COMUNICATO STAMPA DELL’ASSOCIAZIONE SARDA PER L’ATTUAZIONE DELLA RIFORMA PSICHIATRICA
Ieri mattina alle 8 e 30 i carabinieri del N.A.S. hanno chiuso due case private a Sassari dove abitano dei cittadini che vivono l’esperienza della sofferenza mentale e che avevano deciso di intraprendere una convivenza, a loro spese, chiamando a sostenerli, nella loro quotidianità di vita, gli operatori di una cooperativa sociale.
Questa convivenza, per la Procura di Sassari, non è possibile in quanto persone con sofferenza mentale, secondo il parere del Magistrato, dovrebbero stare in strutture sanitarie regolarmente autorizzate e in possesso dei requisiti di legge.
Ci domandiamo perchè!
Perchè negare ai 4 uomini del primo appartamento e alle 5 donne del secondo appartamento di abitare insieme in una sperimentazione di vita normale come qualsiasi altro cittadino. Organizzando la loro vita nella normalità dell’esistenza, scegliendo loro le persone di fiducia da cui farsi aiutare. Curando la loro casa e le loro cose fuori da qualunque circuito pubblico assistenziale. Andando dal dottore quando serve come fanno tutti i cittadini e le cittadine.
In quante delle nostre case abitano una o più persone? Ci sono famiglie in cui tre componenti e oltre vivono la condizione di sofferenza mentale. E ricevono assistenza personalizzata per il tempo che le istituzioni (ASL o Comuni) possono garantire, in base alle risorse disponibili. Oppure con l’assistenza personalizzata garantita dalle stesse famiglie.
Ci sono tanti di questi esempi in giro per l’Italia e a nessuno verrebbe in mente di chiudere le case private dove abitano cittadini liberi, pur con delle difficoltà!
Queste donne e questi uomini, che avevano ripreso a codurre una vita normale, sono stati costretti a raccogliere le loro cose e andare dove non volevano andare: le strutture della ASL all’interno dell’ex ospedale psichiatrico. In quei luoghi si può condurre una vita normale? NO!
Perchè non sono case, perchè non sono nel contesto urbano (come prevede anche la normativa sulla salute mentale), perchè vi è un concentrato di sofferenza visto l’alto numero di residenti, perchè la quotidianità è scandita dai ritmi e dalle modalità organizzative dell’istituzione.
Noi siamo al fianco di queste donne e di questi uomini, e dei loro familiari, e auspichiamo che tutto si risolva nel più breve tempo possibile consentendo a queste persone di poter rientrare nelle loro case riprendendo quel percorso di vita drammaticamente interrotto. A questo tipo di percorso tendono le norme regionali e nazionali (ma anche le raccomandazioni dell’Europa e dell’O.M.S.). Ad un percorso orientato alla ripresa, alla guarigione, alla migliore vita possibile.
Cagliari 07.07.2011
La Presidente, Gisella Trincas