Cosa attendersi dal nuovo corso politico
di Pietro Pellegrini
Note a margine dell’incontro del Forum salute mentale del 28 novembre 2022
Parresia: il coraggio di dire la verità. Fare l’esame di realtà
L’attuale situazione è frutto di un grave deficit dell’esame di realtà, una condizione che non consente di cogliere le differenze fra mondo interno ed esterno.
- a) Un esempio di perdita dell’esame di realtà sono le recenti elezioni politiche affrontate e perdute dai partiti “progressisti” in quanto incapaci di comprendere la legge elettorale e le sue conseguenze mantenendo costantemente l’attività incentrata sui propri vissuti, ragioni, narcisismi, sul presente e non sul futuro. L’esame di realtà su questo punto non è stato fatto.
- b) Pur essendovi un prevalente riferimento alla sinistra, l’esame di realtà evidenzia quanto sia complesso e controverso il rapporto del movimento psichiatrico con la politica e i partiti.
E’ una realtà storica che la 180 e la 833 siano leggi nate nell’alveo di un percorso riformatore che ha portato a statuto dei lavoratori, abolizione di scuole speciali, di istituti per minori, divorzio, tutela e interruzione della gravidanza. Tutti temi che oggi sono di nuovo in discussione seppure in forme con intensità diverse. Nulla può essere dato per consolidato in quanto si assiste a una crisi profonda della Costituzione, del patto sociale, sul quale si basa il welfare pubblico universale.
- c) L’esame di realtà non si è manifestato, al di là delle affermazioni, nemmeno di fronte alla pandemia che richiedeva una svolta nelle politiche di welfare, ambientali, energetiche. Dopo il trauma e lo sconcerto tutto è continuato come prima. Lo testimonia il PNRR, dove il finanziamento per la sanità e il sociale è meno del 10% e il DM 77/2022 che nemmeno cita la salute mentale.
Le azioni intraprese sono state deludenti, non strutturali ma transitorie. Del tutto insufficiente il finanziamento ben lontano dal 5% e così la dotazione di personale.
- d) L’esame di realtà porta a constatare che il riferimento alle forze del “campo progressista” non è affatto garanzia di una loro maggiore attenzione alla salute mentale che ha componenti pre politiche e profondamente umane. E’ su questi elementi che si riscontrano sensibilità molto differenti nel e tra i diversi schieramenti.
Nonostante diversi anni di governo di centro sinistra, di indubbie sensibilità (compresa la Conferenza nazionale sulla salute mentale ecc.) è andata delusa l’attesa di un significativo finanziamento del welfare, di un superamento del tetto per il personale, di un piano attuativo della legge 180 in grado di dare riferimenti precisi a tutte le regioni. Un argine rispetto a un localismo (l’autonomia differenziata si è realizzata) che fa sì che i servizi possano essere rimodulati (e ristretti) a seconda delle decisioni delle singole aziende sanitarie. Non è stato modificato il codice penale del 1930, in tema di imputabilità, pericolosità sociale, misure di sicurezza, non si è riformata la legge sulle droghe.
La salute mentale, al momento, non porta consenso elettorale e anche laddove il sostegno alle politiche psichiatriche è stato significativo vi sono state brucianti sconfitte.
- f) Fare l’esame di realtà porta a vedere una spinta alla neo-istituzionalizzazione. L’Istat segnala che al 31 dic. 2020 erano attivi 12.630 presidi residenziali co 411.992 posti letto, pari a circa 7 per mille residenti, che diventano 9,9 al Nord e 3 al Sud.
La gran parte degli ospiti è anziana mentre gli adulti (18-64 anni) sono 68.436 e e hanno disabilità, disturbi psichiatrici e tossicodipendenza. 18.772 minori sono ospiti di strutture residenziali.
Il 92 % delle strutture è organizzata secondo il modello comunitario e solo il rimanente come “alloggi”. Esse sono per il 75% a gestione privata e occupano 343 mila lavoratori e 35 mila volontari.
Un sistema cresciuto ovunque, meno al Sud, come espressione di una crisi del welfare familiare e al contempo della incapacità politica e tecnica di promuovere, in ogni fase della vita e a prescindere dalla salute, una piena partecipazione alla comunità sociale.
- g) Fare l’esame di realtà su carcere e migrazioni. Le differenze politiche pur esistenti, fanno molta fatica a tradursi in azioni stabili di valorizzazione delle persone e di (re)inclusione sociale. Una visione custodiale e poco inclusiva sembra trasversale agli schieramenti, e per diverse ragioni i diritti come ius soli ecc non sono ancora stati approvati.
