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Libri e film

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Dove ci portate? Wohin bringt ihr uns? Kam nas peljete? – La deportazione dei pazienti psichiatrici dalla Val Canale e le opzioni italo-tedesche. 1939-1940 (Storia Kappa Vu, Udine 2019, pp. 135, euro 12), a cura di Paolo Ferrari e Kirsten Maria Düsberg Di Silva Bon Senza poter scegliere: questo il destino ineluttabile dei pazienti psichiatrici della Val Canale deportati in Germania. Veniamo agli antefatti. Fra estate e autunno del 1939 si concludono le trattative tra i governi…

Di Benedetto Saraceno Undici brevi riflessioni morali su questioni fondamentali ma anche attuali: la città e le sofferenze individuali e collettive che la attraversano, la salute e i suoi determinanti sociali, i fenomeni migratori e le contraddizioni che portano, la insofferenza per un presente rancoroso e la speranza in un futuro più umano. Il mood del libro è reso a mio parere da due citazioni. Una, dal Diario di Anna Frank: «È un gran miracolo…

carezzaDi Francesca De Carolis

Laszlo, e poi Esa e poi Euro, e poi Flì…storia degli ospiti della “casetta”. Nel racconto di un obiettore di coscienza che ha svolto il servizio civile accudendo “i matti della casetta”.

L’indimenticabile figura di Laszlo, profugo da Zara…«E dov’è?». È la voce di un ferito a morte: «Eh, Zara…è un posto molto lontano».

“La quinta felicità”, un libro ripreso in mano, e nulla accade per caso, alla vigilia delle giornate conclusive della Conferenza Nazionale per la Salute Mentale.

E bastava un’inutile carezza per capovolgere il mondo. Questo dolcissimo pensiero di Franco Basaglia mi torna in mente ritrovando un vecchio libretto, rimasto lì rintanato su uno scaffale della libreria: La quinta felicità. Sottotitolo: Un anno con i matti della casetta. Autore: Eugenio Azzola (editore Stampa Alternativa).

Ancora non so se ci sia e cosa sia la prima…e se ci sia una seconda, una terza o una quarta felicità. Ma sicuramente c’è n’è una quinta. Ascoltate.

«Devo scendere, la medicina sta facendo effetto. Devo andare! Sta facendo effetto! Ahaa! È la quinta felicità!».

La frase è pronunciata, gridando e ridendo, sull’autobus 17, a Trieste, da un uomo che a giudicare dal suo sguardo e dal suo aspetto avrei giurato che andava dove andavo io, una persona che in qualche modo dà all’autore del libro il benvenuto nel mondo dei “matti della casetta”. Dove Azzola, pacifista, obiettore di coscienza, ha passato il suo anno di servizio civile, accudendo, appunto, i matti che lì vivevano.

L’attenta giornalista Francesca De Carolis ci ha segnalato Vecchi da morire. Anziani in casa di riposo, libro di Silvina Petterino, un’infermiera che ha raccontato cos’è la vita nelle case di riposo, un’autrice che vorremmo e cercheremo di conoscere meglio. Le case di riposo sono luoghi in cui rischiamo di finire tutti. E se cominciassimo a pensare di distruggerle, queste prigioni? E se i vecchi potessero continuare a vivere – e anche a morire – nella…

Pomodori da scartare è un libro bellissimo ma non solo, è anche un dono molto prezioso che le autrici fanno a noi lettori – in particolare ai lettori più giovani. Valentina De Pasca è la scrittrice mentre Brunella Baldi l’illustratrice del volume, uscito a maggio di quest’anno per Edizioni Gruppo Abele. La protagonista è una bambina che ci racconta la vita di Ennio, arrivato a lavorare nell’azienda agricola del padre dopo una vita passata nei…

Di Tobia Bait, studente presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, Dipartimento di Filosofia Dimentichiamo per un attimo la scena del manicomio, delle strutture di cura, della rappresentazione del matto quale figura sociale, e raccogliamoci entro il nucleo delle nostre intime considerazioni, al di là della forma, al di là dell’identità con cui risolviamo il mondo entro figure al servizio del sereno pensiero. Riscopriamo ciò che al fondo ci muove e ci inizia alla strutturazione del significato…

