Una relazione molta lunga a firma mia e di Franco Rotelli, condivisa da tutti, offre informazioni per cogliere il senso e valutare quanto sta accadendo. Richiede un po’ di pazienza da parte vostra. La preoccupazione che tutti viviamo, deriva dal vedere all’opera un governo regionale e aziendale  che ha programmato e vuole portare a termine la disarticolazione di un sistema sanitario pubblico tra i più efficaci, sostenibile e vicino ai cittadini.

Voglio anche ribadire che Trieste ha radici forti, operatori, tutti, straordinari, persone, a vario titolo coinvolte, attente e consapevoli. E ancora, che il lavoro andrà avanti ne siamo certi. Con più fatica del solito. Malgrado gli attacchi che subisce da quattro anni da politiche regionali nel campo della salute mentale che sono di fatto contrarie alle culture e alle pratiche originate proprio in questa regione, a Gorizia e a Trieste.

Antefatto

Da circa quattro anni, correva l’anno 2009, l’Azienda per i Servizi Sanitari n.1, ma in particolare il Dipartimento di salute mentale,vive una condizione di progressiva e sempre più esplicita aggressione, con forte limitazione del suo agire.

L’attacco è stato fin dall’inizio particolarmente violento sul versante ideologico. All’origine fuvoluto, per ammissione dello stesso neo-Direttore Generale dell’ASS n.1, Fabio Samani, dall’assessore regionale alla sanità Kosic, che invocava una discontinuazione dei 40 anni di “dominiobasagliano”. Egli, mentre per altri versi dichiarava immenso il contributo di Franco Basaglia (ricordate il mausoleo di Lenin?) per lo sviluppo della salute e della salute mentale, del diritto dei soggetti deboli ivi compresi i portatori di disabilità, contemporaneamente relegava in un passato ideologico la storia dell’esperienza, invocando al suo posto un approccio “moderno” in psichiatria. Esemplificando: “Siete stati bravi a chiudere il manicomio, ma ora la psichiatria è un’altra cosa. Ci sono i farmaci, le diagnosi, i letti, i medici di medicina generale, le comunità come nella moderna Lombardia, quella sì. I basagliani triestini devono fare un passo indietro, basta Trieste punto di riferimento dell’antiquariato psichiatrico”. In più occasioni l’assessore ha invitato pubblicamente gli operatori della salute mentale del FVG a dissociarsi dai triestini, a non esserne complici e a “evitare equivoci”. Leggi: a non pensare mai più che quell’esperienza dovesse essere esempio di innovazione e di ricerca.

Lo stesso Direttore Generale dell’ASS1dovette suo malgrado ammettere, con mezze parole, che gli era stato assegnato come suo principale‘mandato’: disarticolare l’azienda per i servizi territoriali triestini, costruiti e fino ad allora diretti da Franco Rotelli, a cominciare con azioni esemplari, dalla salute mentale. Anziché valorizzare, si doveva interrompere, frantumare, minare tutta la fitta e produttiva rete costruita in 40 anni di esperienza.

Più volte il DSM, nel corso del 2010, in estrema urgenza ha dovuto fornire su richiesta della Direzione Generale e dell’assessore le evidenze dei risultati sul piano terapeutico, della spesa e dell’impegno delle risorse umane, delle risorse strutturali e strumentali: “dimostrateci se è vero.. noi non vi crediamo… spendete troppi soldi per risultati equivoci.. lavorate solo con cooperative vostre amiche… date soldi ad associazioni che nulla hanno a che vedere con la sanità (parliamo qui di associazioni sportive, culturali, teatrali..).” Infatti il presupposto, costantemente ribadito in pubblico, e accettato dalla Direzione Strategica, è stato sempre “se mai a Trieste hanno migliori risultati, ciò è dovuto ad una quantità di risorse fuori da ogni scala”. Si deve ricordare che il DSM di TS non è riuscito mai a raggiungere il 5% della spesa sanitaria, mantenendosi quindi al di sotto dello standard previsto a livello nazionale, e comunque non tanto al di sopra delle altre realtà regionali, pur vantando sia indicatori di performance che risultati non paragonabili col resto delle regioni italiane[1].

