Il Ministro della salute risponde agli psichiatri: “Serve piuttosto un monitoraggio costante della rete sanitaria – pubblica e privata – che garantisca una più equa distribuzione dell’assistenza in tutto il Paese”
«Nessun bisogno di riformare la legge 180 sul disagio mentale, bensì la necessità di un monitoraggio costante della rete dei servizi, pubblici e privati accreditati. E al fine di una più equa distribuzione di assistenza su tutto il territorio nazionale, è ipotizzabile pure l’individuazione di un numero limitato di strutture residenziali ad hoc che garantiscano un elevato e intensivo livello di cure»: è categorica la risposta del ministro della Salute, Ferruccio fazio, alle istanze sollevate dagli psichiatri.
«Una legge, ogni legge – spiega il responsabile nazionale della Sanità -, deve essere valutata in base all’efficacia prodotta, rispetto agli obiettivi che si prefigge. La riforma psichiatrica, attuata con la legge del 13 maggio 1978, n. 180, e più precisamente definita con la legge di riforma sanitaria del 23 dicembre 1978, n. 833, ha sancito sul piano giuridico i cambiamenti intervenuti nell’approccio alla malattia mentale, a seguito delle acquisizioni scientifiche sia nel campo della comprensione psicodinamica, sia nel campo della psicobiologia».
«La legge di riforma perseguiva tre obiettivi fondamentali: 1) depenalizzare la malattia mentale e regolamentare il trattamento sanitario obbligatorio (Tso), in un quadro di tutela dei diritti del paziente, oltre che della collettività; 2) favorire, con la chiusura degli ospedali psichiatrici, il recupero sociale, disincentivando la cronicizzazione del ricovero manicomiale; 3) suggerire un modello assistenziale allargato nel territorio, facilmente accessibile per i pazienti e fondato sull’interazione interdisciplinare di più figure professionali e di interventi integrati».
«Tuttavia – prosegue Fazio -, non va sottovalutato il fatto che l’attuazione degli indirizzi normativi e programmatici non risulta omogenea nel territorio nazionale e che sono evidenziabili alcuni elementi di criticità che si ritiene possano essere contrastati attraverso una serie di azioni:
a) implementare la qualità dei Centri di salute mentale (Csm) e la loro capacità di rispondere alla domanda di trattamento per i differenti disturbi, contrastando la demonizzazione e attuando efficaci programmi di sostegno anche per le famiglie.
b) Attivare programmi di individuazione precoce delle psicosi schizofreniche.
c) Migliorare le capacità di risposta alle richieste di cura per i disturbi dell’umore (con particolare riferimento alla depressione in tutte le fasce di età e i disturbi del comportamento alimentare (con particolare riferimento alla anoressia).
d) Accreditare le strutture residenziali, connotandone la valenza terapeutico-socio-riabilitativa».
e) Implementare i protocolli di collaborazione fra servizi per adulti e servizi per l’età evolutiva, per garantire la continuità terapeutica nel trattamento dei disturbi mentali dell’infanzia e dell’adolescenza.
f) Rafforzare i programmi di lotta allo stigma e al pregiudizio nei confronti delle patologie mentali.
g) In ultimo, è importante migliorare l’adesione alle cure e la capacità di presa in carico dei pazienti che rifiutano il trattamento».
«Per tale tipo di pazienti, particolarmente problematici – dice ancora il ministro -, è ipotizzabile l’individuazione di strutture residenziali ad hoc, in numero limitato, comunque dimensionate in rapporto alle evidenze epidemiologiche. Queste residenze devono uniformarsi agli standard delle comuni strutture residenziali psichiatriche, con un numero limitato di posti letto, ma con operatori specificamente formati e con un elevato ed intensivo livello assistenziale, adeguato alle necessità dei pazienti da trattare».
«Alla luce di quanto detto – spiega Fazio – mi pare evidente che le criticità segnalate non testimoniano un fallimento della legge di riforma, ma la necessità di un monitoraggio costante del funzionamento della rete dei servizi, pubblici e privati accreditati, per diminuire soprattutto le differenze di presa in carico nel territorio nazionale».
«Di contro, non c’è evidenza alcuna, scientificamente documentata, che la riforma abbia comportato un aumento, rispetto al passato, di azioni delittuose commesse da soggetti con disturbi mentali, in cura nei servizi psichiatrici».
Quella della responsabilità è una delle questioni più controverse sul tappeto. Secondo Lei – vista la tendenza in atto nelle aule dei Tribunali – va confermata la cosiddetta “posizione di garanzia” degli psichiatri non solo nei confronti della società, ma anche rispetto ai comportamenti dei pazienti e della loro pericolosità?
«Gli psichiatri, in quanto medici – riprende il ministro della Salute -, sono responsabili della diagnosi, cura e riabilitazione dei pazienti presi in carico, adottando tutte le misure ritenute efficaci, ivi compresi i trattamenti obbligatori, in presenza di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non siano accettati dall’infermo».
Esiste all’estero un modello cui ispirarsi per migliorare il quadro assistenziale nazionale?
«Assolutamente no. L’Organizzazione mondiale della Sanità – conclude Fazio – ha più volte additato il modello italiano di psichiatria di comunità come esempio di riferimento per la tutela della salute mentale della popolazione».
(di Alfio Di Marco, da La Sicilia del 17.04.2010)