di Peppe Dell’Acqua
Non possiamo più stare a guardare. Ovunque le politiche per la salute mentale segnano il passo. Un velo di smemoratezza copre il passato e l’indifferenza al presente, non certo felice dei servizi, apre a un futuro quanto mai incerto e oscuro. Il recente rapporto del ministero della Salute rende concreta e misurabile la crisi ormai profonda delle organizzazioni per la salute mentale e della incertezza (e dell’insensatezza) delle risposte ai cittadini. Con gli amici più attenti discuto spesso della “terza rivoluzione”. Forse bisognerà ritornare alle parole, alle premesse, alle azioni che fecero cadere le “mura di Gerico”.
Che fare?
Ecco, per cominciare, le premesse, le prime che mi spingono a scrivere, sono nella persistente (e antica) oggettivazione delle persone che vivono l’esperienza del disturbo mentale. Sono nelle parole e nei modi delle psichiatrie delle certezze, e dei luoghi comuni, quando dicono che i malati di mente, i pazienti psichiatrici, li chiamano così, sono cosa diversa. E perciò possono essere legati e rinchiusi. Che è utopia (dicono anche ideologia) affermare (come noi con fatica cerchiamo di fare) che sono cittadini, che hanno diritti e che quella fragilità, altro e di più pretenderebbe. Psichiatrie che senza mai dubitare affermano che la malattia condiziona e sovra determina ogni azione, ogni comportamento. E che la pericolosità è lì in tutta la sua innegabile evidenza. Così l’inguaribilità, l’incomprensibilità, l’incapacità, l’improduttività, l’irresponsabilità. E poi, come si fa a non vedere (dicono) che “quando parlano, i matti, dicono stranezze, parole vuote o esagerate, distanti? Che mai e poi mai potranno essere protagonisti della propria vita.”.
Luoghi comuni e psichiatrie che dichiarano con convinzioni secolari il loro interesse: la malattia.
Il nostro è la persona, il cittadino, il soggetto.
Non possiamo che stare dall’altra parte. Credo che, a partire da qui si può ri-cominciare: aprire un cantiere; rinnovare una scelta di campo per riconoscersi, discutere, confrontarsi; ritrovare la curiosità per ascoltare le mille voci e i mille sguardi che ci dicono con chiarezza la paradossale semplicità che riscalda il cuore del cambiamento. Riprendere e continuare con ardente pazienza è per noi obbligatorio.
In ogni caso non possiamo non prendere parte, scegliere, esserci.
-Tutti quelli che vorranno possono scrivere per pubblicare riflessioni, analisi, proposte al sito del forum salute mentale.–
[Mi propongo con questi interventi minimi, che chiamo ‘cantiere salute mentale’, di tentare di ri-attivare interesse all’interno di tutta quella comunità di persone che siamo e che in un modo o nell’altro si muovono intorno alla ‘questione psichiatrica’, nel contrasto alle persistenti istituzioni totali (e sempre rinascenti), per ampliare margini di libertà e diritti, per promuovere emancipazione e possibilità.]
2 Comments
condivido lo spirito dell’articolo, tornare dove tutto è cominciato (sempre come essenza: l’istituzione negata) riprendere dai “fondamentali”… l’ABC della salute mentale: a ognuno/a il suo ABC della salute mentale, secondo il suo alfabeto, la sua grammatica e sintassi.
Penso che la mia idea di lavorare come operatore sociale in ambito psichiatrico basando il mio contributo sul sostegno attraverso l’ascolto sia riconducibile a quanto espresso nell’articolo, però quando mi propongo ai vari enti la risposta è sempre che non ho le necessarie qualifiche professionali. In sostanza dovrei essere almeno OSS o ADB, le competenze nella relazione che credo di aver acquisito attraverso il corso di counselor a orientamento psicoanalitico, l’analisi personale e i tirocini non sono considerate attinenti all’attività di operatore sociale, serve una qualifica strettamente sanitaria.
Ringrazio per l’attenzione e saluto caramente.
Massimo Camiciottoli