In questa guerra non dichiarata l’assessore Kosic attivò nel 2009-10 un’ispezione in tutta l’azienda. L’obiettivo palese era mettere in evidenza presunte “anomalie gestionali” specie in ordine allo sviluppo degli interventi, ritenuti di non competenza, a sostegno della vita quotidiana delle persone: abitare, lavorare, mangiare, ricevere le cure nella propria casa. Le conseguenze di quell’ispezione sull’ASS n.1, all’epoca diretta da Franco Rotelli, sono state particolarmente avvertite dal DSM su tre fronti: i budget di salute, ovvero i programmi riabilitativi personalizzati che richiedono per farsi una forte integrazione di risorse diverse, nel senso di un loro depauperamento; l’abitare assistito (nel periodo novembre 2010 – febbraio 2011 il DSM è stato oggetto di un’accurata indagine della Guardia di Finanza sul modo di gestire le risorse dell’abitare, inutile qui riferire del rallentamento dei programmi in un settore vitale e di grande pregio nel lavoro triestino); l’uso dei telefoni cellulari, che strategicamente disposti nelle mani degli operatori avevano prodotto una svolta significativa sul versante della vicinanza e dell’estensione dell’intervento.Su questo fronte di intervento rischiosissimo per gli operatori,la Direzione Strategica è stata assente: tacite accuse e distanza dai luoghi reali del lavoro quotidiano. È parso a molti che la direzione abbia tratto spunto per ulteriormente disabilitare il DSM nelle sue autonome funzioni di governo.

L’indebolimento sistematico del DSM

Sempre più la direzione del DSM é stata sistematicamente scavalcata, anticipata o ignorata rispetto a(centralizzando) decisioni che hanno riguardato la governance della stessa Struttura Operativa nel suo insieme. Ciò ha configurato una grave interferenza e compromissione dell’autonomia operativa, professionale e disciplinare del DSM, che finora ha garantito servizi ai cittadini in modo estensivo e capillare sul territorio, oltre a rappresentare eccellenza riconosciuta dall’OMS di cui è Centro Collaboratore.

A tali atteggiamenti è corrisposto un soffocante restringimento nella gestione delle risorse e comunque una loro estrema e fiscale burocratizzazione. Qui intendiamo quanto in gioco per i Budget di salute / progetti riabilitativi individuali e dunque per l’abitare assistito, per le borse di lavoro, per la formazione, per le attività di socializzazione, in definitiva per tutti gli strumenti attraverso cui si realizza un lavoro di cura, abilitativo e di inclusione sociale di grande valore, con esiti di salute evidenti ed imparagonabili, e che rappresenta uno dei risultati di maggiore pregnanza e di maggiore soddisfazione per utenti, familiari e cittadini.

In progressione temporale, la gestione delle risorse, delle strutture e delle risorse umane è stata avocata dalla direzione strategica. Il DSM è quindi stato posto in una sorta di “amministrazione controllata”.

Il controllo si è manifestato concretamente nell’abolizione della consueta pratica –che è prevista dall’atto aziendale e che è prassi usuale nella gestione aziendale di un dipartimento strutturale – della preventiva negoziazione annuale del budget, assumendo di conseguenza l’uso delle risorse una dimensione complicata e minata nella sua progettualità.  L’assenza di una vera progettazione realizzabile sulla base di una negoziazione di budget ha sottratto di fatto, in maniera non dichiarata, al DSM di Trieste l’attributo di Dipartimento strutturale.

La gestione delle risorse strutturali, che sono di grandissima importanza per il lavoro quotidiano dei servizi (ci riferiamo alla qualità degli ambienti e delle sedi) ha subito un gravissimo arresto. Nel corso di questi anni non è stato operato nessun tipo d’intervento di manutenzione ordinaria significativo, mentre veniva “spacchettato” e quindi sostanzialmente sospeso il contratto di global service che garantiva un pronto intervento. Gli arredi e gli stessi ambienti soggetti a logorio come nel caso dei Centri di Salute Mentale non hanno potuto essere ricambiati o rinnovati, anche con la semplice pitturazione, nei modi che quel tipo di scelta richiede. Anzi lo stesso direttore Samani non perdeva occasione per ironizzare sull’attenzione ai luoghi, all’estetica, al bello. L’acquisto di alcune sedie da sostituire in quanto rotte di un CSM non è stato mai realizzatoe sono state sostituite a casaccio, da resti avanzati.

