Il 6 e 7 dicembre 2024, al Centro Congressi Frentani a Roma, si è tenuta la 2a Conferenza nazionale autogestita per la Salute Mentale, avvenuta dopo numerosi incontri di preparazione, e che nasce dall’assunzione di una responsabilità e di una necessità rispetto alle criticità nell’ambito della salute mentale. La conferenza ha preso avvio con il ricordo di Giovanna Del Giudice (Coordinamento Nazionale Salute Mentale) di Franco Basaglia, Franco Rotelli, con un omaggio all’opera di Eugenio Borgna, scomparso il 4 dicembre scorso, i cui insegnamenti sono stati ricordati come guida sicura per il futuro delle scienze della salute mentale. L’apertura dei lavori è stata svolta da Cristiano Zagatti (Coordinamento Nazionale Salute Mentale) e a seguire i saluti di Tania Scacchetti (segretaria generale SPI-CGIL).
L’intervento iniziale di Flavio Liotti (presidente Fondazione Perugi Assisi per la Cultura della Pace) ha sottolineato che “l’impegno per la pace e l’impegno per la salute devono camminare insieme”.
La relazione introduttiva di Gisella Trincas (Coordinamento Nazionale Salute Mentale) ha ribadito l’urgenza di “prendersi cura dei Diritti Umani e delle Persone con sofferenza mentale” attraverso la “rivendicazione dell’appartenenza a quella storia di Riforma che ha restituito soggettività e diritti alle persone”. Trincas ha inoltre evidenziato l’importanza di difendere la legge 180, quale “faro di civiltà”, dal pericolo di un arretramento culturale con il ritorno a strutture chiuse e all’uso di strumenti di contenzione meccanici, chimici, fisici per il controllo della persona con sofferenza psichica.
Dopo i saluti di Dévora Kestel (Organizzazione Mondiale della Sanità), Marianna Ferruzzi (CISL nazionale) e Mirella Novelli (UIL nazionale), ha preso avvio la tavola rotonda “Quale salute mentale oggi in Italia. La parola ai protagonisti” condotta da Massimo Cirri.
- Elio Pitzalis (utente) ha portato la sua testimonianza importante sul disagio vissuto a causa di pratiche disumane, chiedendo rispetto per la dignità della persona.
- Alessandro Saullo (operatore) ha rimarcato come il processo di “demedicalizzazione può avvenire se si parla meno di psichiatri e più di pratiche di salute mentale”. Interessante che a dirlo sia uno psichiatra.
- Milva Cappellini (familiare) ha denunciato lo stato di “solitudine e disperazione” delle famiglie, e le cattive pratiche agite sulle persone con disagio psico-sociale, dall’uso indiscriminato delle diagnosi che vengono “messe addosso, come lapidi rigide e inamovibili” all’indifferenza dei curanti. Ha pregato di “trovare il modo che a qualcuno importi” di chi sta male.
- Infine Peppe Pagano (Cooperatore sociale) ha descritto l’importanza “delle attività territoriali e domiciliari di rafforzamento del sistema famiglia”.
- Dal pubblico si alza una voce, è Roberto, chiede la parola per esprimere l’importanza che lo psichiatra “si prenda la responsabilità che è insita nel suo ruolo istituzionale”. Roberto parla in modo concitato, si capisce che l’argomento lo scuote. Questo accade quando non si trova ascolto.
Sempre importante ascoltare la voce delle persone che hanno attraversato l’esperienza del disagio psichico, come Leonardo Palombo (associazione Libellula afasop di Catanzaro).
- Leonardo ha descritto la difficoltà vissuta a causa dello stigma, dell’indifferenza e dell’esclusione, e ha mostrato come la possibilità di auto-determinazione sia parte della cura e così l’ascolto. Queste le sue parole: “quando mi danno la possibilità di essere ascoltato finalmente posso vivere”. Una lezione importante per tutti i presenti.
Riguardo il protagonismo delle persone che vivono l’esperienza si auspica che nei convegni sia più numerosa la presenza delle persone e dei loro familiari, per una più profonda comprensione dell’unicità del bisogno e per la possibilità di miglioramento delle cure.
Subito dopo, sempre dalla platea chiede la parola Amalia (antropologa), che fa un intervento breve ma provocatorio. “Vi prendereste la responsabilità di quanto accaduto fino adesso”? (delle criticità attuali?). I presenti sul palco rispondono in modo positivo, “certo la responsabilità di quanto fatto di positivo la prendiamo sì”. La platea rimane in silenzio. La domanda era molto interessante perché spronava ad un contraddittorio, peccato che non sia stata colta l’intenzione.
Sarebbe importante avere più antropologi nei convegni sulla salute mentale. Questo può essere un buon proposito per il futuro.
