MarcoCavallo

in una lezione agli infermieri, nel 1979 – un anno dopo l’approvazione della legge 180 in tema di “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori” – Franco Basaglia dichiarò alla platea che lo ascoltava, con interesse e passione, come “aprire l’Istituzione non è aprire una porta, ma la nostra testa di fronte a ‘questo’ malato”.
Il 2018 vede la ricorrenza dei quaranta anni dalla promulgazione di una legge storica, che oltre a cambiare l’approccio ha mutato, in meglio, il destino di centinaia di pazienti ai quali viene restituito un diritto alla dignità.
Il rispetto dei diritti della persona, concetto basilare da cui parte l’intera rivoluzione di Franco Basaglia, condotta grazie al supporto dell’Associazione Psichiatria Democratica da lui fondata, getta nuova luce sulla ‘follia’, rifuggendo invece la logica manicomiale repressiva e puntando sull’assistenza territoriale.
In una pubblicazione capitale, ‘Che cos’è la Psichiatria’, risalente al 1967, Basaglia spiega in parole semplici come non si possa restare a modelli antiquati e come il concetto di critica debba prevalere, anche in una disciplina scientifica, scardinando – o quasi – il confine tra l’arte e il protocollo clinico: “In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d’essere”.Una presa d’atto di uno stato mentale che non si può né eliminare, né ignorare, e soprattutto da non tradurre per mezzo della scienza in una operazione svuotata di umanità. Humanitas, parola cara alle lettere greche, latine e italiane ma anche ad Ippocrate, un manifesto per un giuramento che nel 1978 trova nuovi argomenti.
Proprio sull’asse medicina/arte, strettamente interconnesso anche per i benefici che la conoscenza, con il suo potere terapeutico, apporta ai pazienti, nasce il progetto de ‘La rivoluzione della pancia di un cavallo’. Uno spettacolo che abbina parti narrate, spiccatamente teatrali, a musiche e testi inediti, con un cast di musicisti e attori professionisti diretto dall’ideatrice, cantautrice e psicoterapeuta Daniela Di Renzo.
La data zero, in prima nazionale, è fissata per il 25 marzo 2018 al Teatro Tognazzi di Velletri. Per ragionare, in un contesto differente rispetto ad un’impostazione cattedratica, sull’impatto sociale della riforma promossa, che ha virato completamente gli studi e gli approcci verso una lettura fenomenologica della malattia mentale.
“Si raccontano tracce di storie giocate tra il reale e l’immaginario”, si legge nella sinossi ufficiale, presente sul sito del progetto www.larivoluzionenellapanciadiuncavallo.com. “In scena, una sola attrice rappresenta più ruoli, ognuno di essi giocati sulla linea di confine che separa la ‘normalità’ dalla follia. La musica ha un ruolo centrale, interamente scritta per lo spettacolo”.
Lo spettacolo si avvale del supporto dell’Associazione Psichiatria Democratica, direttamente coinvolta in qualità di partner del progetto, dell’Associazione Memoria ’900, e del CSM di Tor Marancia, nonché della Cooperativa Integrata Radio Fuori Onda. Se una delle affermazioni più celebri dello psichiatra Basaglia recita che c’è un altro modo di affrontare la questione, anche la trasposizione artistica delle rivoluzionarie pratiche di psichiatria critica in Italia rappresenterà una maniera diversa e forse più efficace per ritornare a ragionare su una riforma, quella della Legge 180, che oggi non ha perso neanche un minimo della sua attualità.
Rocco Della Corte
Progetto “La rivoluzione nella pancia di un cavallo”
Articolo ->http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=59055

Dieci anni di 180. “La rivoluzione nella pancia di un cavallo”

15 FEB – Gentile Direttore,
in una lezione agli infermieri, nel 1979 – un anno dopo l’approvazione della legge 180 in tema di “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori” – Franco Basaglia dichiarò alla platea che lo ascoltava, con interesse e passione, come “aprire l’Istituzione non è aprire una porta, ma la nostra testa di fronte a ‘questo’ malato”.

Il 2018 vede la ricorrenza dei quaranta anni dalla promulgazione di una legge storica, che oltre a cambiare l’approccio ha mutato, in meglio, il destino di centinaia di pazienti ai quali viene restituito un diritto alla dignità.

Il rispetto dei diritti della persona, concetto basilare da cui parte l’intera rivoluzione di Franco Basaglia, condotta grazie al supporto dell’Associazione Psichiatria Democratica da lui fondata, getta nuova luce sulla ‘follia’, rifuggendo invece la logica manicomiale repressiva e puntando sull’assistenza territoriale.

In una pubblicazione capitale, ‘Che cos’è la Psichiatria’, risalente al 1967, Basaglia spiega in parole semplici come non si possa restare a modelli antiquati e come il concetto di critica debba prevalere, anche in una disciplina scientifica, scardinando – o quasi – il confine tra l’arte e il protocollo clinico: “In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d’essere”.

Una presa d’atto di uno stato mentale che non si può né eliminare, né ignorare, e soprattutto da non tradurre per mezzo della scienza in una operazione svuotata di umanità. Humanitas, parola cara alle lettere greche, latine e italiane ma anche ad Ippocrate, un manifesto per un giuramento che nel 1978 trova nuovi argomenti.

Proprio sull’asse medicina/arte, strettamente interconnesso anche per i benefici che la conoscenza, con il suo potere terapeutico, apporta ai pazienti, nasce il progetto de ‘La rivoluzione della pancia di un cavallo’. Uno spettacolo che abbina parti narrate, spiccatamente teatrali, a musiche e testi inediti, con un cast di musicisti e attori professionisti diretto dall’ideatrice, cantautrice e psicoterapeuta Daniela Di Renzo.

La data zero, in prima nazionale, è fissata per il 25 marzo 2018 al Teatro Tognazzi di Velletri. Per ragionare, in un contesto differente rispetto ad un’impostazione cattedratica, sull’impatto sociale della riforma promossa, che ha virato completamente gli studi e gli approcci verso una lettura fenomenologica della malattia mentale.

“Si raccontano tracce di storie giocate tra il reale e l’immaginario”, si legge nella sinossi ufficiale, presente sul sito del progetto www.larivoluzionenellapanciadiuncavallo.com. “In scena, una sola attrice rappresenta più ruoli, ognuno di essi giocati sulla linea di confine che separa la ‘normalità’ dalla follia. La musica ha un ruolo centrale, interamente scritta per lo spettacolo”.

Lo spettacolo si avvale del supporto dell’Associazione Psichiatria Democratica, direttamente coinvolta in qualità di partner del progetto, dell’Associazione Memoria ’900, e del CSM di Tor Marancia, nonché della Cooperativa Integrata Radio Fuori Onda. Se una delle affermazioni più celebri dello psichiatra Basaglia recita che c’è un altro modo di affrontare la questione, anche la trasposizione artistica delle rivoluzionarie pratiche di psichiatria critica in Italia rappresenterà una maniera diversa e forse più efficace per ritornare a ragionare su una riforma, quella della Legge 180, che oggi non ha perso neanche un minimo della sua attualità.

Rocco Della Corte
Progetto “La rivoluzione nella pancia di un cavallo”

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