Un incontro tra psichiatria e società civile intorno alle politiche della salute mentale. In quelle tre giornate abbiamo ridato valore alla parola ‘politica’ in senso alto, mettendo al centro della discussione non solo la cura ma anche l’impegno civile ed etico. Anche per non sprofondare nelle nostre istituzioni psichiatriche (Centri di salute mentale, Servizi psichiatrici di diagnosi e cura, Comunità) che diventano sempre più chiuse e sempre meno negate.
Abbiamo guardato alla nostra storia che ha portato ad approvare la legge più rivoluzionaria del mondo.
Queste battaglie, ci siamo detti, sono state fatte e vinte, e tuttavia a tutti sembra di respirare un vento di regressione, con la sensazione di essere salmoni in mari diversi che nuotano in senso contrario, anche se ostinato.
Finalmente, nelle giornate di Pistoia mi sono sentita a casa. Eravamo una moltitudine di anime che confrontandosi, non si sentivano più abbandonate e perse.
Nella quotidianità, la dove le culture coercitive dominano il campo è difficile lottare da soli. Ti dicono che sei idealista, che hai perduto il contatto con la “verità”.
Ma quale verità?
La verità dei falsi profeti della psichiatria che, come diceva Basaglia, con le loro classificazioni e definizioni impediscono la cura e la possibilità di avvicinarsi all’altro e di comprendere il dolore di quell’esistenza. I “miti sacri” della psichiatria: le porte chiuse, la contenzione, l’elettroshock, le psicofarmacologie obbligatorie, i tso preventivi e la pericolosità sociale; una grande famiglia a cui si aggiungono altri miti appena nati, le R.e.m.s.
In queste giornate costruite anche da diverse voci fuori dalla psichiatria, abbiamo detto e lo ripeteremo all’infinito che queste pratiche non ci appartengono e non vogliamo essere l’avamposto del controllo sociale.
Anche noi in quella sala calda ci siamo sentiti di far parte di quella “società pericolosa” che si vuole rinchiudere, ci siamo sentiti dalla parte degli esclusi.
Ora consapevoli del nostro pensiero comune continueremo come “Forum” a portare avanti le nostre culture e tornando nei “Terricomi” quotidiani potremo dire ancora più forte che quelli che incontriamo sono per noi viandanti e compagni di viaggio da accogliere e accompagnare nel lungo e difficile percorso della cura, non sono diagnosi ma persone.
Che vogliamo servizi territoriali aperti 24 h , più risorse, SPDC con le porte aperte e più nessun “luogo” di coercizione chimica, fisica e psicologica.