La prima volta, sto mangiando una pizza con della gente, e mentre sono lì che snocciolo stronzate la stanza si gira e il cuore parte a caso. Un attimo, non se n’è neanche accorto nessuno.

 

La seconda volta, è mesi dopo. Dormo e il battito ba-ba-bam, mi sveglia.

Ti sei svegliata con il battito accelerato.

No no, mi sono svegliata per, il battito accelerato.

Dico precisamente così shakerando mia madre alle due de la mañana. Lei mi dice guarda che lo so come funzionano sté cose, è ansia. Io non so niente che sono per terra e dico occhei se muoio, e ti dico che muoio perché questo è evidentemente un infarto in corso, cazzi tuoi, colpa tua.

Il tizio della Guardia Medica che arriva in seguito, è un capolavoro sociologico.

Metrocubo, per comodità lo chiameremo Metrocubo, Metrocubo mi fa girare intorno al tavolo e mi sbeffeggia, mi fa le domande e mi sbeffeggia, versa delle gocce in un bicchiere e mi sbeffeggia. Allunga il bicchiere e dice a mia madre Signora, di questi tempi le benzodiazepine le prendono tutti, son farmaci come altri, è roba da niente. Mia madre alza un sopracciglio, io butto giù al salto. Scusi ma cos’è? Trenta gocce di Ansiolin. La domanda sulle possibili controindicazioni non la finisco, il mondo è rosa e ha la consistenza di un marshmallows.

 

La terza volta non è la terza, è la  tante-ma-tante volte meno forti  dopo nell’arco delle due settimane successive. Son sempre piegata in un angolo, ma al Pronto Soccorso.

L’infermiere è un tizio di quei tizi che puoi dire lui mi ha visto crescere, e che superati i convenevoli del Cosa cavolo ci fai qua nella posa del gargoyle?/ Mah guarda penso che sto per morire, mi rassicura.

Intanto che probabilmente non è vero che sto per morire, e poi che in generale, in PiEsse di casi di attacchi di panico ne arrivano tanti. Non mi convince, ma comunque lattaccodipanico sfonda la porta del mio vocabolario quotidiano.

Mi dice poi, senti, il doc di turno insomma, è bravo eh, poi tante volte ha delle intuizioni che insomma, le imbrocca [le imbrocca?], però ecco, è un po’ strano.

Dall’altra stanza una voce baritonale attacca il ritornello di Senza una donna, e poco dopo invoca il mio nome.

Vieni qua, senti tu, tieni per il Napoli?

Ma, io veramente non seguo il calcio..

Figlia mia, non ti ho chiesto se segui il calcio, ti ho chiesto se tieni per il Napoli. Tieni per il Napoli?

Sì, tantissimo.

Bene. Che hai?

Il battito cardiaco accelerato, intorpidimento di braccia e gambe, dolori intercostali e poi..

Senti mi fai un favore..

Eh?

Vaffanculo..

Occhei sì, però..

No no, proprio devi andare a cagare..

Va bene, mi rendo conto che non suona credibile, ma sto veramente male..

E  io farmaci non te ne do.

Ma io i farmaci non li voglio, io voglio degli esami, delle analisi!

Ma tu lo sai che le persone stanno male, veramente?

Ecco..

Allora tu adesso quando arriva il panico, perché arriva, lo mandi a cagare.

Pure lui.

Sì, e non ti prendi una camomilla, ti fai un caffè.

In verità questo mi sembra un po’ azzardato..

E ora ti fermi a mangiare una pizza con noi.

Guardi il fatto è che c’è mia madre incazzata come una iena in macchina..

E chiama purallei!

Non la chiamo purallei, chiamo il mio migliore amico e penso che se mi stendo con le birre al massimo crepo nel sonno.

 

La quarta volta, sono di nuovo in Pronto Soccorso, ma con miocuggino. Sono fortunata. Mia madre e i residui accuratamente selezionati di famiglia hanno capito che mentale o fisica che sia, questa roba è una malattia reale.

Le infermiere mi salutano e mi chiamano per nome, penso a quell’altro mio amico che mi fa che tra poco mi daranno la tessera dieci entrate un caffè gratis. Nel frattempo mi limito a esser qua con una dottoressa deliziosa che le analisi e gli accertamenti me li fa sul serio.

Il cuore è a posto, e per festeggiare mi allungano uno shot di Diazepam. Tinte pastello e piogge di confetti glassati. Con aria beota ritiro i referti dal doc sono-una-faccia-di-merda-col-male-di-vivere-e-mi-rifaccio-su-di-te. Egli, sostituisce la doc deliziosa e mi invita caldamente a fare riferimento a uno psichiatra o a tenermi il panico e arrangiarmi.

 

L’ultima volta, c’è la mano del mio medico di base che regge una penna. Mi aveva già prescritto una roba che si chiama Alprazolam, e che non ho mai aperto. Mi dice come va? L’hai preso l’Alprazolam? Gli dico che ogni tanto mi sento ancora sparire le braccia, ma non l’ho mai preso, l’Alprazolam. L’errore mi sa che è stato un angolo di bocca sfuggito all’insù. Colpevole segno di soddisfazione personale.

Guardi che non è che è brava, se non lo prende.

Facciamo così. Le prescrivo una terapia di quindici gocce per tre volte al giorno, e poi vediamo come va.

La porcoggiuda di penna evito diplomaticamente di ficcargliela in un occhio, gli dico guardi, io domani vado in vacanza, facciamo che intanto vediamo come va la vacanza e poi ne riparliamo al ritorno. Abbassa la penna, dice va bene, però si porti dietro l’Alprazolam.

 

Allora niente, io volevo dire che l’Alprazocoso è rimasto a casa e di riparlarne non ne ho più avuto bisogno. Se sia stato più risolutivo il fattore botta di culo, autocontrollo o gente che ti vogliono bene, non saprei. Probabilmente l’avere tutto insieme, non guasta.

E poi volevo anche dire che mi dispiace molto, che al primo giro in Pronto Soccorso, non mi sono fermata a mangiare la pizza col dottore, quello matto.

2 Comments

  1. Leda Cossu

    Tutti a scuola da “pazzapazzapazza”, scuola di base e scuola di aggiornamento. Per imparare uno sguardo competente e disincantato, su quanto ci accade.
    Ma proprio tutti, sofferenti a vario titolo, compresi operatori sanitari e famigliari.
    L’impasto umanissimo con cui “la preziosa” autrice di questo pezzo mette insieme le parti.. è fatto di esperienza-intelligenza-culturapersonale e famigliare. Una misura extra large, speriamo che l’autrice ne abbia la consapevolezza ed abbia la pazienza per renderlo fruibile alla maggior parte degli umani, per lo più small o media.
    Leda

  2. Leda Cossu

    Tutti a scuola da “pazzapazzapazza”, scuola di base e scuola di aggiornamento. Per imparare uno sguardo competente e disincantato su quanto ci accade.
    Ma proprio tutti, sofferenti a vario titolo, compresi operatori sanitari e famigliari.
    L’impasto umanissimo con cui “la preziosa” autrice di questo pezzo mette insieme le parti.. è fatto di esperienza-intelligenza-culturapersonale e famigliare. Una misura extra large, speriamo che l’autrice ne abbia la consapevolezza ed abbia la pazienza per renderlo fruibile alla maggior parte degli umani, per lo più small o media.
    Leda

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