L’intervento conclusivo è di Mariagrazia Giannichedda (Coordinamento Nazionale Salute Mentale) che ricorda la lunga marcia nel solco delle istituzioni e la figura di Franca Ongaro Basaglia. Sottolinea poi il danno di un uso indiscriminato degli psicofarmaci in assenza di una relazione con la persona.
La mattina del venerdì si è conclusa con un generale ottimismo. A fronte di problematicità politiche, culturali e sociali attuali, la platea ha risposto con una partecipazione attiva e propositiva, con la volontà, come ha detto Giannichedda, di “opporre al pessimismo della ragione l’ottimismo della pratica” (motto citato da Franco Basaglia seguendo Gramsci).
Il pomeriggio del venerdì tutti i presenti hanno avuto modo di partecipare ai tavoli di lavoro, portando il proprio contributo per il miglioramento delle pratiche nell’ambito della salute mentale. Queste le sessioni tematiche dei 5 tavoli: 1) Misure e strumenti (inter)nazionali per la tutela della salute mentale. Tavolo coordinato da Daniele Piccione e Fabrizio Starace. 2) I servizi e il lavoro per la salute mentale. Tavolo coordinato da Annamaria Accetta e Vito D’Anza 3) Libertà e diritti: contro le pratiche delle istituzioni totali. Tavolo coordinato da Giovanni Rossi e Giovanna Del Giudice. 4) Oltre il dramma Carcere. La legge 81: una riforma da completare. Tavolo coordinato da Susanna Marietti e Pietro Pellegrini. 5) Ascolta i miei silenzi. Tavolo coordinato da Nerina Dirindin, Cesare Moreno, Teresa Centro e Antonella Anichini.
La mattina del sabato hanno coordinato i lavori Stefano Cecconi e Maria Antonietta Barbagallo (Coordinamento Nazionale Salute Mentale). Landini, segretario generale della CGIL, ha posto la questione della salute e della salute mentale nel quadro più generale della grave crisi che sta vivendo tutto il sistema. E’ apparso chiaro quanto la questione salute mentale più che mai è fortemente intricata alle politiche di questo governo e quanto non sia più rinviabile l’attivazione di percorsi comuni e la partecipazione consapevole ai movimenti e alle lotte che ci aspettano.
Rosy Bindi con la sua preziosa competenza ha ancora una volta invitato a rimettere in campo le parole, le culture, i comportamenti che hanno dato la forza a quel cambiamento tanto profondo quanto impensabile.
Di seguito il rapporto dei 5 Rapporteur che hanno sintetizzato le proposte ai tavoli che sono state raccolte in un verbale con 10 proposte (qui di seguito in sintesi) da portare al Governo, Regioni e Comuni:
- inserire la Salute Mentale fra le priorità dell’agenda politica consapevoli che il diffuso disagio sociale ed economico non si risolve con risposte meramente sanitarie ma richiama l’esigenza di azioni di prevenzione e promozione della salute relativi alla vita delle persone;
- definire precise misure per assicurare la partecipazione nei servizi delle persone con disagio mentale, dei familiari, delle associazioni e del sindacato
- aumentare il finanziamento per il SSN fino al 7,5% del PIL, e una dotazione per la Salute Mentale finalmente pari al 5% del Fondo Sanitario Nazionale, dedicata ai servizi di prossimità.
- riorientare i DSM e i Servizi di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (NPIA) verso una cultura e una pratica rispettosa delle norme internazionali sui diritti umani. Garantendo con la comunità la presa in cura nell’ambiente di vita. Assicurare nei Servizi di Salute Mentale e di NPIA personale adeguato;
- garantire ai Centri di Salute Mentale il ruolo di regia del sistema di cure, con servizi funzionanti 24 ore, aperti almeno 12 ore al giorno e 7 giorni su 7, capaci di promuovere integrazione sociale, sanitaria, lavorativa, abitativa;
- definire uno specifico monitoraggio dell’attività svolta nelle Regioni, in particolare sui Livelli Essenziali per l’assistenza territoriale e per le persone più a rischio di abbandono (adolescenti e giovani adulti, persone senza lavoro, migranti, private della libertà personale, anziani non autosufficienti, persone con disabilità, ecc.), da presentare con una Relazione del Governo al Parlamento;
- incentivare la riallocazione delle risorse dalla residenzialità alla domiciliarità incrementando il finanziamento dedicato ai progetti di cura personalizzati;
- abolire qualsiasi trattamento inumano e degradante, a partire dalla contenzione meccanica, in tutti i luoghi della cura oltre che nei servizi psichiatrici
- promuovere un preciso impegno delle Università alla formazione di professionisti orientati alla salute mentale di comunità e secondo il modello bio-psico-sociale;
- garantire la tutela della salute mentale per le persone ristrette in carcere come adempimento obbligatorio delle Regioni, favorendo programmi alternativi alla detenzione. Analoga attenzione va rivolta a coloro che senza aver commesso alcun reato vengono ristretti nei Centri di Permanenza e Rimpatrio per i Migranti, e alle persone con disturbo mentale autori di reato, attuando finalmente la legge sul superamento degli OPG.
