L’intervista fa parte di un reportage di Piero Dal Moro, “Psichiatria e potere”, quasi certamente del ’78.
L’intervista si sviluppa a ridosso del III Reseau Internazionale di alternativa alla psichiatria. Aldilà di ogni altra suggestione che l’intervista sostiene, è fulminante il giudizio sull’antipsichiatria.
(Spero trovi il tempo di ascoltarla e leggerla lo storico Corbellini e di ripensare con una qualche maggiore attenzione a “La razionalità negata” edita da Bompiani un paio d’anni fa e scritta con Giovanni Jervis, che qui voglio ricordare, a un anno dalla sua morte, come intelligente compagno di strada degli inizi. Peppe Dell’Acqua)
La trascrizione:
DOMANDA: L’antipsichiatria sta per compiere 10 anni, 10 anni difficili, pieni di lotte e forse anche qualche volta di contraddizioni. Lotte che hanno però consentito di abbattere molte delle strutture manicomiali tradizionali. Prof. Basaglia, qual è oggi la reale situazione della psichiatria in Italia?
BASAGLIA: Intanto, prima di tutto vorrei dire che questo bambino, l’antipsichiatria, che compie 10 anni, è un bambino che non esiste, esiste solo nella testa delle persone perché questa parola ha avuto un grande successo dal punto di vista ideologico più che pratico. Noi non siamo mai stati antipsichiatri; noi siamo stati operatori che hanno agito sul campo reale delle istituzioni pubbliche per dare al cittadino che soffre una risposta alternativa alla vita violenza e alla repressione del manicomio.
La situazione della psichiatria in Italia, dal punto di vista reale, della situazione delle istituzioni pubbliche, è ancora molto regredita. I manicomi sono per lo più uguali a come erano 30 anni fa. L’aspetto importante è che si è creato un movimento che si mette dalla parte di chi non ha e non di chi ha, il movimento per la liberazione dell’uomo, che ha sempre fatto molta fatica a maturare, non solo nella psichiatria; ecco perché noi diciamo che la scienza è politica, proprio perché è legata a un movimento politico che cresce, vuole essere una cosa che crea una scienza nuova di riferimento per i nuovi bisogni dell’uomo, una scienza che non da’ delle risposte preformate ma delle risposte individuali ad ogni persona che chiede qualcosa.
DOMANDA: A proposito dell’antipsichiatria. Che differenza passa tra l’antipsichiatria e la non-psichiatria di Cooper?
BASAGLIA: Io non conosco questi termini e non capisco cosa vogliano dire. Non capisco cosa si intenda per antipsichiatria o non-psichiatria…
(INTERVISTATORE): questa è la definizione che ha dato Cooper
BASAGLIA: Questi sono affari di Cooper allora, non sono affari nostri. Se Cooper vuole inventare delle altre etichette per riciclare una scienza antica, per dare questi nomi, “antipsichiatri” e “non-psichiatria”, a noi non deve interessare. Quello che interessa a noi, ripeto, è innanzitutto rispondere ai bisogni della persona. La persona ricoverata nei manicomi ha dei bisogni, ma noi non li conosciamo, perché vediamo solo la miseria dell’internato. Il problema è che quando l’internato si libera esprime qualche cosa, vuole qualche cosa. Questo voler qualche cosa, questa voce prepotente che si esprime anche attraverso degli atti di rottura che l’internato causa e che non sono più repressi o violentati sono degli atti che noi dobbiamo comprendere. Questo è il sapere su cui può fondarsi una nuova disciplina.
DOMANDA: Secondo lei esiste un paese in cui la psichiatria sia più avanti rispetto all’Italia?
BASAGLIA: Io non credo che esista un paese più o meno avanzato di un altro; io dico che nel paese in cui esiste una lotta di liberazione da parte dell’uomo, lì la scienza tende a esprimere la propria soggettività e direi quindi che l’Italia di oggi è un paese estremamente interessante anche da questo punto di vista, un paese in cui c’è una forte lotta dalla parte diseredata che si ribella per partecipare alla gestione del potere, un paese in cui la lotta di classe è estremamente vivace, in cui c’è un humus, una base per dare una scienza, una situazione alternativa. La situazione italiana è estremamente importante dal punto di vista internazionale per quanto riguarda la psichiatria, per esempio.
DOMANDA: Durante un recente convegno a Trieste è stato fatta una specie di verifica dello stato di avanzamento della situazione della psichiatria alternativa in campo internazionale. Da questo convegno è uscito un po’ distrutto il mito della psichiatria buona ed è emerso invece il concetto che la psichiatria è sempre malvagia, è sempre uno strumento del potere. Cosa ne pensa lei, prof. Basaglia?
BASAGLIA: Se lei, pur non avendo assistito al convegno, è giunto a questa conclusione dalle notizie di stampa, sono molto contento di sapere che questa sia la conclusione emersa. D’altra parte questo è quello che abbiamo sempre detto noi mano a mano che cercavamo di dare un’alternativa alle vecchie strutture psichiatriche per creare una nuova situazione assistenziale. Avevamo detto che quando un tipo di assistenza o di psichiatria si verifica sempre sullo stesso terreno che ha come finalità il controllo sociale, qualsiasi tipo di assistenza è cattivo. Quando l’assistenza è fatta dal vertice, ovvero tecnico, ovvero ne è escluso l’utente, il quale non partecipa alla soluzione dei propri bisogni, certamente in quel caso la psichiatria è cattiva, ma non solo quella, anche la medicina, l’assistenza in genere.
DOMANDA: Lei per la prima volta nella sua carriera professionale è stato in un certo senso contestato dalla sinistra. Che significato da’ a questo tipo di contestazione?
BASAGLIA: Come le ho già detto il problema non è la contestazione della sinistra, ma il problema è che la gente che usualmente non partecipa ai convegni partecipa anche in maniera prepotente per esprimere preoccupazione per il futuro. I giovani sono preoccupati perché non vogliono che il loro futuro sia quello di ieri o quello di oggi. Direi che il luogo più giusto per la contestazione è quello in cui si cerca di creare delle situazioni riformiste. In quei casi il giovane interviene. Io interpreto la situazione e, anche se sono stato coinvolto in situazioni non sempre simpatiche, penso che alla fine abbiamo trovato un dialogo, che continua anche dopo il convegno, e allora vede che questo va al di là della psichiatria. Il problema non è quindi la psichiatria, ma il problema è di incontrarsi. Noi operatori in questo momento siamo stretti in una morsa, in una contraddizione che vede da una parte il potere con tutte le sue organizzazioni e dall’altra delle realtà emergenti con persone che non hanno voce. Vivere questa situazione non è facile, ma se vogliamo dare un’alternativa reale alla vita dell’uomo al di là della salute o della malattia, dobbiamo scontrarci con queste situazioni critiche.
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Ho molto gradito questo articolo e vorrei rportarne alcune parti sulla mia tesi sulla follia, quindi chiedo i riferimenti da citazione come il nome del redattore di questo articolo.
grazie e arriverderci