di Paolo Svegli, Ass. Porte Aperte, Ravenna. La salute mentale riguarda tutti quelli che hanno una mente, come la salute fisica riguarda tutti quelli che hanno un corpo. In questi giorni sono stato a Trieste come relatore al 6° corso nazionale di formazione di famigliari di persone con problemi di salute mentale. Arrivare a Trieste è sempre magico, senti l’energia di questo posto che è stato uno dei manicomi più grandi d’Italia (1200 persone) ed è diventato il punto da cui è partito una nuova cultura della salute mentale. Una cultura basata sulla centralità della persona e non della malattia. Quindi un nuovo modo di curare le persone e non le malattie. L’obiettivo diventa guarire e non più isolare, ingabbiare (l’oggetto qui sopra veniva utilizzato fino agli anni settanta, non nel 1600! – si chiama letto di contenzione, ma non ha il materasso, la base è una rete di ferro!!).
Credo che chiunque di noi “sani” sottoposto a questi “”trattamenti di cura”” avrebbe dato segni di malattia mentale!
Ma questo è il mondo dove SI PUO’ FARE, dove ragioniamo sulle nostre possibilità e non sulle nostre limitazione, su ciò che ciascuno di noi (famigliare, persona con l’esperienza di problemi di salute mentale, o semplice cittadino) può fare perchè il modello di salute mentale verso cui si tende sia quello della GUARIGIONE e della CURA e NON quello della contenzione e dell’isolamento.
Da coach mi viene sempre la solita domanda? Qual’è l’obiettivo? Una volta era quello di isolare i “matti”, quelli diversi, una volta si facevano i “ghetti”, gli “stanzoni con le porte di ferro” dove chiudere le persone in modo che non “dessero fastidio”…
Ma oggi qual’è l’obiettivo? Dipende sempre dalle nostre CONVINZIONI… se siamo convinti che le persone con problemi di salute mentale siano “rotte”, “non più funzionanti” allora l’unica soluzione è contenerli da qualche parte, legandoli (fisicamente – in Italia le fasce per legare le persone ai letti si usano ancora oggi in certi “ospedali”) o chimicamente (ci sono medicinali che ti stordiscono al punto da rendere difficile anche la deambulazione).
Se invece pensiamo che la persona PUO’ SEMPRE evolvere, e che lo farà nel momento nel quale riceve stimoli appropriati, allora ci occuperemo della persona e non della sua malattia.
Allora penseremo a tante soluzioni che coinvolgano il meglio delle persone, penseremo ai loro sogni, a poter avere amici, parlare con altri, esprimersi in mille modi (ieri sera qui c’è stato un concerto veramente bellissimo!), poter pensare ad un futuro, ad una casa, ad un lavoro…
Utopia? Non so se sia realizzabile sempre, in ogni caso. Quello che so è che l’unico modo per non realizzare qualcosa è pensare che sia IMPOSSIBILE, mentre pensare che è POSSIBILE e cominciare ad agire per realizzarlo porta risultati. Credo che chi pensa che è impossibile vive in un mondo più limitato e più triste, e SE VUOLE, potrebbe fare un giro qui, o in uno dei tanti centri di salute mentale dove si crede più nella persona che nella chimica (anche vicino a noi ci sono belle realtà), per vedere che qualche risultato c’è.
E finchè ci sono risultati, piccoli o grandi che siano, allora continua ad essere importante crederci e AGIRE, ciascuno con il suo ruolo: specialisti, famigliari, cittadini, persone che vivono direttamente il problema di salute mentale…