Di Agnese Baini «Raccontarti qualcosa significa credere in te, credere che esisti. Se ti sto raccontando questa storia è perché voglio che esista. Racconto, dunque tu esisti» Margaret Atwood, Il racconto dell’ancella Tredici canti (12+1) è il primo libro di Anna Marchitelli, pubblicato da Neri Pozza nel 2018. Il libro è una raccolta di tredici biografie ma le storie narrate non sono le storie di persone qualsiasi («e chi scriverebbe un libro su tredici storie qualsiasi?»,…

Non è rinchiudendo il vicino che ci si convince del proprio buon senso. F. Dostoevskij Le nostre oscillazioni. Filosofia e follia (Collana 180 – Archivio Critico della Salute Mentale, Edizioni Alphabeta Verlag, 2019, 96 pp., Euro 12,00) è il nuovo libro di Pier Aldo Rovatti, edizione riveduta e aggiornata di La follia in poche parole, che entra oggi a far parte della Collana 180. La necessità di questa nuova versione, che arriva a quasi vent’anni dalla sua prima…

Butturini, Trieste 1973-1977, I Padiglioni si svuotano - graffiti delle femministe e letti dei reparti chiusi buttati via - San GiovanniDi Agnese Baini, dottoressa in Storia del libro, Università degli Studi di Udine

«È un fatto universalmente noto che uno scapolo provvisto di un cospicuo patrimonio non possa fare a meno di prendere moglie»[1]. Questo è il famoso incipit di Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen. Vi chiedo ora di fare un piccolo esercizio: se invece del maschile “scapolo” vi fosse scritto “zitella”, quale sarebbe il fatto universalmente noto? C’è una forte dissimmetria e una differente connotazione tra l’idea di autonomia e di indipendenza declinata al maschile o al femminile. Questa è solamente la prima delle tante riflessioni che mi ha suscitato il libro Luride, agitate, criminali [2](Carocci editore) di Candida Carrino. Il volume è la sintesi di una ricerca sulle cartelle cliniche delle internate dell’ospedale psichiatrico Santa Maria Maddalena di Aversa (Caserta); questo è l’ultimo nome con cui la struttura è stata conosciuta, fino alla sua chiusura nel 1999, ma iniziò la sua carriera, nel 1813, con il più poetico “Reale Casa de’ matti”.

Carrino si muove all’interno dell’archivio dell’ex ospedale psichiatrico, studiando le cartelle cliniche e le storie in esse contenute. È un’azione interessante provare a ridare forma ad una persona dietro le pagine compilate, dove c’è scritto ciò che il medico voleva vedere e non ciò che la possibile internata avrebbe voluto raccontare. Per esempio, c’erano segnalati altri casi di pazzia in famiglia oppure azioni “anomale” compiute in passato; le cartelle cliniche non contengono dunque solo ciò che è accaduto dentro il manicomio ma anche quello che è accaduto fuori e prima. Già qua c’è un’ulteriore dissimmetria: è lo sguardo di un medico maschile che guarda il corpo femminile per trovare la follia (la principale diagnosi, con 302 casi, è per “malinconia/stato depressivo/psicosi maniaco-depressiva”), nonostante Camilla Restellini Bassanesi – di cui parlerò più avanti – chiese, nel 1947, che vi fosse «una medichessa»[3]all’interno della struttura.

di Antonio Severino, Antropologo Culturale Università di Salerno Raccontare è «un impulso immediato e violento, tanto da rivaleggiare con gli altri bisogni elementari». Così Primo Levi apre le prime pagine del suo romanzo Se questo è un uomo. Ed è proprio nel profondo desiderio di raccontare che si può identificare, forse, il motore che ha spinto Alessandra Cotoloni a realizzare il suo romanzo (edito Il Papavero). Il Diario di Pietra. N.O.F.4. I fantasmi sono Fulmidabbili dopo…