Natascia Casu non si è mai arresa, davanti alle difficoltà all’apparenza insormontabili e commenta a Tgcom il rinvio a giudizio di Giampaolo Turri, primario del reparto di psichiatria dell’ospedale cagliaritano Santissima Trinità e della dottoressa Maria Cantone che aveva in cura suo padre. “Non deve più accadere a nessuno”, è il messaggio che la famiglia Casu vuole arrivi a tutti gli italiani.
Natascia, ci vuole raccontare quali speranze ha acceso questa nuova e per certi versi inattesa decisione?
Più che accendere riesce a tenere viva la nostra solita speranza di capire perchè mio padre è morto.
Un ricovero coatto che non aveva modo di esistere, una contenzione disumana, interrogazioni parlamentari rimaste senza risposta… Come ha fatto a non perdere la forza di continuare?
C’è una forza che si chiama amore, per un padre, per un uomo, per la voglia di conoscere la verità, per il senso di giustizia, per la speranza che non capiti più a nessuno. E un trattamento inumano perché non mi stancherò mai di dire che per me legare una persona, per così tanto tempo poi, è solo tortura.
Chi era suo padre?
Semplicemente un uomo, con luci e ombre di tanti uomini. Ma non è importante chi fosse, importa il trattamento che ha subito un uomo al posto del quale poteva esserci chiunque.
Manca ancora un tassello importante: qualcuno ha cercato di imbrogliare le carte facendo scomparire e poi miracolosamente riapparire la cartella clinica di suo padre, cercando di fare sparire anche il materiale autoptico… Questo iter processuale a che punto è?
Umanamente è impossibile che gli autori di questi reati la passino franca. Per quanto riguarda il “mistero” della cartella clinica diciamo che semplicemente ne ho appreso i fatti dai giornali, poi, dopo breve, hanno spiegato che non si era trovata subito. Appena ritrovata è stata subito consegnata al tribunale. Per quanto riguarda l’inchiesta bis è entrata nel vivo da poco. Fino ad ora si stanno discutendo le perizie dei tecnici informatici già consegnati al tribunale. Quelle dei periti del pm, e quelli dei periti di parte della difesa. Questo perchè il pm aveva disposto il sequestro del computer centrale del reparto di anatomia patologica. Posso dire che aver saputo della sparizione e sostituzione delle parti anatomiche con quelle di un altro uomo, è stato come sentirlo morire due volte.
Il movimento che l’ha affiancata, le persone che sono state vicine a lei e alla sua famiglia, in questo caso, danno un esempio all’Italia intera: “l’unione fa la forza” è un motto antico ma sempre valido.
Esatto! Si possono avere tutti i più buoni propositi di volontà, di combattività, di consapevolezza di avere dei diritti per il quale lottare ma da soli non si va da nessuna parte. E questo sia dal punto di vista morale, che da quello concretamente pratico materiale. E a questo proposito colgo l’occasione per ringraziare anche quanti, fuori dal comitato, continuano a sostenerci economicamente…un grazie di vero cuore.
Quale idea si è fatta di tutta questa storia? Cosa pensa in merito agli intrecci che sono emersi?
Con molta onestà, quando morì mio padre, non pensavo potessero esistere, prima, durante e dopo anche altre simili, se non anche peggiori storie di morti assurde. E’ tutto tremendamente reale anche se mi è sembrato come trovarmi d’improvviso, da spettatore di un giallo, a esserne, mio malgrado, protagonista e, come ho detto prima, per quanto riguarda i vari avvicendamenti, è stato come se mio padre fosse morto due volte…
Sinceramente mi fa spavento pensare che certe cose, possano anche solo lontanamente accadere realmente e non solo nei film
Giuditta Mosca
(da TgCom)