Circa 56 mila persone sono negli Istituti di Pena dai quali viene il drammatico allarme costituito dai suicidi (da inizio 2022: 80 nei detenuti e 5 negli agenti). Le pur apprezzabili azioni del ministro Orlando (Stati generali) e della ministra Cartabia hanno segnato linee (misure alternative, giustizia riparativa) che faticano ad affermarsi.
L’esame di realtà richiede di vedere l’invisibile, gli abbandonati, le persone chiuse in casa, la solitudine e la povertà e la disperazione delle famiglie.
- h) Se la continuità tra salute e malattia è uno dei cardini del movimento riformatore, se la malattia è parte della salute il crearsi di una netta discontinuità tra salute e malattia, tra chi può lavorare e chi no, tra chi sulla base del funzionamento (ma anche in base a condizioni giuridiche ecc,) può partecipare o essere escluso mette a rischio la visione dell’inclusione come riferimento universale per tutte le persone e i viventi.
Si è incrinato il principio dell’universalismo in favore di una cultura dell’individualismo (e non della soggettivazione) e della permanente instabilità in tutti gli ambiti ai quali le persone “debbono” adattarsi e se vi non riescono sono escluse, assistite se va bene o abbandonate a sé stesse, come vite di scarto. Il terzo escluso rischia di diventare la maggioranza abbandonata e deviante.
- i) L’esame di realtà sulle quotidiane attività dei servizi evidenzia un grande sforzo degli operatori, impegnati nel lavoro di Sisifo, le sofferenze dei pazienti e le difficoltà delle famiglie in comunità non accoglienti, quando non apertamente ostili, abbandoniche e razziste. Una situazione che spesso spinge verso l’esclusione delle diversità, la loro segregazione e a un grande stigma. Una recente ricerca DOXA sulla salute mentale per il Festival RO.MENS ha evidenziato che “oltre la metà della popolazione (65%) ritiene le persone con disturbi mentali pericolose per sé, quasi la metà (48%) pericolose anche per gli altri, con la possibilità di diventare facilmente aggressive e violente (55%), non rispettose delle regole sociali condivise (49%)”. Nonostante gli sforzi viene da pensare che siamo comunque una minoranza.
- l) La riforma ha portato alla decisione di fare a meno di Ospedali Psichiatrici civili e giudiziari incentrando tutto il sistema di cura sulla comunità; si sono affermati i diritti delle persone con disturbi mentali che, tuttavia sono ancora discriminati rispetto agli altri cittadini.
Si è dimostrato che “l’impossibile è possibile”: si può fare a meno degli OP e OPG e le persone con disturbi mentali possono vivere nella comunità. Ma i contenitori, gli istituti, la coercizione e la contenzione possono tornare in forma “pulita”, corretta, secondo parametri di accreditamento e linee guida.
- m) Se in tutto il Paese si sono evidenziate le carenze di personale, della sua formazione e di investimenti, spesso non si coglie che i Centri di salute mentale sono strutturalmente insufficienti a far fronte alla domanda (15-20% della popolazione soffre di disturbi mentali e i DSM non arrivano al 2% di presa in cura).
Occorre chiedersi come colmare questo divario, quali interventi attuare con i giovani, prevenire i disturbi e i suicidi (quasi 4.000 l’anno).
- n) Ora cosa attendersi con il nuovo corso politico? Torneremo a discutere della 180 per andare oltre o per tornare indietro e riaprire la questione delle istituzioni? Alla luce delle precedenti esperienze di governi di destra nazionali e di quelli regionali dobbiamo pensare a nuove strutture residenziali magari con 40 o più posti? A forme di TSO territoriali/residenziali protratti? A patti di “rifioritura” o altre forme di coercizione “benigna” da estendersi progressivamente tramite amministratori di sostegno o giudici? A bonus psicologi ampliati e altri voucher? Di nuovo verrà messa in dubbio l’accoglienza dell’Altro, la sua umanità, sia esso naufrago, migrante o semplicemente diverso?
