[trascrizione di un’intervista pubblicata su radiofragola.com, non rivista dall’autore]
Franco Rotelli, amministratore e psichiatra, riflette sulle ambivalenze delle politiche sanitarie in questa pandemia e afferma la necessità di un salto in avanti nella giustizia sociale e nella prossimità della salute alla nostra vita quotidiana
Nel contesto di questa pandemia noi verifichiamo tutti che c’è una sorta di portare doni al tabernacolo dell’ospedale in tutti i luoghi possibili e immaginabili. Questo in qualche modo e per qualche cosa può anche essere ragionevole per alcuni aspetti, ma non è esattamente ragionevole nel suo complesso. Questa occasione della pandemia credo che potrà essere estremamente importante per, a posteriori, fare un bilancio di quanto è stato investito verso un qualche cosa e quanto è stato investito verso altro, come sono state redistribuite e riutilizzate le risorse, su cosa si è premuto l’acceleratore anche in termini parossistici, se è stata corretta questa accelerazione in quella direzione o se questa accelerazione è stata assolutamente squilibrata.
Quello che a me viene in mente è quantomeno la seguente cosa: che attraverso questa storia la comunità, la gente, noi tutti insomma, i cittadini hanno accumulato e stanno accumulando credito importante nei confronti dello Stato. Credo che abbiamo ceduto una parte della libertà per un periodo, speriamo non troppo lungo, abbiamo pagato un pezzo di libertà e adesso chiediamo in cambio qualche cosa. Questo qualche cosa non può essere altro che un grande salto in avanti in termini di giustizia sociale e di equità. È necessario che vengano creati dei sistemi a livello locale che in qualche modo svolgano le funzioni pubbliche rispetto alla salute della gente, alla salute di tutti, alla salute pubblica. Questo sistema di salute o è un sistema di salute pubblica o non è. Se è un sistema di salute pubblica deve essere ovviamente immaginato a livello locale, su una scala appropriata in cui un sistema di salute possa contenere quasi tutti o tutti i complessi di prestazioni che ragionevolmente possono essere erogati o che scienza, tecnica, sapere, coscienza ci dicono che possono essere messi in campo. Dentro un perimetro di quel genere un’organizzazione pubblica può allestire e allertare praticamente tutto quello che sa e dovrebbe mettere in campo tutto quello che esiste sia di direttamente pubblico sia di indirettamente pubblico, cioè convenzionato con il pubblico, sia anche di privato che però va comunque indirizzato, perché le risorse vanno indirizzate anche quando sono di carattere privato in questa dimensione, in questa cornice. Esistono sistemi di questa natura ma sono segmentati, sono spezzati e sono situazioni nelle quali i poteri più forti dominano il campo e i poteri più deboli soccombono anche quando in realtà sono appunto i luoghi dei bisogni più importanti, più rilevanti e dovrebbero avere la priorità.
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