Già nella sua prima edizione Guarire si può – Persone e disturbo mentale di Isabel Marin, assistente sociale che lavora nel Dipartimento di Salute Mentale di Trieste, e Silva Bon, storica contemporaneista, ha contribuito a diffondere e a far crescere la consapevolezza della possibilità di farcela. Ha reso evidente che la guarigione accade con più frequenza quando le persone vengono accolte nel rispetto della loro soggettività e accompagnate nel loro singolare percorso, che ognuno riesce a trovare nonostante i fallimenti e attraverso le inaspettate riprese. Sono le stesse persone che hanno vissuto e vivono l’esperienza del disagio a richiedere di ripensare ai servizi di salute mentale territoriali, luoghi aperti e attraversabili dove si producano possibilità di contare e diritti d’inclusione, a persone dedicate ad accompagnare la ripresa, esperti professionali ed esperti per esperienza vissuta. Alla luce di oggettive e positive esperienze è possibile pensare finalmente a servizi orientati alla guarigione.
Frutto di riflessione individuale e collettiva, questo libro conclude il lavoro di una ricerca sui processi di re-covery svolta nei servizi di salute mentale di Trieste.
«Ho il coraggio di scrivere queste parole oggi, perché ho preso determinazione e consapevolezza della mia vita speciale. Quasi una rabbia, che è piuttosto orgoglio della mia diversità, che condivido con tutte le persone che sanno la sofferenza mentale. Anche la conoscenza dei propri diritti, il senso di dignità personale, l’affermazione della propria unicità, non sono dati acquisiti fin da subito: niente è scontato e tutto è una lenta, progressiva conquista. Almeno per me lo è stato. Ho osato parlare apertamente e pubblicamente della mia condizione, esperienza al limite, innominabile. Lo faccio per lottare contro lo stigma, i pregiudizi, le paure, l’ipocrisia diffuse. Oggi parlo di salute mentale. Ritrovata e possibile.» [Silvia Bon]
C’è molta sofferenza in giro, davanti alla quale la gente chiude gli occhi, non sempre pronta ad accogliere e capire, piuttosto pronta a ferire, a deridere, a etichettare. Nasce evidente il bisogno di lavorare per una trasformazione della società, di cui Franco Basaglia parla nel suo lavoro. La rivoluzione cui si deve tendere non è pura utopia, ma un lavoro ad ampio raggio, di vasto respiro e di contenuti molteplici, per cambiare la mentalità, l’approccio, la risposta non solo dei medici, degli psicologi, degli assistenti sociali, degli infermieri, ma di ognuno di noi verso la malattia mentale.
Naturalmente all’interno dei servizi di salute mentale le professionalità, le competenze, le energie degli operatori di livelli diversi hanno bisogno di essere rinnovate, sostenute, formate in nome dell’attenzione dovuta alla persona, al singolo che si rivolge alle cure di quel servizio e si pone come un protagonista giudicante: l’unicità della sua esperienza lo mette nella condizione di selezionare situazioni, rapporti, contatti. Molte interviste qui raccolte offrono chiari esempi dell’accesa sensibilità e della vigile percezione rispetto alla qualità dell’accoglienza e del tratto usati verso i testimoni.