Un’asta al massimo ribasso per “smistare” gli 80 pazienti dell’ex manicomio di Quarto. Succede a Genova, dove nell’aprile scorso l’Asl 3 ha pubblicato un bando per trovare strutture di accoglienza per gli ultimi ospiti dell’ex ospedale psichiatrico. La stuttura infatti è stata già venduta ad Arte (Aziende regionali territoriali per l’edilizia, ovvero l’ente della regione Liguria che si occupa di edilizia sociale) per ripianare il bilancio.
Il bando al massimo ribasso, senza parametri di qualità da rispettare, con i pazienti “appaltati” a gruppi di 20, ha suscitato però reazioni negative, brontolii fra gli stessi assessori regionali e minacce di ricorsi al Tar da parte di Fenascop, la Federazione nazionale delle strutture comunitarie psico-socioterapeutiche. Tanto che il bando per il momento è stato congelato.
Brucia ancora, del resto, quanto accaduto all’ex ospedale psichatrico di Cogoleto, poco fuori Genova. Anche qui i vecchi edifici sono stati venduti per motivi di bilancio: i pazienti avrebbero dovuto trasferirsi in due nuove palazzine, invece da tre anni vivono in un container prefabbricato, perché i lavori di ristrutturazione sono in ritardo. Il trasloco era stato promesso per questo giugno, ma anche stavolta salterà e se ne riparlerà a dicembre.
Ad accendere i riflettori sull’ex manicomio di Quarto è stato il circolo “Oltre il giardino”, e in particolare Mario Calbi, ex assessore ai Servizi sociali del comune di Genova.
Per il circolo, che nasce proprio per studiare il lavoro sociale, la vicenda non è un caso isolato. “Tutto nasce da esigenze di bilancio”, spiega Amedeo Gagliardi di “Oltre il giardino”, “ma è chiaro che se si parte da questi presupposti si arriva a comportamenti superficiali come questi, dove le persone e i principi vengono dimenticati. E alla fine si taglia sulla pelle di persone che non possono lamentarsi”. Per Gagliardi, che è anche un operatore dell’associazione San Marcellino, si tratta in realtà di una tendenza più generale: “Sono anni che si dice che il privato è meglio del pubblico, ma questa è una semplificazione. La malattia psichiatrica coinvolge molte più persone di quanto si pensi: è una questione complessa, che ha risvolti non solo amministrativi, ma anche clinici, sociali e culturali. Con questo approccio invece si finisce per usare strumenti come le gare al massimo ribasso”.
Portare fuori dall’ex manicomio gli 80 pazienti che ancora ci vivono, insomma, non può essere una scelta dettata da questioni di bilancio. “Vivono lì da 30-40 anni, e fra l’altro sono già organizzati già in piccole comunità formate da gruppi di 20 persone”, spiega Gagliardi, “per farli uscire servirebbero percorsi indivuali e case-famiglia”. Cioè un approccio molto diverso da quello di una gara in cui vince il miglior offerente.
Ma quella di Quarto è anche “una struttura storica per la psichiatria, e deve continuare a occuparsi di psichiatria”. Vendendola, per Gagliardi “si rischia di disperdere un patrimonio di competenze, noi invece vorremmo che la città riscoprisse questo luogo, per questo stiamo cercando di organizzare per il prossimo settembre una tre giorni di iniziative che riportino i cittadini a Quarto”. Nel frattempo si attende di capire cosa faranno le istituzioni, “noi speriamo in un passo indietro”.
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