di Cesare Bondioli (Responsabile Nazionale Carceri e OPG di Psichiatria Democratica)
Cari compagni ed amici,
le polemiche suscitate dall’approvazione dell’Art 3 –ter del c.d. “Decreto svuota carceri”, mi riportano alla mente quanto successo nel 1978 con l’approvazione della 180, specie per la sua parte che introduceva il TSO.
E’ noto che lo stesso Franco Basaglia avrebbe voluto che nella legge non fossero previsti dispositivi “coercitivi” ma con grande senso di responsabilità e visione politica, finì per accettare il TSO come male minore. Anche allora parti consistenti del movimento si opponevano al tso ma nessuno si spinse fino al punto di disconoscere la 180 per una visione “pura e dura” dei risultati della lotta di deistituzionalizzazione dei manicomi di cui la 180 fu comunque l’esito e l’inizio di una sua generalizzazione. Nessuno si sognò di dichiararsi apertamente contrario alla 180 , insieme alle destre, anzi tutti rivendicarono la Legge come un successo del lavoro svolto dal movimento anti-istituzionale dentro i manicomi e nel territorio; tutti poi si sono impegnati nel lavoro quotidiano per una applicazione avanzata della legge proprio nei suoi aspetti più critici e criticabili: da qui la battaglia, non ancora vinta, per SPDC aperti e senza contenzioni o per forme di ricovero alternative (v. servizi di salute mentale h 24 con posti letto).
Proprio la diversità delle esperienze ha arricchito il confronto e ha fatto sì che la 180, e la chiusura dei manicomi, si affermasse in tutto il Paese, diventando un riferimento non solo nazionale ma europeo.
Oggi, a mio avviso, con l’approvazione al senato dell’art. 3-ter, ci troviamo in una situazione analoga a quella del ’78.
Dobbiamo riconoscere i nostri limiti come i nostri successi.
In tutti questi anni il movimento psichiatrico progressista (ed anche alcune forze politiche), nelle sue varie espressioni, ha sempre tenuto vivo il dibattito sia sugli opg e le condizioni materiali in cui versavano strutture e internati sia sul sistema giuridico (e psichiatrico) che lo sosteneva (inimputabilità, misura di sicurezza): questo impegno non è stato tuttavia sufficiente, da solo, a modificare la situazione.
Sono altrettanto convinto che senza questa ostinata attenzione al problema opg, la Commissione Marino non avrebbe portato la sua indagine sugli opg e non ci sarebbe stato l’impatto mediatico ed emotivo che ne è seguito né, conseguentemente, nemmeno il decreto.
Nel breve periodo (ricordo che tra l’inizio del movimento a Gorizia e la 180 sono passati 17 anni!) non credo che si potesse ottenere di più considerato anche il clima politico odierno ben diverso da quello della seconda metà degli anni ’70.
Di conseguenza, oggi, dobbiamo ritenere il DL anche un nostro successo senza per questo accontentarci del risultato, ma non è realistico pensare di ottenere sostanziali modifiche nel passaggio dal Senato alla camera mentre è concreto il rischio, se il decreto dovesse tornare al senato per un altro voto, che, data l’urgenza dell’approvazione del DL nel suo complesso (svuota carceri !!), l’art. 3-ter possa venire espunto.
Quindi credo che dobbiamo accogliere il Dl come un passo importante per l’obbiettivo del definitivo abbandono di una istituzione che trova la sua ragion d’essere nell’attuale sistema giuridico.
Di più ritengo che il DL, specie per la sottolineatura reiterata che fa della natura “sanitaria” delle strutture istituite, potrà funzionare da rinforzo nella applicazione, ancora insufficiente, delle già esistenti sentenze della Corte che, in tema di applicazione della misura di sicurezza, hanno ripetutamente sottolineato il diritto alla salute del soggetto cui la misura andrà applicata.
Il DL va accolto e difeso nella sua applicazione (sono già iniziati ad Aversa conflitti tra Comune e USL per la sistemazione degli attuali internati fuori dall’opg) a tutti i livelli: prevenendo gli invii nelle “strutture sanitarie” e favorendo la dimissione degli attuali internati mediante la formulazione per ciascuno di un progetto terapeutico-riabilitativo che si concluda per chi è in proroga con la dimissione e per glia altri con al richiesta di revoca anticipata della misura di sicurezza perché questa, ad oggi, è l’unica condizione che consente la dimissione dell’internato (con l’accesso alla licenza finale di esperimento).
Abbiamo quindi davanti una lotta di medio-lungo periodo in cui consolidare la credibilità e praticabilità delle nostre proposte, anche a legislazione invariata, come abbiamo fatto negli anni precedenti la 180 (ci siamo dimenticati che abbiamo cominciato a lavorare nei manicomi con la Legge 1904 e abbiamo aspettato il 1968 per avere l’art.4 per i ricoverati, ma questo non ci ha impedito di dare sempre una applicazione delle norme avanzata e in favore del paziente?).
Ancora una volta non credo che ci siano scorciatoie, che dovremo stare nella contraddizione ma con una prospettiva chiara, aprendo subito un confronto con la Magistratura e le forze politiche disponibili per modificare il Codice Penale in quelle norme che sono al fondamento dell’utilizzo dell’opg, oggi, e delle future strutture “sanitarie” domani se non verranno cambiate.
Ancora una volta occorre sporcarsi le mani, non cantare scioccamente vittoria ma nemmeno buttare il bambino con l’acqua sporca, ma soprattutto non dividerci perché questo decreto registrerà una forte opposizione nella sua applicazione che verrà rinforzata dalle nostre eventuali divisioni.