Il Forum Salute Mentale è un’altra delle creature preziose che Franco Rotelli ha contribuito a far nascere. Queste pagine, non poteva essere diversamente, hanno accolto le prime emozioni e poi i ricordi e ancora le riflessioni su quanto tanti di noi vogliono orgogliosamente e mestamente ricordare. L’impegno a tenere viva e aperta questa piazza ci viene anche dalle discussioni tante volte critiche e difficili che abbiamo consumato con Franco fino agli ultimi giorni. Gli scritti che sono arrivati in questi giorni in redazione di seguito per dare voce alla piazza del Forum.
Da oggi, dopo “le sigarette di Attilia”, gli altri contributi.
di Luigi Benevelli
Nell’immediato dopo ’68 ho incontrato e conosciuto Franco Rotelli a Castiglione delle Stiviere, agli inizi del suo lavoro di medico psichiatra. Era stato assegnato dal Direttore ad una Sezione maschile del locale manicomio criminale: assassini, mafiosi, stupratori, truffatori, rei folli.
Franco rimaneva ore nel Reparto, non se ne andava via la mattina subito dopo una visita frettolosa come faceva la gran parte dei colleghi più anziani ed “esperti” che se ne stavano un po’ nello stanzino del Capo-reparto per avere le “novità” o al massimo facevano un ” giro” veloce nel soggiorno scortati da robusti infermieri. Ricordo che i “malati” non potevano avvicinarsi. al dottore, ma al massimo “chiedere visita”, un incontro a una sola direzione che di solito verteva sulle “cure”, i sintomi e il loro andamento,
Una lacerazione radicale delle regole della quotidianità manicomiale avvenne quando, in orario di servizio, Franco decise di fermarsi a mangiare in Reparto, seduto a tavola con gli internati, con lo stesso loro menù: molti infermieri, imbarazzati, senza ordini, non sapevano più dove mettersi, cosa fare, come muoversi perché per disciplina e rispetto non potevano contestare e allontanare il medico, ma in contemporanea dovevano proteggerlo dal contatto con persone “naturalmente” violente. Primari, altri colleghi, molti infermieri inorridirono di fronte a un comportamento che metteva in discussione stili di lavoro, stereotipi, modi di rapportarsi con internati che Franco si era messo a trattare come “persone” con cui si poteva mangiare insieme, conversare, magari parlare di come migliorare la qualità della vita quotidiana di tutti e, come accadde, riuscire anche a farcela. Non proclami, ma gesti semplici, di cordialità, alla portata e nella disponibilità di tutti, anche quelli che non hanno studiato
La scena mi è rimasta negli occhi.
Per tutta la vita Franco non ha mai smesso di lavorare per il riscatto e la dignità delle persone “segnate” dal destino e dalla vita. Con coraggio, severità, determinazione, lucida intelligenza, generosità.