Ferruccio Pinotti – La lobby di Dio
La lobby di Dio. Fede, affari e politica. La prima inchiesta su Comunione e liberazione e la Compagnia delle opere
Ferruccio Pinotti
Chiarelettere 2010, 464 pp., 16,60 euro
ISBN 978-88-6190-093-6
Ferruccio Pinotti è già stato autore, nel 2006, dell’interessante Opus Dei segreta. Cominciando a indagare su Comunione e liberazione, si è però presto reso conto che, rispetto all’Obra, CL è un movimento ecclesiale ancora più potente, quantomeno in Italia. Non è affatto un caso che il sottotitolo ponga sul suo stesso piano la Compagnia delle Opere: gli affari e la politica prevalgono ormai nettamente sulla fede. Anche il tanto celebrato Meeting di Rimini non è, in sostanza, altro che una manifestazione che «ruota tutta intorno ai soldi»: riscuote attenzione soltanto perché, come i libri di Bruno Vespa, tutti vogliano apparirvi. Ma non ha quasi nulla di interessante da dire.
Tutto, in CL, gira attorno all’economia: «meno Stato, meno mercato» potrebbe essere il vero slogan di CL, che pure in teoria sostiene (ma nella pratica non applica) il motto «più società, meno Stato». In Lombardia, la regione guidata da Roberto Formigoni, divenuta ormai il laboratorio politico-economico del movimento, la società civile non ciellina non esiste praticamente più, e anziché «privatizzare il pubblico, si statalizza il privato, centralizzandone il controllo», rileva Pinotti. Il tutto in nome della sussidiarietà, concetto ripetuto come in un rosario per delegare sempre nuove funzioni all’associazionismo: soltanto il loro, però. «La sussidiarietà orizzontale di marca ciellina rappresenta la mano dello Stato sul mercato, che non si limita a regolare, ma determina i vincitori stroncando la concorrenza», scrive Pinotti: «nell’interpretazione ciellina della sussidiarietà, l’iniziativa privata non è solo indirizzata: i soggetti in campo sono scelti dalla politica».
Un meccanismo ormai oliato, specialmente in campo sanitario. Lo spostamento dell’offerta di prestazioni dal pubblico al privato è pagato dai cittadini, sia in quanto contribuenti della Regione, sia in quanto utenti del servizio, sia ancora in quanto finiscono per usufruire in misura crescente di ricoveri e interventi inutili, se non addirittura controproducenti. Chi ne trae giovamento? La maggioranza degli ospedali pubblici lombardi è diretta da uomini di CL, la maggioranza di quelli privati aderiscono alla Compagnia delle Opere. La costruzione di nuovi ospedali o la ristrutturazione di quelli vecchi sono realizzate in prevalenza da aziende della o vicine alla CdO. Sempre alla CdO afferiscono la gran parte delle aziende che curano i servizi accessori (mense, pulizia, fornitura di farmaci e arredamenti). Molte di queste aziende non nascono con capitali propri, ma sono finanziate dalla Regione (guidata da CL), da finanziarie pubbliche (come la Finlombarda, diretta da un ciellino) o da banche ‘amiche’ (i cittadini clienti di tali istituti pagano dunque un ulteriore obolo alla causa del movimento). Le neonate aziende cercano il personale soprattutto attraverso il matching, un appuntamento presso la Fiera di Milano (ente pubblico a lungo guidato da uomini vicini a CL) dove la richiesta di personale delle aziende della CdO ‘incontra’ l’offerta rappresentata dai giovani di CL. L’assunzione, sostiene un ex dirigente, è subordinata al voto a favore di politici di CL, che potranno così continuare a dirigere la Regione: e il ciclo politico-economico ricomincia in assenza di qualunque controllo (che spetterebbe, in primis, proprio alla Regione).
Il raggio di azione non è ormai limitato alla Lombardia. Si prenda la nuova Casa dello studente a L’Aquila. Il terreno prescelto per ospitarla è della diocesi: sarebbe a vincolo agricolo, ma si ottiene rapidamente un cambio di destinazione d’uso. Per la sua costruzione la Lombardia eroga un finanziamento, in ‘cambio’ il comodato d’uso della Casa viene assegnato a una fondazione ciellina. I posti-letto sono assegnati senza bando o graduatoria, e sono quindi arbitrariamente assegnabili agli studenti più vicini al movimento.
