Non è rinchiudendo il vicino che ci si convince del proprio buon senso. F. Dostoevskij Le nostre oscillazioni. Filosofia e follia (Collana 180 – Archivio Critico della Salute Mentale, Edizioni Alphabeta Verlag, 2019, 96 pp., Euro 12,00) è il nuovo libro di Pier Aldo Rovatti, edizione riveduta e aggiornata di La follia in poche parole, che entra oggi a far parte della Collana 180. La necessità di questa nuova versione, che arriva a quasi vent’anni dalla sua prima…
Di Agnese Baini, dottoressa in Storia del libro, Università degli Studi di Udine
«È un fatto universalmente noto che uno scapolo provvisto di un cospicuo patrimonio non possa fare a meno di prendere moglie»[1]. Questo è il famoso incipit di Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen. Vi chiedo ora di fare un piccolo esercizio: se invece del maschile “scapolo” vi fosse scritto “zitella”, quale sarebbe il fatto universalmente noto? C’è una forte dissimmetria e una differente connotazione tra l’idea di autonomia e di indipendenza declinata al maschile o al femminile. Questa è solamente la prima delle tante riflessioni che mi ha suscitato il libro Luride, agitate, criminali [2](Carocci editore) di Candida Carrino. Il volume è la sintesi di una ricerca sulle cartelle cliniche delle internate dell’ospedale psichiatrico Santa Maria Maddalena di Aversa (Caserta); questo è l’ultimo nome con cui la struttura è stata conosciuta, fino alla sua chiusura nel 1999, ma iniziò la sua carriera, nel 1813, con il più poetico “Reale Casa de’ matti”.
Carrino si muove all’interno dell’archivio dell’ex ospedale psichiatrico, studiando le cartelle cliniche e le storie in esse contenute. È un’azione interessante provare a ridare forma ad una persona dietro le pagine compilate, dove c’è scritto ciò che il medico voleva vedere e non ciò che la possibile internata avrebbe voluto raccontare. Per esempio, c’erano segnalati altri casi di pazzia in famiglia oppure azioni “anomale” compiute in passato; le cartelle cliniche non contengono dunque solo ciò che è accaduto dentro il manicomio ma anche quello che è accaduto fuori e prima. Già qua c’è un’ulteriore dissimmetria: è lo sguardo di un medico maschile che guarda il corpo femminile per trovare la follia (la principale diagnosi, con 302 casi, è per “malinconia/stato depressivo/psicosi maniaco-depressiva”), nonostante Camilla Restellini Bassanesi – di cui parlerò più avanti – chiese, nel 1947, che vi fosse «una medichessa»[3]all’interno della struttura.
di Antonio Severino, Antropologo Culturale Università di Salerno Raccontare è «un impulso immediato e violento, tanto da rivaleggiare con gli altri bisogni elementari». Così Primo Levi apre le prime pagine del suo romanzo Se questo è un uomo. Ed è proprio nel profondo desiderio di raccontare che si può identificare, forse, il motore che ha spinto Alessandra Cotoloni a realizzare il suo romanzo (edito Il Papavero). Il Diario di Pietra. N.O.F.4. I fantasmi sono Fulmidabbili dopo…
Angelo Bravi, Frammenti di psichiatria coloniale e altri scritti – a cura di Luigi Benevelli e Marianna Scarfone.
Dalla prefazione di Paolo Mazzarello, Professore Ordinario di Storia della Medicina, Università degli Studi di Pavia
Il libro che, sono certo, leggerete racconta la vera storia di un’impensabile rivoluzione. Circa mezzo secolo fa, nel nostro paese accadde qualcosa che ha cambiato il modo di guardare e incontrare quelli che chiamiamo matti. Quelli che per i loro comportamenti irascibili, le parole incomprensibili, le invenzioni bizzarre, le scelte stravaganti, le tristezze profonde, le allegrie esagerate, le paure inspiegabili abbiamo sempre considerato fratelli scomodi. Individui diversi, molesti, disturbatori che bisognava curare e impedire loro di…
Sul disastro della psichiatria pubblica negli USA Di Ron Powers leggiamo il libro che non avrebbe mai voluto scrivere. I suoi due figli si sono ammalati di schizofrenia. Eventi drammatici e impensabili. La vita della sua famiglia come sempre accade, sconvolta. Come sempre si sono trovati disarmati. Un mondo sconosciuto. Hanno cominciato ad attraversare i luoghi delle psichiatrie, a incontrare psichiatri e psicoterapeuti e facevano fatica a comprendere le loro lingue; hanno sopportato la presunzione…
Di Anna Sardo Controversa questione, il compleanno. C’è chi non aspetta altro per sentirsi una volta all’anno il re della giornata, c’è chi non vuole invecchiare, ci sono quelli che dicono che festeggiarlo ormai è demodée, ci sono quelli che sull’autobus non ti salutano, ma che spronati da Facebook ti mollano gli auguri sulla bacheca. C’è poi chi invece, senza estetismi, vuole cogliere l’occasione per celebrare una volta in più una nascita importante, la nascita di…
Di Amedeo Gagliardi* Jefferson Garcia Tomala era un ragazzo di vent’anni, ucciso domenica scorsa a Genova Sestri Ponente, in seguito alla chiamata della madre al 112: «Ieri sera ho avuto un problema con mio figlio. Una storia lunga, adesso ha un coltello. Voglio un aiuto perché si sta facendo tanto male. Si vuole ammazzare». La vittima non era conosciuta dai servizi del Dipartimento di Salute Mentale. La madre aveva chiesto aiuto,cercava qualcuno che intervenisse per…
Di Francesca de Carolis
C’è qualcosa che non va… qualcosa che non quadra… mi era subito sembrata “strana”, oltre che drammatica e scandalosa, la notizia del ragazzo di origine ecuadoregna, venti anni, ucciso a Genova con cinque colpi di pistola, cinque colpi di pistola non alle gambe, alle braccia, ma in punti vitali, nel corso di un “Tso”. Tso, trattamento sanitario obbligatorio…
Cinque colpi di pistola? Trattamento sanitario obbligatorio? Non sarebbe la prima volta di un tentativo di Tso con esiti così drammatici (ma questo naturalmente non può giustificare…), ma… leggo di Tso, eppure si parla solo di un intervento di polizia?
Di Piero Cipriano* Genova. Jefferson Garcia, ventunenne ecuadoriano, non era, come scrive Il fatto quotidiano, “in cura per problemi psichici”. Lo confermano gli psichiatri del territorio genovese. Non era conosciuto ai servizi di salute mentale. La madre chiama il 112 per una lite domestica. Jefferson, ebbro e probabilmente sotto l’effetto di droghe, stava litigando coi famigliari, era aggressivo e violento. Di qui a parlare di TSO ce ne vuole. Ma, certo, soprattutto chi si occupa…