Pubblichiamo in seguito all’incontro avuto ieri in Senato con il sen. Sensi e la senatrice Zappa.

Nei prossimi giorni al Senato inizierà la discussione sul disegno di legge (ddl) n. 1179, prima firma il sen Zaffini, dal titolo “Disposizioni in tema di salute mentale” e mi sembra importante un ampio dibattito prima della sua approvazione. 

Gli obiettivi generali – ammodernare la rete dei servizi, migliorare le attività di prevenzione, diagnosi precoce, cura e riabilitazione, e creare sicurezza- sono in larga parte condivisibili. L’analisi constata una evoluzione dei fenomeni psicopatologici e pur non citandoli espressamente si può cogliere il ruolo dei determinati sociali (povertà, migrazioni, internet ed al.) della salute mentale nell’intero arco di vita, dalla gravidanza alla senilità. A questo proposito è importante l’attenzione alla salute mentale perinatale mentre resta implicito il riferimento al periodo 0-6 anni e alla prevenzione di traumi, abuso e neglect. Si rimanda a screening da organizzare e in quell’ambito potranno essere messe in atto le azioni idonee tenendo conto che tra legge 104, Disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) e Bisogni educativi speciali (BES) la popolazione scolastica è già ampiamente diagnosticata. Servono interventi complessi e specifici in una visione d’insieme, olistica, di “one health” che supporti famiglie e sistemi educativi. Questo anche per quanto concerne i disturbi del neurosviluppo (Autismo) per i quali andrebbero predisposti adeguati servizi, assai carenti per gli adolescenti e adulti.

Sul piano delle cure è auspicabile lo sviluppo dei Pdta e degli interventi appropriati e evidence based ma va tenuto conto anche dei limiti e della loro trasferibilità nei contesiti reali il che rende necessario cogliere le buone pratiche e le evidenze da queste derivabili. Vi sono ambiti ancora non conosciuti o nei quali i trattamenti sono solo parzialmente efficaci o dove si rilevano forme “resistenti”.

Il ddl non cita la legge 18/2009 né la 219/ 2017 relativamente ai diritti delle persone con disturbi mentali. Ciò è tanto più rilevante nel momento in cui il ddl va a declinare lo stato di necessità, le condizioni per l’Aso ed aggiunge un criterio (“d) elevato rischio di aggravamento del quadro clinico in caso di assenza di trattamento” cioè una prognosi di peggioramento senza trattamenti, e di difficile rilievo e obiettivazione) ai requisiti per il Tso e ne prolunga la durata a 15 gg. Inutili variazioni alla 180 che prevede Aso e il Tso di durata massima di 7 giorni rinnovabili. Pur richiamando l’art 35 della 833/1978 per come è formulato il TSO (art. 5 punto 9) pare applicabile ad ogni ambito clinico.

I suddetti punti possono essere assai critici per i diritti nel momento in cui si legittima la coercizione, la contenzione, seppure non preventiva e si dispone che “Gli operatori della salute mentale attuano misure e trattamenti coattivi fisici, farmacologici e ambientali nei soli casi connessi a documentate necessità cliniche e al solo scopo di impedire comportamenti auto ed eterolesivi, nel rispetto della dignità e della sicurezza della persona affetta da disturbi mentali” (art. 4).

Ciò lambisce o confligge con temi di rilevanza costituzionale ampliando la discrezionalità del medico senza prevedere indicazioni precise sui trattamenti, garanzie e tutele ma nemmeno precisazioni su dove, come e con quali risorse tali interventi debbano essere attuati sia in termini di efficacia sia al fine della sicurezza del paziente e degli operatori.

Per quanto si cerchi di circoscrivere stato di necessità e Aso a diagnosi e trattamenti psichiatrici, vi è il rischio di andare oltre a fronte di anziani multipatologici, emarginati, disturbanti e riluttanti ad accettare le prescrizioni mediche. 

In particolare non è ben chiaro a cosa ci riferisca all’art. 5 punto 4 quando di parla di “strutture idonee” dei DSM ove effettuare l’osservazione in caso di ASO. Sembra si tratti delle “Osservazioni psichiatriche” come poi riportato al successivo punto 10. Un nuovo ambito operativo di cui andrebbero definiti caratteristiche, dotazioni, procedure e norme di sicurezza.

Un impianto distante dal principio di autodeterminazione che seppure supportato (da fiduciari, amministratore di sostegno, care giver, giudici tutelari) prevede la ricerca del consenso, anche in forme nuove e allargate come indicano gli approcci shared decision making. Questi percorsi solo abbozzati nel ddl che andrebbero valorizzati e proceduralizzati superando la concezione della pericolosità della persona con disturbi mentali.

Alla luce dei dati epidemiologici che hanno visto una costante riduzione dei TSO (da oltre 20mila/anno del 1981 a circa 5mila/anno del 2023) viene da chiedersi se siano effettivamente necessari ed utili le proposte su stato di necessità, Aso e Tso o se non possano portare a diversi problemi, di principio e operativi (nuovi reparti di osservazione e controllo?) che erano stati seppure con contraddizioni, superati. Su questo punto è meglio restare nell’ambito della 180.

