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Libri e film

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Di Peppe Dell’Acqua

È in libreria da pochi giorni “All’ombra dei ciliegi giapponesi. Gorizia 1961” di Antonio Slavich, ultima proposta della Collana 180 – Archivio critico della salute mentale (edizioni AB Verlag, Merano). Una narrazione che è la testimonianza dell’origine di una storia che cambierà il nostro modo di pensare alla malattia mentale. È il 16 novembre 1961 quando Franco Basaglia entra come direttore nel manicomio di Gorizia, ai confini del mondo, nel cuore della guerra fredda. Il giovanissimo Antonio Slavich, arriverà pochi mesi dopo, primo e unico aiutante del nuovo direttore. Tutto comincia qui. Lo scenario che si presenta ai due giovani medici è un mondo di sofferenza, di violenza, di annientamento, gli uomini e le donne non ci sono più, soltanto internati senza volto né storia. Messa tra parentesi la malattia gli internati cominciano a chiamarsi per nome, diventano persone, cittadini: il malato non la malattia.

di PEPPE DELL’ACQUA* È il viaggio del giornalista e scrittore nel mondo delle cure Usa. I suoi due figli i sono ammalati di schizzofrenia, uno si è suicidato. Da lì è iniziata in cammino drammatico durante il quale ha scoperto falle nelle cure, abbandono, paura Powers deve costatare che nel Vermont come in tutto il mondo le politiche di salute mentale sono basate sul pregiudizio della pericolosità e dell’inguaribilità. Sono programmate con approssimazione tanto che…

978-88-7223-299-6

Di Francesca de Carolis.

Il nostro paese è stato teatro di un evento storico che ha segnato la vita di milioni di persone: la fine dei manicomi. Questo avvenimento ha cambiato radicalmente l’immagine e la percezione della malattia mentale, ma ancora oggi c’è molta disinformazione sul tema. In questa nuova edizione di Guida alla salute mentale, Renato Piccione e Luigi Di Cesare cercano di affrontare in maniera essenziale questo tema non semplice, senza togliere nulla al rigore scientifico. Ne nasce un libro preciso, chiaro e adatto a un pubblico vasto interessato per vari motivi ad approfondire l’argomento della salute mentale.

0061Piccoli passi, muri ridipinti, uniformi sostituite da vestiti, giri in Cinquecento, per gente che aveva preso solo ambulanze

di Adriano Sofri

Ho incontrato Peppe Dell’Acqua, che è sempre un piacere. Dell’Acqua (Solofra, 1947) è dei protagonisti della rivoluzione che aprì i manicomi e volle trasformare i matti in cittadini. L’esperienza di Dell’Acqua è legata soprattutto a Trieste, città nella cui lingua covava una bella premessa, perché a Trieste si dice “matto” per dire una persona, “un bon mato” per dire una brava persona. Lui l’ha raccontata nei suoi libri, in particolare “Non ho l’arma che uccide il leone. La vera storia del cambiamento nella Trieste di Basaglia e nel manicomio di San Giovanni”. Dal 2010 ha inaugurato una collana, “180. Archivio critico della salute mentale”, Edizioni Alpha Beta, Merano, che è diventata lo strumento più ricco per chi abbia interesse alla questione della salute mentale.

Di Pietro Greco Nell’anno 1978, quarant’anni fa, la sanità italiana cambiò radicalmente volto. Era tra le meno moderne d’Europa, divenne la più avanzata. Con tre mosse affatto nuovo: il 13 maggio, appena quattro giorni dopo l’assassinio di Aldo Moro e il ritrovamento del suo cadavere in via Caetani, viene varata la legge 180 sugli “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”. La nuova norma, meglio nota come “legge Basaglia”, spalancava le porte chiuse dei manicomi,…

Franco Basaglia avrei voluto conoscerlo, e Rosa non era soltanto la più bella del paese

di Valentina Furlanetto

“Un’ora sola ti vorrei” cantava Fedora Mingarelli nel 1938. Franco Basagliaaveva 13 anni, viveva a Venezia, quartiere san Polo, secondo di tre figli, buona borghesia veneziana. A una sessantina di chilometri di distanza, in piena campagna veneta, anche Rosa aveva 13 anni. Seconda di cinque, famiglia di contadini, pochi libri, molti calli alle mani. Rosa già allora era la più bella del paese, aveva profondi occhi scuri, zigomi alti e pronunciati, lunghe trecce castane. Nelle foto è la più alta, la più altera.

Quattro anni dopo Franco Basaglia studiava al liceo classico di Venezia e Rosa camminava sul ciglio della strada, dieci chilometri al giorno all’andata e dieci al ritorno, per andare in fabbrica. Aveva 17 anni, era sempre la ragazza più bella del paese, le sue sorelle la rimproveravano perché era vanitosa e aveva la testa fra le nuvole. Faceva l’operaia in filanda. Camminava diritta e fiera lungo la strada quando venne investita da un’auto, il conducente scappò

Di Toni Jop Un po’ si giocava e un po’ no. Ma Franco stava steso sul suo letto, da un tempo che lui non percepiva con chiarezza, nella casa di Piscina San Samuel, a Venezia e attorno a lui andavano e venivano Franca (Ongaro, la moglie), Rayr Terzian (neurologo di fama, amico intimo di famiglia), Alberta (la figlia), Enrico (il figlio), Enrica (moglie di Enrico), io, marito di Alberta. Sapeva che le cose non sarebbero…

Di Emanuele Salvato Morì il 31 dicembre 1974 dopo giorni di agonia a causa alle ustioni riportate dopo l’incendio del letto del manicomio giudiziario femminile della città campana dove era ricoverata. Venne provocato, dopo 43 giorni consecutivi di contenzione, da un suo gesto con un fiammifero per attirare l’attenzione: voleva un bicchiere d’acqua, nessuno le dava retta. La storia al Festival dei Matti di Venezia grazie al libro di Dario Stefano Dell’Aquila e Antonio Esposito…

di EUGENIO BORGNA, primario emerito di Psichiatria dell’Ospedale Maggiore di Nova
Un grande psichiatra spiega la rivoluzione. Accanto al padre della legge è stato tra i primi a opporsi a una spiegazione puramente naturalistica delle malattie dell’anima
Questa tesi si è rispecchiata in modalità radicalmente diverse di articolare gli incontri terapeutici con i pazienti; e questo perché, mettendo fra parentesi la malattia, lo psichiatra può finalmente avvicinarsi alla sofferenza psichica guardando alla sua fragilità e alla sua umanità. La psichiatria manicomiale, che non è nemmeno oggi scomparsa nel concreto agire di non pochi psichiatri, si radicava nella esclusiva attenzione alla malattia, e non alla soggettività, alla interiorità, alla storia della vita, alla persona, di chi è curato.