L’11 maggio sono stato all’incontro organizzato dal gruppo dei giovani operatori del Forum della Salute Mentale di Trieste e da Peppe Dell’Acqua e che come immaginavo, voleva essere una stazione di un viaggio organizzativo e non solo, verso Il congresso di Pistoia e poi oltre…
Mentre il treno pacatamente raggiungeva Trieste pensavo a quali incontri, a quali parole avrebbero divelto ulteriori zone d’ombra presenti in me. A cosa mi sarei portato a casa per proseguire questa nostra storia così difficile e contraddittoria di ‘psichiatria basagliana’. A cosa poter condividere con il gruppo di lavoro quotidiano quando di ritorno a casa, per costruire e mantenere questo fragile fare psichiatria ‘altra’, che cerca di mettere al centro la dignità della persona, piuttosto che unicamente le sole esigenze di una società sempre più reclusiva ed emarginante e differenziale. Così pensavo alle tante domande da fare che nascono nella contraddizione quotidiana dei Servizi di salute mentale. Poi tutto è avvenuto con molta spontaneità e naturalezza così come le foto fatte…
Il primo incontro, quello dell’11 maggio ci ha accolto (me e gli altri compagni di viaggio) nel Dipartimento di Salute Mentale, dentro uno degli ex padiglioni dell’ex ospedale psichiatrico di Trieste ora restituito alla città. In quel posto ‘bello’, arioso e accogliente si è costituito un momento ‘intimo’ di presentazione personale e di provenienza sia geografica che spirituale; di confronto dialettico e culturale per raccogliere, promuovere e sintetizzare una sorta di piattaforma culturale comune gruppale, che fosse edificata attorno ad un dizionario di parole, temi, istanze culturali e filosofiche rappresentative condivise. Ovvero che si intrecciasse e rispecchiasse sull’esperienza triestina di fare una psichiatria a dimensione d’umano e sviluppatasi attorno all’opera di Franco Basaglia tra gli anni 60-70 e la sua équipe. Si è così aperto un momento, uno spazio riflessivo e dialettico di rinforzo al gruppo di lavoro nascente, che si sta costituendo come una sorta di continuità tra la storia recente e la storia passata e le nuove generazioni in formazione (sembrerebbe una presunzione alta, ma senza tensioni alte non c’è storia!!); che sia voce, spazio e rappresentazione per una psichiatria e una società del presente che ponga l’accento e il suo centro, sulla dignità della persona piuttosto che sul tecnicismo delle pratiche del fare medico, psicologico o infermieristico. Buone pratiche come funzione altra di una visione alta della società e della comunità.
Il gruppo di lavoro era composito. Eravamo diversamente uniti dall’esigenza di ritrovare persone che avessero un linguaggio diverso nell’unicità del fine. Cerano persone rappresentative della liberà società civile quali gli amici di Art Village di San Severo (FG) (https: // artvillagesansevero.wordpress.com/about/); studenti di psicologia, di medicina, specializzandi di psichiatria dell’Università di Trieste, operatori sanitari che già lavorano a diverso titolo nei Servizi per la salute Mentale d’Italia e infine Peppe Dell’Acqua, il decano!
Peppe come un Merlino ha dispensato a profusione, visioni, consigli, incoraggiamenti forti e profezie. Sembrava un ‘leone’ (libero riferimento a ‘Non ho l’arma che uccide il leone’: http://www.edizionialphabeta.it/Book/it-142-2885.aspx?id=978-88-7223-233-0)
Il gruppo di lavoro e di spirito, si è raccolto in una dialettica anche contrapposta ma stimolante, su come fare e cosa essere, dandosi un calendario d’incontri che passando per il Forum di Pistoia (…le politiche e la cura, cittadini, persone, soggetti; 4 – 5 – 6 giugno 2015), attraverso nuovamente Trieste (o qualche altra città italiana) arrivi a un incontro formativo con Eugenio Borgna a Torino per poi iniziare ad essere rappresentativo e rafforzativo della continuità dell’esperienza basagliana.
L’obiettivo è costruire una sorta di fiume carsico che sgorga con forza, a dar voce o a raccogliere le parole, di chi non intende arrendersi ad una società scontata, che risolva i problemi con risposte prefabbricate di emarginazione e non accoglienza della diversità ma che si ponga verso l’altro da se, con un atteggiamento o una visione che non disconosca ma sappia sempre riconoscere la persona, salvaguardando la sua dignità in ogni scelta dentro la contraddizione della vita; che sappia dare risposte aperte e non reclusive, pronta ad usare come ispirazione l’utopia per costruire realtà umana.
La sera dell’11 maggio, infine, un dibattito attorno il libro di Piero Cipriano sul ‘Manicomio Chimico’ con molta partecipazione pubblica e di scambi di visioni tra Rovatti, Del Giudice e Dell’Acqua e la gente raccolta lì.
In questi giorni (il 12maggio) ho visitato i CSM aperti a 24 ore e l’SPDC porte aperte e senza contenzioni di Trieste, e mi sonoconvinto che se al centro c’è un’idea ferma e una volontà solida si può ancora fare. C’è ancora possibilità di futuro senza recinzioni e gabbie, classi differenziate e tant’altro che puzza di chiuso. Solo se noi per primi ci chiudiamo il mondo si chiude attorno a noi, separandoci dall’altro e moriamo dentro perdendo la dignità dell’umano.
(*) Gianluca Monacelli, psichiatra presso CSM Silene, ASL Roma B