É memoria il volto di Federico. Nato a Budagne, di origini slave, bambino ha lavorato in miniera. Deportato dai nazisti a Dachau, dopo la liberazione Miro raggiunse il campo profughi di Aversa, dove poi è restato, per oltre trent’anni, internato in manicomio.
Sono luce gli occhi di Federico.
Alla chiusura del manicomio, trasferito in un “istituto”, un altro lager. Miro ha ritrovato un luogo, un posto nel mondo, solo negli ultimi anni di vita, nella comunità “Alberto Varone”, a Maiano di Sessa Aurunca.
Non leggerai in queste pagine la vita di Federico, però ci siamo messi in cammino al suono di una foglia. Miro la portava alla bocca ed iniziava la melodia, a costruire orizzonti di città invisibili.
Il dovere di seguire un miraggio, null’altro è questo viaggio donchisciottesco in sella a un ronzinante di carta ed inchiostro. Nascono così cartografie di spazi altri, di eterotopie, di luoghi abitati da chi, per sopravvivere, deve farsi camaleonte davanti a uno specchio, ma la rifrazione di luce non dà pace alla fatica di mimesi e contorsione.
L’ultimo specchio è la Parola, ritrae i narratori, e, se vorrai, il lettore. Quando ci saremo scoperti noi stessi camaleonti davanti a ferite che non sappiamo sanare, allora riprenderemo il cammino, dal vulcano fino al mare, cercando la mano dell’amico, del compagno, del fratello, per tenerci nello sguardo, trovare riparo, ciascuno, alla propria fragilità.
Il disegno, opera di Sergio Cennini, è la copertina del libro “Come camaleonti davanti allo specchio. La vita negli spazi fuori luogo“, Ad est dell’Equatore 2013, story telling che raccoglie gli scritti di Luigia Melillo, Antonio Esposito, Giovanni Carbone, Elena Cennini, Fulvio Battista, Lesko Sobol Oksana, Mario Leombruno, Luca Romano, Tonia Limatola,Claudia Procentese, Ciro Marino, Imma Carpiniello, Stella Cervasio, Dario Stefano Dell’Aquila, Paola Perretta e Fabrizio Geremicca