Ricostruire su ciò che resta di Pompei
di Francesca de Carolis
Ha ragione Carla, Carla Ferrari Aggradi. E il suo è anche il nostro stupore, se nel convegno nazionale del 10 giugno, come troppo spesso accade, non fosse stato per il breve intervento di Mario Colucci, non c’è stato alcun riferimento all’esperienza basagliana, e a quello che ha rappresentato e rappresenta nel mondo. Come se, riprendo le sue parole che meglio non potrebbero fotografare l’assurdo, “quarantaquattro anni dalla legge 180, quarantaquattro anni di psichiatria antimanicomiale, di riscoperta di donne e uomini nascoste dietro la sofferenza mentale, di diritti riconsegnati ai ‘pazienti dei servizi psichiatrici’, di rispetto per la loro sofferenza, per la loro vita… non fossero esistiti”.
E la risposta al suo invito è: sì. Se storia c’è stata, riprendiamola, quella tessitura…
Tanto per cominciare riproponendo le “Disposizioni in materia di salute mentale”, il disegno di legge del 2017 firmato da Nerina Dirindin e Luigi Manconi, ripresentato in questa legislatura dall’on. Elena Carnevali e dalla senatrice Paola Boldrini, che dà piena attuazione alla legge 180. Per valorizzare le rimonte e i successi che pure ci sono stati grazie a quella legge e il diritto riconquistato delle persone.
Come si è iniziato a discutere nell’ultimo incontro del Forum della Salute Mentale. Certo, si è detto, bisognerà iniziare a bussare forte alle porte della politica.
Che ascolterà? Il dubbio è legittimo, guardandosi intorno…
E allora… “Bisognerà andare per strada e urlare con la nostra presenza contro tanta piattezza dell’ascolto… urlare col dolore che danno le cose che succedono”. Parole di Peppe Dell’Acqua, che non conosce mezzi termini. E come dargli torto.
Urlare col dolore che danno le cose che succedono…
Le cose che succedono hanno il volto di Wissem Ben Abdel Latif, che è il volto di quanti ancora soffocano legati a un letto di contenzione. Hanno la voce muta di Fedele Bizzocca, malato psichiatrico morto nel settembre scorso nel carcere di Trani, che è il silenzio di tutti “i casi problematici in particolare di natura psichiatrica”, persone intrappolate, non meno che nelle parole con le quali le pronunciamo, nelle narrazioni tossiche che facciamo di dolorosi fatti di cronaca… e le persone diventano “mostri” da cui difenderci, invece che persone da curare. Le cose che succedono hanno il nome di Alejandro Meran, intrappolato anche lui, come tanti, nella gabbia dell’irresponsabilità penale…
Le cose che succedono, in maniera meno eclatante, ma non meno crudele, sono la cronaca di tanta distrazione e di scelte arroganti delle politiche sanitarie degli ultimi tempi, con il fallimentare sistema “ospedale al centro e tanto privato”, che tanta solitudine continua a produrre e che ha di fatto tradito lo spirito della riforma sanitaria del ’78.
Due le questioni da affrontare. L’attuazione su tutto il territorio della penisola dei principi della 180, e delle pratiche che da questa sono discese, e il superamento di quell’obbrobrio che viene direttamente dal codice Rocco a proposito di irresponsabilità penale, misure di sicurezza e tutto il corollario che ne discende. E anche per questo è bello pronto in parlamento il disegno di legge a firma Riccardo Magi, che permetterebbe di superare le vecchie norme del codice Rocco, intanto restituendo, insieme alla responsabilità penale, dignità a chi ne viene privato, e così creando le premesse, come giustamente ha scritto su queste pagine Pietro Pellegrini, per “rifondare su basi nuove il “patto sociale”, la giustizia e la cura delle persone con disturbi mentali”.
Dare dunque piena attuazione ai principi della 180.