Al di là dell’attenta passione per il “bello” anche la gestione delle strutture e delle notevoli risorse in conto capitale è finita nella palude. La burocrazia, la regola, la sicurezza al di sopra di ogni utile e concreta realizzazione. In realtà l’uso spregiudicato della burocrazia per fermare, dissuadere, distruggere. Il Centro Diurno di Aurisina, per quanto più volte richiesto dai familiari, non ha ancora visto nessun tipo di ristrutturazione, e più volte se ne è paventata la chiusura. Il Centro di salute mentale di via Gambini e di Barcola si trovano in condizioni molto precarie con lavori rallentati o sospesi.

Analogamente la gestione delle cosiddette “foresterie”, che garantiscono la possibilità di ospitare ogni mese a Trieste dai 5 ai 10 operatori, studenti, stagisti, tirocinanti, che danno un loro importante contributo all’operatività dei servizi, è stata faticosa e sempre minacciata di chiusura, abolizione ed altri provvedimenti. Una delibera che ne dovrebbe regolamentare l’uso non è stata approvata da tempo. Ciò nonostante la rilevanza di tale flusso di visitatori e tirocinanti, provenienti anche da paesi stranieri, che chiedono di poter sperimentare un periodo di pratica nei servizi triestini, riconosciuti dall’OMS come luoghi di formazione alle buone pratiche. Questo comporterebbe comunque un costo limitatissimo.Nonostante ciò, la Direzione Strategica ha deciso di mettere in vendita le foresterie, nonostante l’interesse manifestato da Comune e Provincia di Trieste di inserire il DSM e il centro OMS tra le eccellenze della “città della conoscenza”.

La recente questione della spending reviewrischia di colpire le c.d. esternalizzazioni e quindi anche i budget di salute, con un taglio ai livelli essenziali di assistenza, specie riguardo l’assistenza nelle residenze e nei nuclei di convivenza, che colpisce direttamente l’utenza, le famiglie, gli stessi  operatori del DSM – che vedono aumentare il carico di lavoro – e le compagini sociali, come cooperative ed associazioni, che sono partner del DSM nella loro realizzazione. Il taglio per il 2013 che sembra doversi attestare al 10%, pari a 350.000 euro, non viene contestato dalla Direzione aziendale, sempre “obbediente”, come invece è stato fatto ad esempio dall’ASS di PN che ha cercato di garantire comunque i diversi servizi in quanto LEA; la Direzione triestina non ha preso posizione e non ha neppure considerato il documento sulla questione firmato da tutti i direttori dei DSM regionali.

A fronte della generale contrazione delle risorse, solo l’impegno, veramente straordinario, degli operatori e delle operatriciha contribuito a mantenere un accettabile livello nell’erogazione dei servizi ai cittadini. In particolare a questo proposito bisogna ricordare il controllo e la restrizione delle risorse a disposizione per l’attivazione di partner fondamentali quali associazioni e cooperative sociali, con burocratizzazione estrema dei meccanismi di attribuzione delle risorse, tale da creare disagio molto grave nell’erogazione dei servizi alle persone: borse di lavoro, attività ricreative, capitolati sulle coop, contributi ad associazioni che svolgono attività essenziali per la riabilitazione e l’inclusione. Per ‘disattenzione’amministrativa sono stati altresì persi diversi appalti in precedenza assegnati tramite gara alle cooperative sociali, e molti altri sono a rischio.

Sul piano delle risorse umane, il DSM ha registrato un calo di 25 unità di personale in totale dal 2010 (pari al 13% della forza lavoro). Queste condizioni di generale riduzione avrebbero preteso una vicinanza della Direzione Strategica e un coinvolgimento del DSM stesso nella gestione della particolare contingenza. Tutto questo non si è verificato, anzi frequentemente provvedimenti della Direzione Amministrativa e Sanitaria dell’azienda sono apparsi svalutativi e di scarsa attenzione rispetto al tema centrale dell’erogazione del servizio, in particolare riguardo al nodo delicato del mantenimento del servizio sulle 24 ore.

A fronte di ciò la Direzione Strategica, su suggestione dell’assessore, volle criticare il rapporto di questo DSM con i MMG, facendo proprie critiche pretestuose riguardanti il mancato coinvolgimento dei medici curanti e l’uso non appropriato degli psicofarmaci. Il DSM invece, unico in regione, non solo ha dimostrato il suo rapporto con i MMG, maha attivato i presidi distrettuali di salute mentale, proprio in relazione ad un maggior coinvolgimento del MMG nella gestione dei percorsi di cura. Analogamente, sul fronte dei trattamenti farmacologici, ha reso evidente quanto attento e oculato sia l’uso del farmaco ed eccellente l’adesione alle cure attraverso ricerche ad hoc e dati pubblicati.

