La rivoluzione basagliana: dai manicomi ad oggi
Martedì scorso ho partecipato a un’intensa mattinata di formazione organizzata dal collettivo degli Studenti della Facoltà di Psicologia dell’Università di Padova. La tematica l’avete ormai intuita, si parla di salute mentale, di ospedali psichiatrici e di cultura della diversità.
Il seminario si è aperto con la presentazione della mostra Ombre|| Shatten di T.Ewald e U.Carmeni, dedicata all’Ospedale Psichiatrico San Clemente di Venezia. Immagini e racconti di pazienti dell’ex manicomio, fascinazioni tristi ma estremamente intrise di significato. Potrei forse dire “da pelle d’oca”, renderebbe certamente meglio l’idea. L’ospedale psichiatrico San Clemente, che sorgeva su più isole della laguna veneziana, è stato in parte riconvertito e in parte abbandonato. Durante questo processo di riconversione è stata ritrovata moltissima documentazione inerente ai pazienti rinchiusi nell’ospedale psichiatrico, che gli autori della mostra hanno magistralmente incorporato alla suggestione dell’esposizione.
E’ stata poi la volta dei relatori. Il primo è Franco Rotelli, ex direttore del Servizio di Salute mentale di Trieste, proprio quello in cui ha operato Franco Basaglia. Rotelli è stato testimone del superamento dell’ospedale psichiatrico a favore dei servizi territoriali, e di tutto quel movimento culturale che la rivoluzione basagliana ha portato con se. Si è trattato di un cambiamento radicale, volto a restituire la dignità agli internati, a restituire loro i diritti che posseggono in quanto cittadini, prima che malati mentali. Le difficoltà sono state e sono molte, ma i passi avanti nella considerazione della malattia e della disabilità mentale sono stati davvero molti. La legge Basaglia (Legge 180/78) ha rivoluzionato la psichiatria, e l’intero Sistema Sanitario Nazionale, che ricordiamo essere stato istituito solo qualche mese più tardi.
Rotelli però si dichiara perfettamente consapevole del fatto che la legge abbia rimosso l’oggetto della discordia, ma non il problema. Ciò che è più difficile da cambiare è infatti la cultura, che continua a vedere la malattia mentale come qualcosa di spaventoso, da nascondere e da dimenticare.
Proprio per questo ritengo importante diffondere iniziative come quella proposta dalla Fondazione Franco e Franca Basaglia, di cui la figlia Alda è vicepresidente. In occasione di questo convegno Alda ha presentato un progetto della Fondazione, che consiste sostanzialmente nel portare la malattia mentale nelle scuole, per farla conoscere ai bambini e ai ragazzi. Affrontare tematiche così delicate con i ragazzi non è infatti una cosa negativa, anzi permette loro di utilizzare tutta la flessibilità mentale di cui sono dotati per crescere senza temerla. Cancellare la paura del diverso anche in questo senso è la prima tappa verso una cultura che integri la disabilità mentale senza temerla, che la consideri parte della vita.
Alla fine del seminario, dopo la presentazione dell’interessante progetto RadioFragola della cooperativa La Piazzetta di Trieste, è stata la volta delle domande e del dibattito.
Ho chiesto al Dottor Rotelli per quale motivo a suo avviso, nonostante il superamento della logica dell’invisibilità della malattia mentale, nella pratica le famiglie si trovino quasi sempre da sole a dover affrontare la malattia mentale, e la disabilità intellettiva. Ho spiegato che mi riferivo in particolare ai casi di TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio), a seguito del quale il paziente si trova letteralmente abbandonato a se stesso, vista l’inadeguatezza della maggioranza dei centri territoriali per la Salute Mentale.
Rotelli ci ha ricordato che Trieste si impone come centro di eccellenza in tal senso : dispone infatti di centri aperti 24 ore su 24, di gruppi- appartamento per l’autonomia dei disabili intellettivi e di molti altri servizi assolutamente all’avanguardia. Non ha ovviamente potuto negare, da uomo di cultura quale ci ha dimostrato di essere, che sul territorio italiano la situazione è estremamente eterogenea.
Gran parte della psichiatria italiana infatti sta tentando di riciclarsi come “medicina ambulatoriale” e di convincersi che la presa in carico non sia più necessaria. Le amministrazioni regionali (preposte a questo compito) spesso fingono di non vedere il problema. Ciò che però è davvero cambiato è l’empowerment delle famiglie dei pazienti: la consapevolezza dei propri diritti e la pretesa di essere trattati come persone, e non come oggetti è la più grande eredità che Basaglia ci ha lasciato.
« La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d’essere »
(Franco Basaglia)
(da Disabili.com)