Riprendendo gli interventi dell’ultimo incontro del Forum, che già segnano l’inizio di un percorso…
“Tanto per cominciare il disegno di legge può essere un buon ‘manuale’ per mettere in moto la terza rivoluzione: l’attuazione in tutto il territorio di strumenti adeguati come in diversi dipartimenti di salute mentale già avviene. Per rivalutare soprattutto il ruolo delle persone con l’esperienza. Per richiamare i servizi, i dipartimenti, le regioni, la magistratura a vigilare sull’attuazione delle misure di sicurezza…”
Un disegno di legge che, individuando concretamente livelli di assistenza, percorsi di cura, prevedendo l’operatività dei servizi sul territorio per 24 ore al giorno, mettendo sempre al centro la persona e i suoi bisogni… intanto ci riporta nell’ambito dei principi del piano d’azione della salute mentale dell’OMS, come della Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità. Che a tratti sembriamo aver trascurato.
Al centro, ritorna, concreta, in tutte le sue possibili articolazioni, la città che cura, una città che si chiede “come curare” non “dove metterle”, le persone. Dove fra l’altro il servizio di salute mentale può essere servizio di base e non specialistico, al quale i cittadini possono accedere insieme agli altri servizi.
Insomma, un Ddl, come spiega Daniele Piccione, distonico rispetto a quello che sta accadendo, che disegna “una certa idea di mondo” che ci piace. Rimettendo al centro la partecipazione a livello locale, perché dove manca la partecipazione i servizi sono scadenti. E le tristi cronache con protagoniste persone malamente seguite, quando non seguite per niente, ne sono il tremendo ricasco…
Anche su questo il disegno di legge vuole fare chiarezza e dare precise e concrete indicazioni. Nodo quanto mai cruciale, quello del TSO. Troppo spesso mal interpretato nella sua attuazione, tradotto in pratiche violente, è diventato (ancora parole di Piccione) “finestra attraverso la quale il tentativo di ritorno della coercizione, delle oppressioni ha fatto capolino nell’ordinamento”. Cosa ben lontana dall’idea con la quale era nato un provvedimento che voleva essere non sopraffazione, piuttosto abbraccio di cura che passa attraverso confronto e mediazione.
Insomma, una legge non da modificare, la 180, ma da applicare pienamente, (ci sono regioni dove mai è stata davvero applicata, mentre oggi subisce attacchi là dove ha meglio funzionato…) contro tanti luoghi comuni e cattive psichiatrie che, mettendo al centro la malattia e non l’uomo, la vogliono di fatto cancellare.
Ben venga dunque questa sorta di contrattacco contro chi la rivoluzione di Basaglia vorrebbe far agonizzare per poi cassarla del tutto. E la legge proposta ne può diventare vessillo…
Insomma, una chiamata alle armi, che non può che essere rivolta soprattutto alle più giovani generazioni. Che abbiamo sentito denunciare, fra l’altro, di essere costretti a lavorare con le mani legate, confrontandosi col disinteresse di dirigenti e politici… e pur continuando, come possibile, “a coltivare con le loro forze la vite lì vicino”…
Mi permetto di rubare una bellissima suggestione suggerita da Salvatore Marzolo, specializzando in psichiatria, che citando dal “Libro di sabbia” di Borges, “la febbre e l’agonia sono piene di inventiva”, si chiede: “Allora forse tocca a noi ricostruire su ciò che resta di Pompei? Metaforicamente parlando… E se spesso si indulge nella celebrazione di Pompei, si può forse trovare un compromesso fra i re sepolti e gli artigiani che oggi coltivano la vite lì vicino e ci fanno comunque un buon vino”.
Senza però dimenticarla, questa Pompei…
“Senza dimenticare. Come Enea porta in spalla Anchise e per mano Ascanio”.
“Sepolto Anchise con tutti gli onori e i pianti, sarà Ascanio a seminare, coltivare viti, fondare città…” Ridando la parola a Peppe Dell’Acqua, che tutto questo nuovo sommovimento ha voluto e con passione ha sollecitato…