Alla conferenza hanno partecipato oltre 600 persone, in presenza e on line, “un’occasione di dibattito e di confronto attivo e di partecipazione da parte dei presenti”, come ha detto Stefano Cecconi (Coordinamento Nazionale Salute Mentale). Le molteplici attività virtuose che in passato sono state concretizzate nel nostro paese, e che continuano ad essere attualizzate, hanno rappresentato un buon punto di partenza per l’inizio dei lavori ed hanno costituito un terreno fertile per promuovere delle proposte di miglioramento della qualità della cura. Come ha detto Gisella Trincas, non bisogna dimenticare l’efficacia, in questi decenni, dei Servizi pubblici laddove sono state investite risorse e dove sono stati presenti “operatori formati e culturalmente orientati verso guarigioni possibili”.
Circa l’importanza del “tenere al centro la persona nei percorsi di cura”, un nodo critico importante riguarda indubbiamente la formazione universitaria, e i corsi di specializzazione degli operatori, una formazione sempre più tecnicistica e standardizzata, e poco orientata all’unicità del bisogno e al benessere del gruppo familiare nel contesto di vita. L’innovazione della formazione ritengo sia una questione dirimente per promuovere il cambiamento necessario nel modo di fare cura. Gli studenti, hanno una scarsa possibilità di conoscere la storia della Riforma psichiatrica e la legge 180, e difficilmente possono esercitare la capacità di una comprensione qualitativa (fenomenologica) del bisogno, la quale ha costituito, come dice Eugenio Borgna, l’indispensabile terreno per una delle “migliori psichiatrie possibili”. La mancanza di una memoria di investimento, non sta permettendo di attingere agli strumenti ermeneutici essenziali per esercitare il proprio “saper essere nella cura” da parte degli operatori. Si tratta di un esercizio di virtù che riguarda la condotta, e dunque la sfera del dovere, la quale necessita dei riferimenti etici senza i quali non è possibile riuscire a mantenere al centro la persona e ad assumere il diritto all’inviolabilità personale come valore.
Il lavoro che ci aspetta, come è stato detto in questi due giorni, è impegnativo, si confida in un prosieguo e in altre occasioni di incontro in cui affrontare in modo ancora più approfondito anche questo punto su cui c’è molto da lavorare con le istituzioni e le organizzazioni. Felice che questa mia proposta sia tra le dieci da portare al Governo, ai Comuni e alle Regioni, insieme alla possibilità di autodeterminazione delle persone e delle famiglie e di un maggiore riguardo verso il loro bisogno nei percorsi di cura e rispetto alla possibilità di un loro coinvolgimento presso i Servizi pubblici e nei contesti di vita. La campagna #180benecomune l’arte di restare umani, che avremmo voluto presentare con più larghezza, ha trovato poco spazio e forse bisognerà, in una nuova iniziativa del coordinamento, dedicare maggiore attenzione alla campagna #180benecomune.
I lavori si sono chiusi con l’intervento di Nerina Dirindin (Coordinamento Nazionale Salute Mentale).
La due giorni di Roma (6 e 7 dicembre 2024) si è conclusa con una DICHIARAZIONE che apre una nuova stagione di mobilitazione e lancia 10 proposte. Come scrive Il Coordinamento nazionale Salute Mentale:
“La mobilitazione è necessaria per reagire alla crisi delle politiche e dei servizi per la salute mentale, del Servizio Sanitario Nazionale e dei servizi sociali. Per reagire al permanere di stigma e pratiche non rispettose dei diritti (come la contenzione), alla gravissima situazione nelle carceri e nel sistema di accoglienza per i migranti, in specie con i CPR, all’inadeguatezza del modello di assistenza rivolta alle persone anziane non autosufficienti e alle persone con disabilità, ai minori in difficoltà, al crescente disagio giovanile, ecc.). Per reagire alle logiche repressive e neo-manicomiali sostenute dal Governo e da alcune forze politiche. Mentre le terribili guerre in corso procurano sofferenze e morte, alimentando paura e disagio mentale, e il riarmo, finanziato anche dal nostro Paese, sottrae risorse ai diritti sociali. La Conferenza non termina oggi: decidiamo di avviare da subito un nuovo percorso di iniziative, nazionali e in diverse città italiane”.