Funziona il defibrillatore di Peppe Dell’Acqua? Sì, ma ci sono voluti ben due articoli di Libero per sperimentarlo e i redattori ce l’hanno messa tutta per metterlo alla prova (sia il defibrillatore che Peppe).
L’antefatto. Il quotidiano Libero, pubblica un articolo pieno di falsità (che strano, eppure è una testata così seria) sul Dipartimento di Salute Mentale di Trieste. L’azienda sanitaria si trova costretta a querelarlo. Gli avvocati della difesa hanno capito che rischiano di brutto e così propongono un articolo riparatore. L’azienda accetta questa soluzione. Ma l’articolo che avrebbe dovuto ristabilire la verità contiene così tante inesattezze aggiungendo al danno anche la beffa.
Il fatto. E’ un pomeriggio afoso, di quelli che a Trieste sembrano così rari. E’ in corso la terza assemblea del convegno Impazzire si può, quella sulla Carta di Trieste e sulla correttezza dell’informazione in generale. Il teatro di San Giovanni è pieno all’inverosimile. Nonostante siano state aperte le porte laterali non tira un filo d’aria. Essendo la terza assemblea, l’esperienza ci ha portato a rifornire il tavolo dei conduttori di numerose bottiglie d’acqua.
Dopo una serie di interventi, alcuni dei quali già programmati, prende la parola l’esimio professor Giuseppe Dell’Acqua che, con linguaggio scientifico e distaccato, analizza i due articoli citati nell’antefatto per spiegare che: “bricconcelli, così non si fa”. Questo almeno era nelle sue intenzioni, ma Peppe prima di essere un professore è un uomo. E s’incazza. Vorrebbe essere sereno, usare un registro ironico, inoltrarsi in una dotta prolusione di quelle che ti distruggono con un sorriso. Ma lui non è un piemontese come Umberto Eco. Soprattutto quando intravede la malafede che nasce da interessi materiali, Peppe s’incazza. Troppo. Il suo discorso è un’escalation d’indignazione che sembra non voler mai raggiungere il suo culmine quando lancia un grido di dolore e s’accascia sulla sedia. Poi si alza ed esce dalla sala.
Panico generale. Nessuno sa cosa fare. S’avvicina un’amica genovese, counselor e giornalista; chiede la parola. Solo dopo qualche secondo realizzo che il suo intervento, qualunque cosa dica, ha la funzione di riportare il teatro ad una parvenza di normalità e gli do volentieri la parola. Le persone che si erano alzate per andare a vedere cosa era successo a Peppe si rimettono ordinatamente sedute. Intanto io sto nel pallone. In caso di pericolo non vengo preso dal panico subito ma, passata l’urgenza, sì. Così, di nascosto, prendo uno Xanax che ho sempre con me.
Intanto guardo Gabriella Feriani che ha condotto con una insospettabile professionalità tutto il convegno (quasi non avesse fatto nient’altro nella vita). Capisco che anche lei è terribilmente provata ma trova la forza di sorridere e di rimanere calma.
Da una porta laterale compare Peppe che rassicura tutti: “Non vi preoccupate: ho un defibrillatore interno che è entrato in funzione. Non è successo nulla”. E si rimette a sedere in prima fila come se volesse continuare ad assistere ai lavori.
Pochi minuti e fortunatamente arriva la moglie di Peppe che lo prende per mano e gli dice qualcosa. Io sto vicino e mi sembra di sentire: “Non fare lo stupido e vieni con me in ospedale” o qualcosa del genere. Non giurerei sulla precisione dei singoli termini ma il tono era quello. Lui sembra voler fare storie, minimizzare, ma basta un’ulteriore occhiataccia: lui si alza e la segue. Siamo tutti più tranquilli.
Ragazzi: meno male che ci sono le donne che conservano ancora un po’ di buonsenso!
roberto morsucci
N.d.R.: ho scritto questo pezzo su suggerimento di Peppe per rassicurare tutti che lui sta bene, che è tutto passato e che ha promesso solennemente di non arrabbiarsi più. Almeno per un paio di giorni. Però Libero non glielo facciamo leggere più. Questione di prevenzione medica.