E che volete, rimane per me legata, questa campagna #180bene comune, all’immagine del fiore di carciofo, sì proprio quello che, ricordate?, era a ornamento del tavolo dei relatori durante la presentazione della campagna, la scorsa estate, a Vigheffio. Quelle splendide corolle color viola che nascono dalla barba interna del carciofo e che, se avessimo la pazienza di lasciarle fiorire senza mangiare subito la pianta… Ma sono pensiero dolce anche prima di fiorire, rintanati nel cuore tenero di quello che Neruda definì “guerriero”.
Perché, sapevate?, al carciofo Neruda dedicò addirittura un’ode. E leggendo leggendo, mi è sembrata poter essere, la sua ode, anche una bella metafora di questa nostra campagna…
Questo carciofo dal tenero cuore che “si vestì da guerriero”.
“…ispida edificò una piccola cupola,
si mantenne all’asciutto sotto le sue squame,
vicino a lui i vegetali impazziti si arricciarono,
divennero viticci…”
“…e il dolce carciofo lì nell’orto vestito da guerriero,
brunito come bomba a mano,
orgoglioso,
e un bel giorno,
a ranghi serrati,
in grandi canestri di vimini,
marciò verso il mercato a realizzare il suo sogno: la milizia”.
Ma non vi spaventi il termine guerriero. E’ una milizia che ha solo cose buone da portare… E, lo abbiamo detto, “non si tratta di resistere a quanto vediamo crescere intorno, quanto piuttosto proporre con convinzione la potenza di una storia che ci parla di futuro e cercare di prendere spazio in un campo totalmente occupato da culture e pratiche che sono il segno del forte rischio di arretramento che stiamo vivendo” (e qui non ve le ripeto che il decalogo della campagna è ben chiaro… link).
Una milizia che Maria che arriva col suo paniere non teme, ma ..
“lo esamina,
l’osserva contro luce come se fosse un uovo,
lo compra,
lo confonde nella sua borsa con un paio di scarpe,
con un cavolo e una bottiglia di aceto finché,
entrando in cucina,
lo tuffa nella pentola”.
“Così finisce in pace la carriera del vegetale armato che si chiama carciofo, poi squama per squama spogliamo la delizia e mangiamo la pacifica pasta
del suo cuore verde”.
E non è questo anche invito a scoprire, oltre la corazza di spine, la parte più segreta e nascosa dell’altro? A non averne paura, capirne le ragioni, saperla accogliere, nel nostro corpo, nella nostra anima…