Il tema dei diritti delle persone con disturbi mentali verrà fortemente subordinato al nuovo “patto sociale”? Magari con il sostegno di professionisti, familiari e opinione pubblica che non vuole “disturbanti”? Dalla psichiatria verrà preteso un ruolo custodiale che metta fine al dilemma cura-controllo? Una psichiatria subordinata alla magistratura, più impegnata nell’ordine pubblico che nelle terapie e nella protezione della società dai malati? Per il loro bene, s’intende! Per sollevare le famiglie… E che fare per chi usa sostanze, dopo quasi trent’anni di “guerra alla droga”? Con le carceri sovraffollate…
Preoccupa la sentenza 22/2022 della Corte Costituzionale che vede come obbligatorie e coercitive misure di sicurezza detentive e al contempo dispositivi di cura per le persone con disturbi mentali autrici di reato, per le quali non dovrebbero valere la legge 219/2017 sul consenso informato e la 18/2009 che ratifica la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità.
Preoccupano anche le disposizioni amministrative che privano della libertà le persone in assenza di reati ma in relazione alla loro condizione di migranti e domani… perché affette da disturbi mentali.
- o) In un contesto culturale e sociale oscillante tra le richieste custodiali e quelle abbandoniche, l’esame di realtà indica che operare per l’inclusione è molto difficile, specie a fronte di una riduzione dei diritti (al lavoro, minimo vitale, casa) e ad un impoverimento sia di mezzi e risorse umane in difficoltà per i limiti del sapere e delle possibilità tecniche a fronte di casi cronici, polipatologici, spesso abusatori di sostanze e resistenti ai trattamenti.
Cosa fare?
1) Serve un’azione culturale e politica che sappia sostenere in ogni contesto una visione olistica che colga la rilevanza e l’interazione reciproca di fattori biologici, psicologici, sociali, culturali e ambientali.
Tramite un protagonismo e l’alleanza di tutte le componenti, psichiatri, utenti, familiari e cittadini occorre spostare l’attenzione dai servizi ai determinanti sociali e agire insieme ad ogni persona nella comunità.
Occorre agire sui microdeterminati sociali della salute. In questa situazione occorre rilanciare i “patti sociali”, portare avanti le buone pratiche e coltivare i principi e le culture della 180 e va contrastata la via della neoistituzionalizzazione o dell’abbandono.
2) Affiancare e sostenere la rete dei servizi che, anche se indebolita, riesce a tenere un livello significativo di presidio del territorio. Malgrado tutto gli operatori della salute mentale, in questa nuova stagione politica, anche a fronte di un ricambio generazionale, impegnano le loro intelligenze, competenze e patrimonio etico e sono in grado con orgoglio di mediare tra le diverse istanze, di tenere il dialogo aperto, di infondere speranza e costruire percorsi di recovery. Occorre l’orgoglio e il coraggio della ricerca, della creatività e dell’innovazione. L’impresa sociale e i Budget di salute sono fondamentali non solo per costruire rete e comunità ma anche per riflettere su salute malattia, norma e devianza. Formazione e partecipazione sono essenziali per creare le culture professionali del futuro.
Nonostante si chiedano più fondi in questa fase è essenziale preservare il finanziamento per fermare la contrazione dei servizi ponendo limiti all’autonomia regionale in modo da garantire l’uguaglianza tra cittadini; mantenere la centralità del servizio pubblico fermando la privatizzazione e favorendo la riconversione della residenzialità.
3) Gli approcci olistici (One Health, planetary health) sono fondamentali affinché la salute mentale diventi una componente essenziale della salute e quindi competenza di tutti, in primis i medici e gli operatori sanitari e sociali ma riguarda l’intera comunità, politica inclusa.
Occorre fare sì che la 180 diventi un patrimonio comune, una conquista basilare della nostra società. La psichiatria è una pratica di cura e ne vanno difese le condizioni, anche di fronte alla politica e alla magistratura. Va riconosciuto a tutti pienezza di diritti e doveri. La libertà, la responsabilità e la speranza sono terapeutiche, se indivisibili e sempre rispettate.
4) Sostenere i diritti e valorizzare le persone. Il diritto all’autodeterminazione va affermato e va creata una cornice ancora più garantista per il TSO, per l’attività nei contesti “sensibili” come carceri, centri di accoglienza.
Affrontare i determinanti sociali della salute: povertà, solitudine, violenze, abbandono in una società competitiva e talora rifiutante se non ostile e razzista.
5) Il richiamo alla politica e alla cultura è essenziale e deve essere multilivello: da quello nazionale, regionale e locale. Ogni comunità deve comprendere qual è lo stato della salute mentale, del benessere sociale, della sicurezza, tutti temi legati tra di loro. In altre parole deve essere in grado di comprendere come vivono concretamente le persone e le loro famiglie sempre più piccole, fragili e povere. Deve riflettere sul suo capitale sociale, costruirlo e aumentarlo.