sua morte. L‘esame autoptico viene eseguito senza informare i familiari, che sapranno della morte di Wissem solo giorni dopo l‘accaduto. LA MORTE DI WISSEM POTEVA E DOVEVA ESSERE EVITATA Dalla cartella clinica di Wissem, estremamente scarna, sembrano emergere incongruità e mancanze. Chiediamo se non si sia determinata, in assenza di adeguati esami diagnostici, la tragica sottovalutazione delle sue complessive condizioni di salute, anche rispetto alle terapie somministrate. Ancora, chiediamo perché non sia stata rivalutata la diagnosi psichiatrica di ingresso, perché non siano stati realizzati colloqui psichiatrici alla presenza di un mediatore, perché non c‘è traccia nemmeno della formalizzazione giuridica del ricovero attraverso il trattamento sanitario obbligatorio. Legare una persona non può mai essere considerato un atto terapeutico, l‘ha stabilito la Cassazione, in questo caso, poi, il ricorso alla contenzione appare sproporzionato, non c’è riscontro di adeguati controlli e motivazioni, la contenzione non è nemmeno adeguatamente annotata sugli appositi registri, pare disattendere le più elementari procedure e linee guida di salvaguardia della salute e dei diritti del paziente, e, per durata e modalità di esecuzione, non potrebbe essere riferita ad un ipotetico stato di necessità.
La morte di Wissem Ben Abdel Latif richiama il destino di tante altre tragiche vite spezzate mentre erano legate ai letti, la sofferenza di migliaia di altri uomini e donne costretti in luoghi di internamento che ancora mortificano il diritto alla cura, all‘accoglienza, alla libertà.
Per tutte queste ragioni si costituisce il “Comitato verità e giustizia per Wissem Ben Abdel Latif” che chiede, ai rappresentanti istituzionali, ai media, all‘opinione pubblica e alla cittadinanza tutta di mobilitarsi affinché vengano accertate tutte le eventuali responsabilità, colpe, omissioni connesse alla morte di un ragazzo di 26 anni, partito per cercare un futuro migliore, che, invece, in Italia, ha subito la sottrazione dei più elementari diritti fino a morirne, una morte che non può e non deve essere archiviata senza che sia fatta luce su tutto ciò che è accaduto.
Promotori: la famiglia di Wissem Ben Abdel Latif, LasciateCIEntrare, Fondazione Franca e Franco Basaglia, Associazione Sergio Piro.
Il Forum partecipa.