Vallo della Lucania (Salerno), 24 ottobre 2012 –
Nuova udienza al processo per la drammatica vicenda di Francesco Mastrogiovanni, il maestro anarchico morto nel 2009 per una contenzione durata novanta ore, sempre legato ai polsi e ai piedi, che vede imputati 6 medici e 12 infermieri del reparto di psichiatria dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania.
La parola è ancora ai difensori degli imputati. Tutti gli avvocati non accettano che l’ASL si sia costituita parte civile contro i medici e gli infermieri e la stigmatizzano duramente.
Per l’avv. Agostino De Caro, docente di Procedura Penale all’Università del Molise, difensore del dott. Rocco Barone, che ha disposto la contenzione, la stessa era legittima ed è praticata in tutt’Italia; il video mostra solo le condizioni in cui si è svolta. Afferma che se si voleva commettere un’azione illecita, si sarebbero distrutte le telecamere e il video, ma non essendo ciò avvenuto significa che i sanitari, oltre a sapere di essere ripresi, sapevano anche di agire lecitamente. Il dott. Barone ha avuto una buona condotta dal punto di vista medico, perché con la contenzione voleva risolvere i problemi psichiatrici di Mastrogiovanni e riportarlo alla normalità, tant’è che i suoi colleghi l’hanno continuata. Sferra un duro attacco anche ai medici legali che hanno condotto l’autopsia: «Cose strampalate le affermazioni del dott. Maiese, ma quale disidratazione? Maiese se lo è inventato». Afferma che non esiste nessuna certezza sulla causa della morte di Mastrogiovanni. Conclude che se «il giudice decide sulla contenzione in maniera ideologica, noi siamo già pronti ad appellarci alla sentenza», chiedendo l’assoluzione per il proprio assistito.
Anche l’avv. Michele Avallone, difensore dell’infermiere Antonio Tardio, sferra un duro attacco all’Asl chiedendo che venga ridata dignità «anche ai nostri assistiti, perché basta poco in paesi piccoli ad etichettare una persona come un assassino». Afferma che il suo assistito s’è comportato bene e ne chiede l’assoluzione, accusando infine la sorella di Mastrogiovanni di non aver letto – nel fare l’appello – il cognome di una nipote di Tardio, sua alunna, chiamandola solo per nome.
L’avv. Ciro Del Grosso, difensore dell’infermiere Giuseppe Forino, ricostruisce la carriera del suo assistito iniziata al Nord e sottolineando che non ha avuto mai richiami. Ricorda che era amico di Mastrogiovanni e una volta gli offrì anche un caffè in un bar di Vallo della Lucania; nel suo turno lavorativo è passato per ben 26 volte nella stanza di Mastrogiovanni con un intervallo 13 minuti, ha sciolto per una manciata di minuti Mastrogiovanni ma non ha fatto di più perché in precedenza gli era capitato di sciogliere un paziente e di essere stato rimproverato, lo ha pulito ed è stato sempre rispettoso delle regole. Per l’avv. Del Grosso nessuna legge vieta la contenzione e pertanto il suo assistito dev’essere assolto.
L’avv. Giuseppe Murino, che difende il dott. Michele Della Pepa, non vuole essere ripreso dalle televisioni locali. Fa presente che il suo assistito è persona per bene e scrupolosa (si conoscono da quand’erano ragazzini) e ha svolto un solo turno, la notte del 31 luglio, un turno lontano dall’evento della morte, non può essere chiamato a rispondere del comportamento degli altri medici. Alla domanda se la contenzione è lecita o meno, risponde che è lecita e afferma che il paziente aveva una contenzione leggera, che gli permetteva addirittura di potersi sedere sul letto. Riconosce, poi, che non è stato possibile accertare la causa della morte, ma esclude che Mastrogiovanni sia morto a causa della contenzione affermando: «Non c’è morto mai nessuno!». Arriva anche a dire che andrebbe premiato perché con la contenzione ha evitato al paziente di subire un danno ben grave in caso di caduta. Fa presente che sulla cartella clinica è richiesto solo di annotare i fatti rilevanti, ovvero l’ordine di contenzione o di scontenzione, e dal momento che il suo assistito ha proseguito la contenzione non gli era richiesto assolutamente di annotare «si prosegue la contenzione», né poteva correggere la cartella annotando lui la contenzione ordinata da un altro medico, in quanto avrebbe commesso un reato. Precisa che la cartella clinica poteva essere corretta solo dal primario e pertanto va assolto perché l’accusa di sequestro di persona non può sussistere nei sui confronti.
All’udienza erano presenti il dott. Della Pepa, la dott.sa Ruberto e otto infermieri.
Le arringhe degli altri difensori riprenderanno il 29 ottobre alle ore 9,30. Per il 29 sono previste anche le repliche e il 30, salvo slittamenti, il Presidente del Tribunale, Dr.ssa Elisabetta Garzo, pronuncerà la sentenza.
(G. G.)
Il Comitato Verità e Giustizia per Francesco Mastrogiovanni
Vincenzo Serra, Giuseppe Tarallo, Giuseppe Galzerano
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COMITATO VERITA’ E GIUSTIZIA PER FRANCESCO MASTROGIOVANNI
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