Oggi assistiamo con terrore al tentativo della Direzione Generale di avocare a sé e quasi assolutizzare il compito del reclutamento degli operatori, escludendo da una logica e concordata valutazione la Direzione dipartimentale. L’acquisizione non concordata di personale medico (ad esempio due dirigenti medici assegnati alla clinica universitaria per funzioni di dubbia utilità) si è rivelata quanto mai sospetta, in aggiunta al rinvio sine die della sostituzione dei dirigenti medici mancanti, causa pensionamenti e aspettative, e dell’acquisizione di personale infermieristico e di altra professionalità, all’abolizione di posizioni organizzative del comparto.

A ciò si è aggiunta, per i pensionamenti avvenuti nel corso del 2012, la scopertura dei posti di Direzione di 2 delle 6 strutture complesse del DSM (un CSM e il SAR – Servizio Abilitazione e Residenze), oltre alla stessa Direzione DSM, che crea certamente difficoltà di gestione e di progettualità.

E’ stata tanto dannosa quanto incomprensibile la resistenza della Direzione Strategica ad acquisire le indicazioni dello stesso assessorato regionale sul Centro Collaboratore dell’OMS, che è stato confermato, sotto la direzione del dottor Mezzina, per quattro anni nel 2010 con uno status di altissimo rilievo ed un piano di lavoro internazionale di grande portata, che vede corsi di formazione internazionali, il meeting europeo dei Centri Collaboratori, consulenze e visite da rappresentanti di governi europei (Danimarca, Repubblica Ceca, Turchia, etc), collaborazioni in oltre 30 paesi anche fuori dall’Europa. Dopo molte difficoltà, esso ha ricevuto fondi regionali su alcune aree, ma non è stato dall’ASS n.1 riconosciuto quale dovesse essere il suo autonomo contributo in termini di risorse destinate a tali attività, neppure nei termini del pur modesto impegno di ore lavoro e rimborsi missione di alcuni operatori. Per essi si è anzi preteso di recuperare, sottraendola ai fondi disponibili, la c.d. valorizzazione economica delle giornate di missione (!).

Per rendere più comprensibile il clima e l’intenzione di discontinuazione: nel 2008 in occasione dei 30 anni della legge 180, con contributi significativi della Fondazione Cassa di Risparmio  della  Provincia  di Trieste, l’ ASS1 e il DSM, in un cartello di iniziative che chiamammo “ la fabbrica del cambiamento”, avviarono un lavoro difficile di ricerca e catalogazione di materiali cartacei, foto, video film. Nacque “oltre il giardino”, archivio della memoria, esposizione permanente per le scuole, la città, i tantissimi visitatori. Uno spazio in un edificio di San Giovanni e 3 tavoli “touch screen”. Un’impresa che più che di denaro (necessario) ha bisogno di cura. Una delle prime azioni di chiusura. Le ragioni al solito: la sicurezza, l’antincendio, la responsabilità…Lo scorso anno l’organizzazione della terza edizione di “impazzire si può” ha dovuto affrontare non pochi ostacoli per farsi. È sembrato a molti che le difficoltà avessero a che vedere con una domanda della direzione aziendale:” ma cosa c’entra un raduno di persone e associazioni con i programmi di un’azienda Sanitaria?”

La svolta di oggi

Col mio pensionamento, a Roberto Mezzina, sostituto alla Direzione del DSM dal 2007 in poi, Direttore del Centro Collaboratore dell’OMS di Trieste dal 2009 (e già responsabile fin dal 2002 degli aspetti di programmazione, ricerca e formazione nonché degli scambi internazionali), è stato chiesto, con una semplice lettera, di svolgere il ruolo di “Sostituto facente funzioni del Direttore del DSM” fino al 30 giugno 2012. Ciò senza alcuna assicurazione sul futuro, in una condizione di oggettiva debolezza e precarietà, che impedisce di sviluppare una vera programmazione.

A tutto ciò, nel corso del 2012, si è aggiunta l’incerta prospettiva creata dalla c.d. riforma della sanità regionale, che allo stato collocherebbe i servizi triestini in area vasta, e che non ha visto alcun ragionamento di prospettiva, o strategico. L’unico effetto visibile della  riforma che verrà è al momento il rinvio, la giustificazione di scelte che non si fanno. A riprova, per esempio, la mancata tempestiva sostituzione, tra le tante,di due direttori di struttura complessa pensionati, tra cui il direttore del DSM.

