”I motivi di indignazione purtroppo, come sempre, abbondano. Anche se forse bisognerebbe iniziare ad essere più selettivi anche con l’indignazione, in modo da preservare le nostre energie per poter intervenire. Sicuramente suscitano in me vergogna come essere umano quei luoghi disumani che sono gli Ospedali Psichiatri Giudiziari, gli OPG, sopravissuti alla rivoluzione di Franco Basaglia, l’unica rivoluzione realizzata nel nostro paese. E lo stesso sentimento suscitano in me le carceri per quello che sono diventate ormai da troppi anni. Quella rivoluzione incruenta a cui tutto il mondo ha guardato, la rivoluzione basagliana, non ha completato il suo corso. A parte tutto quello che ancora resta da fare riguardo alla applicazione di un ottima legge come la 180 (i centri di assistenza per i pazienti e l’aiuto alle famiglie in troppe regioni sono ancora decisamente insufficienti), c’è il capitolo degli OPG che in Italia sono ancora 6 e di cui ultimamente si è tornati con forza a parlare.
C’è stata un inchiesta parlamentare condotta da Ignazio Marino che è andato personalmente a visitare, uno per uno, questi luoghi e nella quasi totalità dei casi, salvo rarissime eccezioni (una sola) si è trovato di fronte, ancora una volta, a uno spettacolo inverecondo. Brutture sotto qualsiasi soglia di civiltà: situazioni sanitarie indecenti, gente di nuovo incatenata ai letti o ai termosifoni. Violenze fisiche e psicologiche di ogni genere. Purtroppo il problema si somma, come spesso accade, ad altro problema : il sovraffollamento delle carceri. Infatti, la chiusura degli OPG dovrà prevedere l’offerta, o la costruzione di luoghi alternativi adatti che non vadano ulteriormente a gravare sul sovraffollamento delle case circondariali.
Ritengo gli Ospedali psichiatrici giudiziari una vergogna nazionale e sono convinto che presto, grazie all’impegno e alla buona volontà di molte persone, saranno finalmente chiusi, ma credo che il percorso sarà portato a termine solo il giorno in cui verranno definitivamente messi in discussione i concetti di ‘incapacità di intendere e di volere’ e di ‘non imputabilità’. In modo che di fronte alla giustizia non debba più esistere il “folle reo”, ma solo un reo che, se infermo di mente, debba incontrare misure alternative in sede di esecuzione della pena. E che possa soprattutto godere dello stesso diritto fondamentale che spetta a qualsiasi detenuto : la certezza di fine pena.”
(da Diversamente Aff-abile, blog di Fiamma Satta su Gazzetta dello Sport.it)