L’ansia diventa virtuale e fa più male. Che tradotto significa: non cambia il numero dei malati, ma chi ne soffre e ci convive quotidianamente sta peggio di prima. Da qui la necessità di integrare nuovi approcci di cura e pensare, in un futuro, a consulenze psicologiche online. «Chi è afflitto da tic, manie, ansia, attacchi di panico e disturbi ossessivi compulsivi, patologie che colpiscono almeno 5-7 milioni di italiani, in prevalenza donne spiega il professor Giampaolo Perna, psichiatra, e direttore del neonato Cedans (http://www.cedans.it/), il Centro europeo per i disturbi d’ansia ed emotivi con sedi a Milano e Albese con Cassano (Como) presso la casa si cura Villa San Benedetto oggi soffre di più. La colpa? Della nostra società sempre più veloce e hi-tech». Il motivo è piuttosto semplice: «Gli ansiosi continua Perna tendono ad anticipare pericoli e problemi, perciò se i tempi sono ristretti è molto più difficoltoso per queste persone riuscire a gestirsi e a convivere con il problema. Da qui, un peggioramento della qualità della vita». Senza contare la componente virtuale che riguarda già il dieci per cento degli ansiosi. «Ogni mese racconta l’esperto curo 50/60 nuovi pazienti, di cui in almeno cinque o sei l’ansia è virtuale, si lega cioè al disagio indotto dalla velocità e dalla superficialità dei nuovi mezzi di comunicazione. D’altronde tra Internet, chat e social network le relazioni vis a vis perdono terreno, ed è facile che alcuni pazienti già ansiosi sviluppino un attacamento patologico verso alcuni strumenti tecnologici». Una piaga in crescita. Secondo i dati del Policlinico Gemelli di Roma, dov’è nato un ambulatorio per i drogati’ di Internet, l’età media dei malati da Facebook e affini, è tra i 20 e i 35 anni. E, soprattutto, almeno il 10 per cento degli utenti del famoso social network rischia di diventarne dipendente. Un’esagerazione? Secondo l’esperto non proprio. «Tant’è lancia l’allarme Perna che questa Internet addiction disorder’ (il termine tecnico per la dipendenza dal web) potrebbe diventare un vero e proprio problema sociale entro cinque anni». Ma nessun panico: per ora i numeri non sono preoccupanti. O, almeno, non quanto altre dipendenze, come il gioco d’azzardo patologico «un problema enorme, ancora sottovalutato», dice l’esperto e le ossessioni, tra le cosiddette patologie sommerse che, riguardano dall’1 al 3 per cento della popolazione. «LE PERSONE che hanno alcune manie patologiche chiarisce come coloro che si lavano le mani mille volte al giorno, o controllano di aver chiuso il gas continuamente, o ancora convivono con il cosiddetto tic vocale (chi, inconsapevolmente, emette suoni che rappresentano parolacce senza accorgersene, ndr) conduce una vita d’inferno. Il problema è che molti di questi malati, percependosi come pazzi, preferiscono non esternare i propri disturbi e, quindi, nella maggior parte dei casi, restano senza aiuto». NON RESTA, quindi, accanto a nuove manie, che sperimentare nuovi approcci di cura integrati. «Accanto alle terapie farmacologiche spiega lo psichiatra è necessario combinare interventi psicologici e psicoterapeutici, terapie somatiche con tecniche respiratorie e training di rilassamento e, infine, programmi di psicofitness dove si valutano il livello di gestione dello stress, dei rapporti interpersonali, lo stile di vita, l’armonia cardiaca etc…». Senza dimenticare l’ultima frontiera della consulenza psicologica: quella online. «Nel Regno Unito e negli Usa è già diffusa, in Italia si è ancora un po’ scettici. Ma credo dice Perna che, dopo un primo incontro di persona, da cui sviluppare una diagnosi, si possa poi passare a terapie virtuali e/o domiciliari». Chissà che la tecnologia, oltre a regalarci nuove dipendenze, non riesca a fornirci anche nuove cure. di ROSALBA CARBUTTI

tratto da: Il Giorno 01/12/2009

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