di Maria Grazia Cogliati Dezza
Ha ragione Peppe Dell’Acqua quando dice che il lavoro di Franco Basaglia, la sua grande intuizione e proposta di abbattere le mura del manicomio, è stato solo un inizio. Alla sua morte,1980, c’era ancora tanto da fare! E Franco Rotelli con passione e grande responsabilità da allora ha guidato il percorso. E ha guidato una trasformazione impensabile.
In tanti, medici, infermieri psicologi ..,arrivati da tante città, abbiamo lavorato con Franco Rotelli ininterrottamente fino a 2 giorni fa, quando ci ha lasciato. Siamo stati compagni di strada.
Forte, appassionato, visionario, prepotente, il nostro rapporto non si è mai interrotto. Siamo sempre stati insieme in questa lunga storia.
Un punto che ho condiviso con lui è stata la passione per la politica, il ritenere che un nostro rapporto da vicino con quel mondo, a volte difficile, distante se non ostile, sarebbe stato un tassello che avrebbe potuto superare quelle distanze e quelle difficoltà che in molti momenti abbiamo avuto con i governi della città e della regione.
E così è stato: la sua passione politica ci ha portato ad incontri, contaminazioni, lotte, ma anche a incredibili aperture.
Voglio menzionare qui Michele Zanetti e Mario Tommasini, due grandi, che ci hanno dalle origini insegnato come la politica possa essere davvero al servizio di cause coraggiose, difficili, per l’eguaglianza, i diritti di tutti, e la giustizia sociale.
Ed ancora un aspetto di Franco che non viene frequentemente ricordato è stato il suo amore e la sua attenzione per l’altro, ogni altro, non solo chi sta male, chi ha bisogno, ma tutti, a partire dagli operatori.
Ci ha insegnato che non si può cambiare il mondo se delle persone che lavorano con te non ne conosci il nome, non le guardi negli occhi, non gli vuoi bene, non le ascolti quando ti riportano tratti, esperienze, visioni della loro vita lavorativa quotidiana, se non le valorizzi.
Questa capacità di ascolto e valorizzazione è stata la mossa giusta, vincente, perché tante lavoratrici e lavoratori, ognuno a modo suo, entrasse nelle case di tanti condomini, parlasse con le persone e trovasse il modo di convincerle a quella cura, a quel determinato percorso. Certo nel rispetto dei principi indicati dalla specifica professione, ma mettendoci del suo. Quante resistenze entrando in certe case! Cosa abbiamo trovato!! Quanto c’era da cambiare per migliorare la salute e rendere quello specifico contesto più vivibile!!
Quante relazioni tra condomini abbiamo toccato, quante volte abbiamo messo il naso in questioni che nulla avevano a che fare con lo specifico gesto assistenziale e terapeutico, ma ne erano la imprescindibile premessa per un buon esito. Se io, tu e l’altro non fossimo stati riconosciuti con il nostro nome, la nostra particolarità, nessuno di noi avrebbe speso tempo, sentimento, emozioni, quel di più, che era la garanzia del buon esito del rapporto assistenziale e terapeutico. Fare salute nel territorio richiede impegno professionale e personale se si vuole raggiungere l’altro, convincerlo alla cura, avere la pazienza di rispettare il suo tempo, le sue credenze, la sua cultura. Pena l’efficacia della cura stessa.
E voglio sottolineare questo aspetto, la sua forza, la sua importanza, perché si evidenzi, nel confronto, una volta di più, il cambiamento di passo che abbiamo oggi subito.
Il silenzio assordante di chi governa la sanità oggi, nessuna discussione a stabilire cosa fare e come fare, la solitudine di ciascuno, le responsabilità non condivise, la regola richiamata ad ogni passo, la punizione per chi se ne allontana criticamente.
E ancora: le porte chiuse, i visitatori non ricevuti, i cittadini a distanza, le notizie dei cambiamenti organizzativi dei servizi conosciute tramite la stampa. Certo che si scappa da questi luoghi di lavoro e non solo per la pochezza delle paghe, ma perché manca il riconoscimento del valore dell’altro, della sua specifica soggettività che è garanzia di slancio, passione, generosità nell’incontro con chi sta male. E dunque di efficacia della cura.
Queste le criticità più rilevanti che stiamo vivendo, che attengono ad un’etica perduta, alla negazione dell’altro, ad un mondo che ricorda, e nemmeno tanto da lontano, quanto accaduto nel famoso ventennio!!
E allora, ritornando alla politica, quella buona, di questa città, non si può non chiederle con urgenza, di non abbandonare nessuno di noi, di denunciare soprusi e distanze, di proteggere le persone che lavorano, che sono i veri garanti della efficacia della cura.
Capire che siamo ad un punto pericoloso oltre il quale non c’è ritorno.
Credo che un impegno di tal tipo la politica vicina lo debba a Franco Rotelli che per noi e per gli altri ha dedicato la sua vita.