Oltre i cancelli inizia un viaggio che riporta indietro di ottant’anni, ai tempi del Codice Rocco che istituì i manicomi. La malattia mentale resta uno stigma, una ferita da nascondere alla società tanto più se ha portato con sé aggressioni o, peggio, omicidi. Ma dietro i cancelli di ciascuno degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) non si trovano solo autori di crimini efferati: c’è chi si è vestito da donna ed è andato davanti a una scuola venticinque anni fa, chi nel 1992 ha fatto una rapina da settemila lire in un’edicola fingendo di avere una pistola in tasca, chi ha procurato danni al patrimonio della sua città perché non riceveva le cure adeguate alla sua patologia. Molti di loro hanno commesso un reato bagatellare, di quelli punibili con pochi mesi di prigione, come l’ingiuria, senza troppa consapevolezza dei successivi, possibili percorsi.
Così si finisce in OPG e si rischia di non uscire più. Per uno schiaffo o un’ingiuria si può essere condannati all’ergastolo bianco. Ecco cosa racconta il documentario della Commissione d’inchiesta: lenzuola non sostituite per settimane, lezzo di urina, tanfo e sporcizia ovunque, letti arrugginiti. In alcuni casi, letti di contenzione con un foro nel mezzo per la caduta degli escrementi di internati legati per giorni. Stanze da quattro ospitano nove internati su letti a castello (proibiti in un ospedale); spesso ogni internato ha meno di tre metri quadrati a propria disposizione, in netta violazione di quanto sancito dalla Commissione europea per la prevenzione della tortura. Questa, infatti, è tortura.
Nessun rispetto per l’identità di una persona e la sua dignità, dall’igiene più elementare al diritto alle terapie. Le medicine trasformate in camicie di forza invisibili che contengono, non curano, pochissimi medici presenti quattro ore a settimana in strutture in cui si contano anche 300 persone. Sono gli internati stessi a raccontare il degrado di chi, ad esempio, è costretto ad infilare le bottiglie d’acqua nel buco dei bagni alla turca – come e’ avvenuto all’ospedale di Aversa – per farle rinfrescare d’estate o per impedire la risalita dei topi.
La Commissione sta monitorando ogni settimana ciascuna struttura per avere notizie degli internati che dovrebbero essere stati dimessi già da mesi o anni, persone rinchiuse anche se hanno commesso un reato minore, e mai più uscite a causa delle infinite proroghe delle misure cautelari. Raccogliere i primi dati non è stato per niente semplice: reticenze, diffidenze, inesattezze hanno scandito le prime settimane di lavoro soprattutto negli OPG più degradati. Ci sono, tuttavia, OPG come quello di Reggio Emilia dove gran parte dei dimissibili hanno già lasciato la struttura. Speravamo di poter fare molto e al più presto ma abbiamo bisogno che le strutture collaborino seriamente e continuativamente. E così dovranno fare i territori: queste persone e queste situazioni sono responsabilità di tutto il Paese, non dobbiamo tollerare degrado e condizioni di vita incompatibili con il più elementare rispetto della dignità e lesivi dei principi della nostra Costituzione.
Su 376 internati dichiarati ‘dimissibili’ per ora solo 65 sono stati effettivamente dimessi, mentre per altri 115 è stata prevista una proroga della pena. Di questi ultimi, solo 5 sono ancora internati perché ritenuti socialmente pericolosi, tutti gli altri non hanno varcato i cancelli dell’OPG perché non hanno ricevuto un progetto terapeutico, non hanno una comunità che li accolga o una Asl che li assista. Il territorio li rifiuta: mancano le risorse, si dice, ma la Commissione ha ottenuto dal Governo l’impegno per uno stanziamento di 10 milioni di euro (5 del ministero della Salute, 5 del dicastero della Giustizia) per agevolare l’assistenza di coloro che da queste strutture devono uscire per essere accuditi altrove, sul territorio, con cure appropriate che li aiutino a tornare pienamente alla vita ‘libera’. Forse sarebbe più onesto dire che manca la volontà perché questi non sono pazienti psichiatrici come tutti gli altri e su di loro il pregiudizio si fa più pesante.
Sulla chiusura degli OPG si dibatte molto e da diverso tempo. La Commissione vuole chiuderne almeno tre su sei e, comunque, arrivare all’individuazione di nuove strutture a custodia attenuata da destinare al trattamento sanitario degli internati. Alla luce dei recenti fatti di cronaca che hanno coinvolto l’Opg di Montelupo Fiorentino (dove un internato è morto per aver inalato del gas) e Aversa (dove due guardie della polizia penitenziaria sono state poste agli arresti domiciliari per aver abusato di un internato transessuale), le istanze di chiusura e riforma espresse già lo scorso luglio sono ancora più urgenti.
(da www.ignaziomarino.it)