In tal modo la discontinuazione della dirigenza del DSM, che l’assessore Kosic aveva a suo tempo invocato, sembra essere stata assunta fino in fondo e perpetrata in questa surreale “epoché”, sospensione del giudizio, nonostante i voleri di operatori, cittadini, utenti, familiari e perfino istituzioni di governo regionale e locale.La nomina del direttore del DSM avrebbe potuto essere assunta come un semplice atto di nomina che non richiede concorso. Sono in scadenza nel frattempo quasi tutti gli incarichi di Struttura Complessa. Se il comportamento della direzione sarà lo stesso in settembre il DSM si verrebbe a trovare, in mancanza di azioni a riguardo, completamente decapitato e senza dirigenza.

Il DSM di Trieste ha operato in questi anni per condividere programmi e ricerca di innovazione con i DSM di tutta la regione. Abbiamo raggiunto momenti di scambio e di sviluppo comune molto buoni tanto da poter dire che tutta la salute mentale in Friuli Venezia Giulia costituisce un sistema di eccellenza. Oggi l’attacco a Trieste costringe alla difesa tutto il sistema. Il gruppo dei direttori dei DSM non esiste più ed è diventato molto difficile lavorare insieme. Molto di più si dovrà dire su questa questione anche in rapporto della temuta riforma Tondo.

Pur in situazioni meno straordinarie, il lavoro di un DSM complesso come quello triestino, per articolazione di servizi, funzioni e programmi, per attività formativa e di ricerca, per mole di relazioni nazionali ed internazionali, può essere svolto solo in presenza di un sostegno adeguato dal vertice aziendale e di un ruolo ben definito di guida e garanzia della Direzione di Dipartimento, all’interno di una prospettiva di medio e lungo termine che permetta di gestire al meglio le risorse assegnate, economiche e strumentali, ma soprattutto il suo capitale umano. Infatti dietro la Direzione c’è sempre stato il lavoro quotidiano di un gruppo, col contributo di singole persone, la condivisione di idee guida, le sinergie più ampie tra diversità, una collegialità di impostazione e responsabilità collettive.

Ciò che di fatto emerge con chiarezza è che qui non è solo in gioco la continuità di gestione da parte di tale gruppo, attraverso una Direzione che lo rappresenti, ma la stessa tenuta dell’esperienza e dei suoi servizi, centrati sulle persone e sui loro bisogni, offerti al cittadino a bassa soglia, senza formalità, in integrazione con gli altri operanti sul territorio, in collaborazione col privato sociale e le istanze della comunità.

Per ultimo, oggi, la cosa che più colpisce e meraviglia è che in un momento delicato per la sanità triestina si mantenga un’assoluta indecisione ad assumere posizioni e scelte in merito alla Direzione del DSM. L’avvicendamento che viviamo in questi giorni, il mancato rinnovo dell’incarico al dottor Mezzinae la incomprensibile e sconnessa manovra di “passaggio del testimone ad altra dirigente” che creerà ulteriori sussulti, alimenta una situazione di debolezza strutturale,colpevolmente determinata, trasformandola in un dato di fatto stabile senza definizione di alcun termine e senza motivazioni esplicite. Si badi bene, stiamo parlando dell’avvicendamento di 3 direttori in poco più di 200 giorni! Esiste tutto un mondo, rappresentato dall’utenza, dai familiari, dalle associazioni, dai servizi formali e informali, in generale dalla città, che attende chiarezza, e soprattutto sicurezze, in merito a quanto sopra, e che esprime notevole inquietudine.

Richiamiamo quindi la massima attenzione a ciò che sta accadendo, chiedendo sostegno a tutti coloro che, nel loro ruolo all’interno delle istituzioni o di semplici cittadini, abbiamo a cuore il futuro della salute mentale di questa città, che continua a rappresentare “l’utopia della realtà”. Una speranza e una via di uscita per le persone  che vivono l’esperienza del disturbo mentale, i familiari, gli operatori di ogni luogo.

Peppe Dell’Acqua e Franco Rotelli

Trieste, febbraio 2013

“”.


[1] Quanto alle risorse si ricordi che l’ASS ha chiuso il bilancio 2012 con milioni di “attivo”.

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