di Eleonora Martini

Il decreto Severino è legge. Passa alla Camera con 305 sì, i no di Lega e Idv,l’astensione dei Radicali che si sono voluti distinguere da leghisti e dipietristi

Il decreto Severino, provvedimento tampone sull’emergenza carceraria, da ieri è legge. L’Aula della Camera l’ha licenziato con 305 voti favorevoli (lontani dai 420 sì incassati una settimana fa sulla legge dal governo), i 105 no di Lega e Idv, e le 26 astensioni tra le quali si contano quelle della pattuglia Radicale. Mentre su piazza Montecitorio i deputati leghisti, dimentichi di aver votato a favore nel 2010 dell’ultimo «svuotacarceri» di Alfano, innalzavano cartelli e urlavano slogan contro i «criminali in libertà», dentro, sugli spalti, Di Pietro e i suoi inveivano contro il governo che «in nome della solidarietà, diventa correo dei delinquenti». Da ieri è legge dunque la norma che agevola la reclusione alternativa per gli ultimi 18 mesi di pena residua (anziché i 12 del precedente decreto), il ricorso alle celle di sicurezza o ai domiciliari per chi è in attesa di processo per direttissima, e stabilisce la data di scadenza degli Ospedali psichiatrici giudiziari, fissata al marzo 2013.

Ed è proprio su quest’ultimo articolo (il 3 Ter), considerato dal senatore Pd Ignazio Marino, estensore dell’emendamento che l’ha introdotto, una «svolta epocale di civiltà», che assume interesse il punto di vista Radicale e in particolare della deputata Maria Antonietta Farina Coscioni, autrice del libro «Matti in libertà» per i tipi di Editori Riuniti.

Voi Radicali vi siete astenuti sulla legge. Perché?

Perché siamo davanti a un compromesso al ribasso, non adeguato alla nostra proposta di riforma dell’istituzione carcere. È una misura tampone ma non all’altezza dei provvedimenti che noi auspicavamo, ossia l’amnistia e l’indulto, con i quali avremmo riportato il sistema giudiziario in condizioni di poter operare e avremmo evitato quell’amnistia illegale costituita dall’enorme mole di reati che oggi finisce in prescrizione. Ma il ministro ha ritenuto di attribuire alla sola iniziativa parlamentare e non governativa la questione. Nulla poi è stato detto o fatto riguardo la carcerazione preventiva che è uno dei nodi cruciali, visto che il 42% dei detenuti è in attesa di giudizio.

Con l’astensione però riconoscete almeno la buona volontà del governo, come fu anche con Alfano per il primo svuotacarceri.

Abbiamo voluto distinguerci dalla Lega e dall’Italia dei valori che hanno votato contro con motivazioni per noi incondivisibili e inconciliabili. Per loro il detenuto è in qualche modo meritevole dei “trattamenti degradanti”, una conseguenza semmai dei suoi reati. Noi invece vogliamo tutelare i detenuti che sono prima di tutto persone e anche le vite di chi è costretto in carcere per lavoro. L’anno scorso Alfano aveva tentato una riforma più ampia poi è stato costretto al compromesso. Da questo governo, svincolato da logiche politiche e partitiche, ci aspettavamo qualcosa di più.

La Guardasigilli Severino sul sito del ministero ha difeso il decreto assicurando che da quando è in vigore «c’è stata una flessione del fenomeno delle “porte girevoli” pari al 21,57%». Cosa pensano i Radicali della norma sulle celle di sicurezza?

La nostra astensione riguarda l’intero provvedimento. Ma certo anche questo punto non ci convince, soprattutto perché le celle di sicurezza dei corpi di polizia o delle questure non garantiscono sufficiente trasparenza e dunque la certezza dell’incolumità dei reclusi.

Arriviamo al punto degli Ospedali psichiatrici giudiziari, di cui lei si è molto occupata. Perché questo articolo di legge non vi convince?

Se diamo per assodato che il disagio mentale non si cancella per decreto, vediamo anche che l’articolo 3 Ter – che non è stato scritto dal Partito democratico – non garantisce alcuna protezione a queste persone che più del detenuto normale hanno bisogno di cure. Non è certa inoltre la relazione che deve esistere tra magistratura e i servizi psichiatrici. Perché siamo convinti che la psichiatria debba occuparsi della violenza e di queste persone che, in alcuni casi sono oggettivamente pericolose per sé e per gli altri e in altri casi invece in queste strutture non devono arrivarci o rimanerci oltre la fine della pena. L’articolo non mette mano ai Codici penali e di procedura penale e quindi non muta il concetto di «pericolosità sociale» previsto per le persone «non imputabili» per incapacità di intendere e volere.

L’articolo impone ai magistrati la fine dell’internamento negli Opg a partire dal marzo 2013. Le misure di custodia saranno da allora eseguite all’interno di strutture sanitarie; chi invece è dimissibile sarà affidato ai servizi territoriali. Cosa non vi convince?

Non è affatto chiaro che tipo di residenze si apriranno per garantire la custodia e la cura dei malati che hanno commesso reati gravi, e come verranno gestite. Saranno residenze aperte o chiuse? La prima paura è che questi luoghi non siano più soggetti a un certo tipo di controllo che invece oggi è possibile negli Opg.

Da giorni un folto gruppo di «basagliani», psichiatri che contribuirono alla “rivoluzione” della legge 180 e personalità di vario tipo, hanno sollevato molte critiche su questo articolo sostenendo ragioni simili alle vostre. Altri sostengono perfino che il malato psichico debba scontare la pena in carcere come gli altri e lì ottenere le cure necessarie. Siete d’accordo?

No, mi sembra troppo semplicistico. Noi vogliamo rivedere i casi di imputabilità e non imputabilità. Vorremmo distinguere, dalle doppie diagnosi all’alcolista al tossicodipendente: le norme del codice penale sono complesse su questo punto e vanno riviste, distinguendo soprattutto i soggetti. Dovrebbero poi essere potenziati e rivisti anche i servizi territoriali che dovranno occuparsi degli ex internati. Infine va sottolineato che il superamento degli Opg non è stato deciso con questa legge ma con il Dpcm del 2008 emanato dal governo Prodi. Da allora ad oggi, però, dopo quattro conferenze unificate Stato-Regioni, nulla è cambiato a livello dei servizi d’accoglienza territoriali. Quindi oggi non possiamo dirci tutti felici solo perché è apparsa una data certa. Quello che ci preoccupa invece è come verrà gestita questa fase e quale futuro prevediamo per queste 1.500 persone oggi costrette negli Opg.

( da Il Manifesto del 15.02.2012)

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