Dieci anni fa urlavo in faccia a mia madre: lo vuoi capire che io non ho futuro!?”
di Alice Banfi
Difficile dire cosa sia la follia… a volte mi sento così normale!
Ho passato dieci anni durissimi… ricoverata in psichiatria un giorno sì e uno no. Andavo in crisi per poco… succedeva qualcosa, una cosa stupida che capita sempre nella vita di ognuno. Il fidanzato non ti telefona, litighi con un’amica o semplicemente ti senti sola.
Il problema sta nella reazione.
Per me era la fine di tutto, ogni volta che accadeva pensavo che il dolore avrebbe vinto su qualunque cosa.
Dieci anni fa urlavo in faccia a mia madre: «lo vuoi capire che io non ho futuro!?», e ne ero profondamente convinta.
Quindi dovevo sbranare il presente in qualunque modo, riempirmi la testa, le mani e lo stomaco… riempire quel tempo che mi pareva insignificante, vuoto ed eterno.
Poteva essere l’alcol e mesi passati a svegliarmi senza ricordare assolutamente nulla di ciò che avevo fatto il giorno prima, per poi scoprire che ero stata con l’uomo più ripugnante della terra, che avevo picchiato la prima persona che mi era capitata davanti, che mi ero resa terribilmente ridicola agli occhi di tutti. Venivo assalita da un senso di colpa grande come un mostro e l’unico modo per non pensare era ubriacarmi e ricominciare l’incubo dall’inizio, versarmi un bicchiere di campari, condirlo con una cinquantina di gocce di valium, accendere la musica, una sigaretta e piangere.
Ma non bastava. L’alcol e i farmaci non bastavano a cancellare la vergogna e la sensazione di essere nata sbagliata. Allora desideravo di sparire, di dimagrire fino a essere invisibile, fino a purificarmi da tutto, fino a tornare bambina e potermi vestire di bianco come un angelo. Ed erano giorni passati a vomitare e pesarmi, annotare su un quaderno quante calorie avevo assunto (dovevo stare sulle 14 calorie, pari a 200 grammi di finocchio crudo) e quanti grammi avevo perso, non sedermi mai, fare ginnastica di continuo e per liberarmi dalla fissazione del cibo dovevo cucinare per tutto il vicinato attingendo dalle centinaia di giornali di ricette che accumulavo.
I disturbi alimentari sono follia pura, me ne resi conto quando alla prima notte di ricovero per bulimia/anoressia mi ritrovai a fissare una pianta grassa con il desiderio di mangiarla, o quando dopo il più lungo dei miei digiuni ricominciai a mangiare normalmente, convinta di essere immune dal cibo, convinta di poter sbranare qualunque cosa e che comunque non avrei preso un etto. Se rimaneva del tempo lo impiegavo a compilare infinite e inutili liste di ciò che avevo fatto durante il giorno: “bevuto caffè, lavate le mani, lavato i piatti, corso 10 minuti, ecc.” o facendo collane di perline lunghe dieci metri, o collezionando rotoli di carta igienica finiti. La notte non dormivo perché avevo paura di smettere di esistere quindi le collane mi venivano lunghe anche venti metri e tra una perlina e l’altra avevo delle allucinazioni, persone con cappelli scuri che mi camminavano accanto o mi parlavano.
L’alcol e l’anoressia facevano da sfondo al peggiore dei miei sintomi, l’autolesionismo.
Per far scomparire ogni paura e dolore e rabbia non c’era niente di meglio che prendere una lametta e tagliarmi le braccia come fossero state due pezzi di carne morta. A forza di tagliarmi mi sembrava così normale farlo… trattenermi dal massacrarmi era impossibile, pensavo non ci fosse altro modo di vivere, non per me.
Non mi sembrava allucinante svenire nel mio sangue un giorno sì e uno no, né prendere a testate un muro fino a rompermi la testa o bermi una bottiglia di sapone liquido e altre cose demenziali e drammatiche assieme, come prendermi a padellate in faccia o strapparmi i capelli fino a ritrovarmi totalmente pelata.
Ogni tanto facevo un balletto con la morte senza rendermene conto… e appunto, il fidanzato non mi telefonava, io mi impasticcavo fino al coma e non mi sorprendevo di riaprire gli occhi dopo una settimana in stanza di rianimazione con tubi che mi uscivano da tutte le parti.
A tutto questo non c’era mai tregua, mai un secondo di vita normale, d’altronde la normalità mi terrorizzava…
Ho passato così almeno dieci anni della mia vita senza mai dare respiro al mio corpo e alla mia anima, convinta che nulla sarebbe cambiato ma continuando a chiedere aiuto, ad urlare a tutta voce senza dare tregua nemmeno agli altri. Mia madre ha fatto da megafono per il mio urlo ed alla fine qualcuno ci ha risposto. È stata ed è una strada in salita e solo ora io e mia mamma quando ci voltiamo ci accorgiamo di aver lasciato tanti indietro e di essere arrivate in un posto dove nessuno può arrivare se non passando dall’inferno.
Ora sono mamma di una bambina di due mesi, Ada… e tutto ha un senso.
Un regalo così dalla vita davvero non me lo aspettavo.
Sono pazza di gioia, di sonno e d’amore. Non so se voi “normali” riconoscete la felicità, se riuscite ad apprezzarla davvero… forse ce l’avete sotto il naso…
Io me la sto vivendo.
1 Comment
Benvenuta Ada, arrivata col piede giusto, “amata”.
Tu già sapevi in viaggio
che l’amore non è tutto, ma è un buon inizio.
Hai già adocchiato anche noi?
Siamo gli amici di Alice, anche i cani,
un intreccio di peli “animali”.
Fra noi e loro c’è.. “UN REGNO A BENE-DIRTI”
il regno animale, come dire.. un’Anima in comune,
a coccolarti un po’, a ringraziare tua madre,
per il fluire della vita e per volerci bene.