di Peppe Dell’Acqua
La critica alla riproduzione del potere e delle gerarchie nelle istituzioni, la trasgressione delle distanze tra gli operatori e tra questi e le persone che vivono l’esperienza del disturbo mentale, hanno messo in discussione i tempi e i luoghi dell’agire e con essi la persistenza raggelante delle gerarchie. Abbiamo dovuto rivisitare radicalmente la dimensione del tempo e del luogo (dell’OP, della clinica, del terapeutico): non più i luoghi e i tempi della malattia, ma luoghi e tempi del quotidiano che si trasformano mentre cresce la visibilità della persona nel raccontare e vivere la sua storia.
E’ così che abbiamo imparato che il tempo della clinica, se non ostile, è ben diverso dal tempo della vita.
Nei contesti reali il rapporto delle persone con un servizio di salute mentale deve poter durare il tempo di una vita, senza che per questo la vita stessa si definisca come malattia, cronicità, inguaribilità. L’ospedale psichiatrico e le psicoanalisi e le psicoterapie e gli ambulatori e le residenze fissavano e fissano tempi senza fine. Nei servizi che cerchiamo di costruire, la dimensione tempo sottratta all’inerzia e al potere della riproduzione istituzionale deve al contrario riuscire a sviluppare la capacità di “tenere” nel corso del tempo. Sopportare i tempi brucianti dell’urgenza, favorire l’incontro e la relazione con le persone, trasformando (mettendo in crisi) gli stessi assetti organizzativi, le pratiche, le culture.
Andando per le strade, per i condomini, per le case, per le carceri e in tutti i luoghi di reclusione e riproduzione delle istituzioni totali è stato possibile scoprire territori nuovi e ricchi di senso, dove avvicinarsi all’altro, in un’esperienza di lavoro terapeutico, diventa finalmente vantaggioso. Si è reso quanto mai evidente che il luogo della presa in carico, della cura, della riabilitazione di per sé non esiste, e pertanto non può essere se non un luogo che si costruisce nelle relazioni del quotidiano, nel riconoscimento dei soggetti, dei poteri, delle istituzioni che costituiscono quel territorio. Ed ecco che il luogo della cura comincia a non essere più “un dentro” deputato e nemmeno può collocarsi in “un fuori” indefinito. Né dentro né fuori. E’ la soglia il luogo dell’incontro. La soglia che dobbiamo imparare a riconoscere e ad abitare.
(Peppe Dell’Acqua, febbraio 2017)
-Tutti quelli che vorranno possono scrivere per pubblicare riflessioni, analisi, proposte al sito del forum salute mentale.-
[Mi propongo con questi interventi minimi, che chiamo ‘cantiere salute mentale’, di tentare di ri-attivare interesse all’interno di tutta quella comunità di persone che siamo e che in un modo o nell’altro si muovono intorno alla ‘questione psichiatrica’, nel contrasto alle persistenti istituzioni totali (e sempre rinascenti), per ampliare margini di libertà e diritti, per promuovere emancipazione e possibilità.]
Disegno di Ugo Guarino. Da un Manifesto del Progetto “Prevenzione delle malattie mentali” – 1980. Tratto da: D. Pulino, Prima della Legge 180. Psichiatri, amministratori, politici (1968-1978), Alpha Beta Edizioni, Merano.