Sono d’accordo con la lettera di Peppe a Bondioli. Ricordo bene la stretta alla vigilia della approvazione della 180, così diversa da come la avrebbe voluta Franco Basaglia (e infatti sarebbe più esatto chiamarla legge Orsini, il grande mediatore con l’establishment medico e con la balena bianca), ma che Franco appoggiò a spada tratta poichè al momento non vi erano alternative – a meno i congelare tutto – ai trade-off di detta legge.
Oggi, a più di trent’anni di distanza, è chiaro come il sole – per chi vuole vedere – che differenza c’è fra i luoghi in cui almeno una maggioranza di sofferenti gravi beneficia di progetti personalizzati di assistenza, cura, riabilitazione, ecc, e dove non si lega, e i luoghi dove prevalgono le lungodegenze in micromanicomi subappaltati ai clientes di turno e dove si seguita a legare a tutto spiano (per non parlare dei pazienti “mineralizzati” – come diceva Manuali – con dosi foresennate di neurolettici); e che differenza c’è tra un FVG che ha meno di due custoditi in OPG per milione di abitanti, e il nostro Lazio che ne ha una ventina per milione di abitanti.
Quindi, con tutto l’apprezzamento e il rispetto per la spinta creata dalla commissione Marino, non pare assolutamente accettabile chiudere gli occhi e turarsi il naso come fossimo ancora negli anni ’70. Da quasi ottantenne non “addetto ai lavori”, non mi spetta ovviamente di stabilire le linee di una strategia di attacco nell’iter parlamentare, prima che il cerchio si chiuda – e rischia di chiudersi ìmolto alla svelta. Proprio ieri una addetta ai lavori mi parlava di come a Viterbo una delle “più quotate” cliniche private “polifunzionali” fosse già bella che pronta ad adibire uno dei suoi edifici a miniOPG, quasi certamente con accordi già fatti con i responsabili del pubblico. Pecunia non olet, come disse Vespasiano parlando dei proventi dei servizi pubblici che da lui prendono il nome.
Cari saluti
Giorgio Bignami