Sul piano del carcere gli aspetti più importanti. Non vengono citate le Articolazioni tutela salute mentale (Atsm) mentre di concerto con Ministero della Giustizia si prevede la creazione di “Servizi sanitari specialistici psichiatrici” dotati di un numero di posti pari al 3% della popolazione detenuta. Considerato che attualmente vi sono oltre 60mila detenuti la previsione che si può dedurre è di 1.800 posti mentre nelle Atsm sono meno di 300. Con il ddl si realizzerebbe così un forte aumento dei posti che ovviamente comporterà un importante incremento di risorse professionali ed economiche. Un motivo per riflettere ancor più se in tali Servizi interni agli II.PP. si prevede la possibilità di effettuare TSO. A tal fine è necessario sapere quali debbano essere i requisiti di questi nuovi servizi ancora da definire. Molti sono gli interrogativi aperti sia sul piano clinico (il tso ospedaliero si può fare in carcere garantendo qualità e sicurezza delle cure… e se dovesse servire un rianimatore o un esame di neuroimaging?) che del diritto costituzionale e oltre ad essere contrario alla 180.  Vi sono diverse ragioni per non procedere. 

Nel ddl si intravede un tentativo di affrontare il tema della salute mentale in carcere e tuttavia pare non tenere conto della complessità dei problemi: dal sovraffollamento, alle detenzione ex art 73 l. 309/1900 e della necessità di misure alternative e percorsi di cura e di vita personalizzati migliorando al contempo la qualità il benessere sociale negli II.PP. 

Occorre prendere atto anche dei limiti di un approccio categoriale e di un modello biologico con trattamenti farmacologici (per altro ampiamente diffusi e con risultati noti negli II.PP.) quando la moderna psichiatria indica la necessità di intervenire a livelli biologico, psicologico, sociale e relazionale.

A questo proposito potrebbe essere molto utile dare applicazione alle sentenze della Corte Costituzionale n.99/2019 e 10/2024 e l’approvazione del ddl sulla liberazione anticipata in deroga.

Sulle Rems le proposte sono nel complesso accettabili in quanto vengono ribadite regionalizzazione e numero chiuso seppure con un aumento dei posti da 20 a 25. Un incremento opinabile per mantenere qualità delle cure e un adeguato rapporto personale/utenti. Per ragione di spazi in diverse Rems non è facile da realizzare. Utili le limitazioni poste all’utilizzo di ex Opg, moduli multipli che potrebbero configurare una neo istituzionalizzazione. 

Mancano invece riferimenti agli accordi stato regioni (ultimo 30 novembre 2022), ai Punti Unici Regionali e ai protocolli interistituzionali.

La sicurezza degli operatori e delle cure è sostanzialmente demandata alle forze dell’ordine e il ddl non stimola interventi strutturali, organizzativi, sulla dotazione di risorse umane e la formazione coinvolgendo utenti e familiari. La gestione del disagio, dissenso e conflitto, forme di accoglienza sono fondamentali per la sicurezza. 

La posizione di garanzia del DSM verso utenti e familiari prevede anche in collaborazione con i servizi sociali forme di accesso privilegiato all’edilizia popolare in caso di conflitti intrafamiliari. Una previsione la cui praticabilità va verificata nelle pratiche a fronte di una platea potenziale molto ampia. Viene anche da chiedere se ciò non rischia di riproporre una serie di pregiudizi tipo pericolosità altamente stigmatizzanti. La collaborazione dei servizi sociali è essenziale per i progetti di autonomia e vita indipendente pure presenti nel ddl.

L’assetto dei DSM non prevede l’area della Neuropsichiatria dell’Infanzia e adolescenza, né standard di riferimento territoriale o per il personale. 

Sul piano della riabilitazione si nota la mancanza del budget di salute, di forme di valorizzazione di Utenti Esperti come nuova figura professionale, di forme di qualificazione e riconversione della residenzialità che assorbe circa il 50% del budget dei DSM. Il ddl non può contenere tutto e aspetti tecnici più specifici potranno essere definiti con altri strumenti.

Infine è positivo che la proposta preveda finanziamenti 80 milioni anno per la prevenzione e tuttavia appaiono assai limitati a fronte degli obiettivi proposti e il 5% della spesa sanitaria per la salute mentale. 

In conclusione: vi sono spunti positivi e criticità importanti da superare: una su stato di necessità, Aso e Tso; l’altra è quella dei nuovi servizi negli II.PP dove si prevede la possibilità di Tso e contenzioni. Una linea che rischia di ampliare forme di restraint e di alimentare stigma e controllo sociale dando agli operatori della salute mentale compiti sicuritari, di prevenire condotte auto ed eterolesive e i rischi di incolumità del paziente e familiari. Credo occorra evitare queste soluzioni e, nel perimetro Costituzionale e delle leggi 180 e 18/2009, il confronto aperto e pubblico può essere il metodo per arrivare al miglioramento della salute mentale nel nostro Paese. La 180 è un bene comune.