Nemmeno la mafia ha un potere diretto così invasivo: per trovare qualcosa di simile bisogna riandare allo Stato pontificio dell’Ottocento o, se si vuole restare all’oggi, alla Cina. Il tutto in nome del volontariato: ma, si chiede giustamente l’autore, «senza i soldi dei cittadini e le decisioni della politica di marca ciellina, quanto di tutto questo sarebbe nato e cresciuto spontaneamente?»
Aggiungiamoci anche i soldi degli imprenditori, più o meno tutti assai soleri ad accorrere al Meeting per celebrare le gesta di CL. Certo è che il ruolo del potere politico, come emerge sempre quando si cerca di individuare le ragioni del successo delle organizzazioni religiose, si è rivelato ancora una volta fondamentale. Un sostegno bipartisan, quello ricevuto da CL: pronta a sganciarsi dalla DC quando stava morendo, e lesta a salire sul carro di Berlusconi (che aveva già, in precedenza, coperto le perdite del Sabato e della CdO), ma senza tralasciare di cercare buoni rapporti con la Lega (sempre in nome della sussidiarietà) e senza dimenticare la sinistra, garantendo un sostegno esplicito a sindaci come Renzi e Zanonato e facendo accordi con le Coop rosse. Ma, soprattutto, trovando in Pier Luigi Bersani un amico sempre presente al Meeting, un uomo che ha sostenuto che la vera sinistra nasce «dalle cooperative bianche dell’Ottocento». Da un segretario del PD ci si aspetterebbe una maggiore conoscenza della storia da cui proviene: anche se è facile pensare che la sua sia stata soltanto una frase a effetto per ingraziarsi l’uditorio, resta il mistero su cosa possa pensare di ottenere (e quali voti laici pensa ancora di continuare a ricevere) alleandosi con una realtà schiettamente integralista.
Il movimento riceve solo raramente critiche: del resto, anche i giornalisti legati al movimento hanno fatto una carriera rapidissima, e ora possono spesso controllare la carriera dei colleghi sgraditi. La Corte dei Conti ha provato a suonare l’allarme, ma senza risultati. Nessuno sembra voglia inimicarsi il ‘popolo’ di CL. Molti preferiscono invece mitizzarlo, anche quando i giovani che ne fanno parte si rivelano essere spesso persone fragili, senza amici, alle prese con autentiche sofferenze esistenziali. Giovani che trovano in CL un ambiente di socializzazione, e che non hanno poi quasi mai la forza di allontanarsene anche quando si rendono conto dei danni provocati da un’appartenenza che, nei Memores Domini, raggiunge forme di vero e proprio totalitarismo. Chi fa parte di questo gruppo deve essere casto, donare tutti i propri averi all’organizzazione e obbedire al capo-appartamento rendendogli conto di tutto, come se fosse Cristo. Una classica mentalità settaria, che in nome della valorizzazione dell’individuo ne annichilisce completamente la personalità.
In un sistema di questo genere che ruolo potrà mai avere la fede, il coerente rispetto dei valori cristiani? Nessuno. L’ex segretario DC Mino Martinazzoli ha avuto buon gioco a prendere in giro le «capacità redentive» di CL: «puoi essere un corruttore, un tangentista, un terrorista, ma se vai da loro e scopri l’incontro con Gesù potrai tranquillamente entrare nella sua orbita». Gli scandali che coinvolgono suoi esponenti sono numerosi, ma nessuno sembra farci più caso. Come dunque stupirsi del silenzio sugli scandali sessuali che hanno coinvolto Silvio Berlusconi, principale referente politico, e del fatto che, in tv, la sua difesa sia stata curata preferibilmente dal ciellino Lupi? Il Vaticano fa del resto lo stesso, «contestualizzando» le bestemmie del premier. L’attuale leader del movimento, il sacerdote spagnolo don Julián Carrón, non lo conosce nessuno, né quanto scrive e dice suscita un particolare interesse perfino all’interno di CL. Il gergo contorto in uso nel movimento è incomprensibile anche a molti fedeli cattolici, che guardano ai ciellini con sufficienza. L’unico legame con la fede rimane ormai l’aggressiva politica contro la libertà di scelta condotta negli ospedali controllati.
CL si sente tuttavia talmente forte da puntare ormai direttamente alla presidenza del Consiglio con Roberto Formigoni e al papato con il patriarca di Venezia, Angelo Scola. Chissà, potrebbe forse essere la volta buona per vedere il Vaticano quotato in Borsa.
Raffaele Carcano