Nel 2024 ricorreva il centenario della nascita di Franco Basaglia, il padre della legge 180. Ancora una volta il tema della salute mentale è finito in fondo all’agenda politica. Con la legge di Bilancio sono stati fatti timidi passi avanti, per esempio con la sperimentazione dello sportello psicologico nelle scuole. Ma è ancora troppo poco.
L’anno basagliano è andato completamente perso per la politica. A cento anni esatti dalla nascita del padre della legge 180, molti convegni, tanta nostalgia, un po’ di università e società civile, ma davvero poco o niente dalla politica.
Poteva essere l’occasione, invece, per una riflessione in Parlamento che fosse all’altezza delle domande aperte dalla legge 180 e dalle risposte rimaste tuttora inespresse o superate dal tempo – sono trascorsi quasi 50 anni – ma davvero la politica ha balbettato, perso tempo, accampato scuse; in sostanza, sprecato questa opportunità di fare qualche passo avanti con e a partire da Basaglia.
La salute mentale resta l’ultima delle preoccupazioni del governo e del ministero che ha rinviato all’anno che verrà la presentazione di un piano di azione. Annunci di tavoli tecnici, firme di protocolli d’intesa, tutto sacrosanto, eppure evanescente. Nessun senso di urgenza o priorità, a fronte di un allarme crescente, suffragato da ricerche, dati, inchieste, per lo stato di salute della testa degli italiani, della loro anima.
In Parlamento siamo fermi da mesi sulla istituzione dello psicologo delle cure primarie, su cui c’è il consenso a chiacchiere di tutte le forze politiche, ma quando poi si tratta di trovare i soldi per farlo davvero le spalle si alzano, gli sguardi si fanno assenti, le labbra fischiettano.
Già, le risorse. Che, tuttavia, sono il riflesso della volontà di fare, di fare sul serio. Eppure ognuno di noi sperimenta nella sua vita o in quella delle persone più care l’ombra sempre più larga del disagio mentale, della depressione, dei disturbi alimentari, delle sindromi suicidarie, dell’isolamento, dell’autolesionismo, di una fragilità che appassisce le vite, soprattutto, ma non solo, dei più giovani.
Ci riempiamo la bocca dell’influenza dei social su questi disturbi, facciamo proposte di legge, come quella bipartisan voluta da Marianna Madia assieme a Lavinia Mennuni. Però, poi, i tempi si dilatano, il senso di urgenza si fa più rarefatto nelle aule parlamentari, per poi riparlarne più avanti chissà quando.
Sulla stessa legge Basaglia le diverse proposte di riforma e attualizzazione dormicchiano in Commissione, talvolta con l’impressione che, se poi andassero avanti i provvedimenti voluti dalla maggioranza, si rischierebbe di tornare indietro non di 50, ma di 100 e più anni rispetto alla impostazione liberale e matura del padre della 180. Per cui tocca, in qualche caso, sperare quasi che non ci si metta mano, che il nulla sia meglio del peggio.
Il poco, pochissimo che si è fatto è stato quello di strappare qualche soldo per il bonus psicologo, una misura che funziona (secondo il rapporto Psycare dell’ordine degli psicologi, grazie al bonus si è ottenuto un risparmio di 288 milioni di euro in giornate lavorative recuperate, una resa del 1152% rispetto all’investimento fatto), ma largamente insufficiente rispetto alla enorme mole di richieste e di bisogni. Nel 2024 soltanto l’1 per cento della platea ha potuto trovare risposta alla sua domanda di aiuto. E il rifinanziamento – che, pure, in manovra di bilancio, in extremis, ha visto arrivare qualche spiccio in più – è drammaticamente inferiore alle esigenze.
Sempre in legge di bilancio, il Partito Democratico si è speso per l’’introduzione di uno sportello psicologico nelle scuole, una misura sperimentale che può rappresentare un buon inizio, ma che avrebbe bisogno di ben altro finanziamento, ben altra architettura per raccogliere effettivamente ed efficacemente il grido di una generazione.
I pochi, quasi i soli segni di vita sono venuti dalle città, dalle amministrazioni locali: qualche regione che ha istituito lo psicologo di base, esperienze pilota come quella di A mente libera a Roma, la salute mentale in qualche programma elettorale, tutto da verificare alla prova dei fatti.
Consegnata nelle mani della politica, l’eredità basagliana, 100 anni dopo, resta un appassito fiore selvatico, lo specchio che restituisce la nostra, sì, la nostra inadeguatezza a dare risposte serie, concrete, strutturate al diritto alla salute mentale dei nostri cittadini.
da fanpage